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Gli alieni potrebbero contattare la Terra con la comunicazione quantistica: “È il metodo migliore”

La comunicazione quantistica è il metodo migliore per entrare in contatto con gli alieni, i cui messaggi potrebbero essere già in viaggio verso la Terra.
A cura di Andrea Centini
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Secondo uno studio il modo migliore per entrare in contatto con gli alieni è attraverso la comunicazione quantistica, un metodo potenzialmente privilegiato dalle civiltà extraterrestri avanzate poiché, rispetto ai semplici segnali radio, permetterebbe di inviare più informazioni e con maggiore sicurezza, oltre a poter essere ben distinto dalle fonti naturali di fondo. In parole semplici è una tecnica più sicura ed efficiente. La comunicazione quantistica, che si basa nell'incanalare i dati nello stato dei fotoni, sarebbe possibile anche a distanze interstellari e senza la perdita di coerenza dei fotoni stessi, un fenomeno che può degradare il messaggio che trasportano. Gli stati quantistici si sostengono infatti su equilibri molto delicati e alcune interferenze esterne sono in grado di alterarli.

A dimostrare che la comunicazione quantistica è la migliore per entrare in contatto con gli alieni sono stati i due scienziati Arjun Berera e Jaime Calderon-Figueroa della Facoltà di Fisica e Astronomia dell'Università di Edimburgo, Scozia. I due fisici teorici hanno analizzato la fattibilità di questo metodo a distanze interstellari valutando tutte le possibili varianti in grado di indurre la “decoerenza” dei fotoni, ovvero la forza gravitazionale dei corpi celesti, la concentrazione delle particelle nel mezzo interstellare e il ruolo delle atmosfere. Hanno anche valutato lo specifico ambiente del Sistema solare. I due studiosi sono giunti alla conclusione che la comunicazione quantistica sarebbe agevolata sfruttando la regione dei raggi X dello spettro, tuttavia sarebbe tecnicamente possibile anche nella banda ottica e nelle microonde. Il limite non sarebbe nel superamento di leggi della fisica, ma semplicemente nell'avere una tecnologia adeguata per inviare e ricevere i dati quantistici (qubit o quantum bit, l'unità di misura dell'informazione quantistica). Per ottenere i migliori risultati sarebbe meglio avere questi computer quantistici al di fuori dell'atmosfera dei pianeti; quella terrestre, infatti, assorbe la maggior parte dei raggi X.

Come indicato, le informazioni possono essere caricate nei fotoni sulla base del loro stato quantistico e trasmesse attraverso un fenomeno chiamato entanglement. In parole semplici, è un intimo legame tra due particelle (site a una qualsiasi distanza l'una dall'altra) in cui lo stato di una influenza quello dell'altra. Modificando lo stato quantistico della prima automaticamente si modifica quello della seconda, indipendentemente da dove si trova. Recentemente gli scienziati sono riusciti a compiere questo tipo di comunicazionetra la Terra e un satellite in orbita a oltre 1.000 chilometri di quota. Come indicato non c'è alcun limite di distanza tra due particelle collegate da entanglement ed è proprio per questo che si ritiene possibile la comunicazione tra civiltà che vivono in sistemi stellari differenti. L'unico vero ostacolo, oltre alla costruzione di trasmettitori adeguati, risiederebbe nel rischio di perdere la coerenza dei fotoni mentre viaggiano, ma i raggi X limiterebbero tale problema. Come specificato su PhysicWorld, i ricercatori hanno calcolato che un fotone potrebbe viaggiare 127 anni luce prima di andare incontro alla decoerenza. La velocità di trasmissione sarebbe comunque limitata alla velocità della luce e quindi le comunicazioni interstellari sarebbero sempre molto lente.

Secondo i ricercatori potremmo essere già in grado di ricevere i potenziali segnali quantistici inviati dalle civiltà extraterrestri; dovremmo “solo” aggiornare i nostri grandi telescopi con potenti computer quantistici in grado di elaborare lo stato dei fotoni e decodificare le informazioni. Gli alieni potrebbero star già tentando di contattarci con questa tecnica. I dettagli della ricerca “Viability of quantum communication across interstellar distances” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Physical Review D.

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