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Giovanni d’Avalos, nobile morto 5 secoli fa, fu infettato dall’E.coli: batterio isolato nella mummia

Il nobile rinascimentale Giovanni d’Avalos fu infettato da un antico ceppo dell’Escherichia coli, un patogeno opportunista. Ricostruito il genoma del batterio.
A cura di Andrea Centini
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Nella mummia del nobile napoletano di epoca rinascimentale Giovanni d'Avalos, morto a 48 anni nel 1586, sono state trovate tracce del batterio Escherichia coli. La scoperta ha permesso agli scienziati di ricostruire il primo genoma antico di questo microorganismo. Si tratta di informazioni estremamente preziose per comprendere l'evoluzione del batterio, un commensale che vive normalmente nel nostro apparato digerente ma che in talune circostanze, in condizioni di stress e deficit del sistema immunitario, può trasformarsi in patogeno opportunista e scatenare gravi patologie. A renderlo particolarmente pericoloso il fatto che ha sviluppato una significativa resistenza agli antibiotici, provocando infezioni sempre più difficili da debellare. Si ritiene che in passato possa aver

A scoprire l'Escherichia coli antico e a ricostruirne il genoma è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati canadesi dell'Università McMaster di Hamilton, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Ricerche Traslazionali e Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell'Università di Pisa, del Dipartimento di Scienze Umane (DISUM) dell'Università di Catania, del Peter Doherty Institute for Infection and Immunity dell'Università di Melbourne e dell'Università Paris Cité. I ricercatori, coordinati dai dottori George S. Long e Jennifer Klunk, dei dipartimenti di Biologia, Antropologia e McMaster Ancient DNA Center dell'ateneo canadese, hanno scoperto la presenza dell'Escherichia coli dopo aver analizzato i resti di alcune mummie di nobili italiani, rinvenute all'inizio degli anni '80 del secolo scorso nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli. I corpi sono stati successivamente spostati e conservati presso i laboratori dell'Università di Pisa, che ha studiato in tutto una trentina di mummie.

Il batterio, come indicato, è stato identificato nei campioni estratti dal corpo di Giovanni d'Avalos, che all'epoca si riteneva soffrisse di un'infiammazione cronica della cistifellea provocata da calcoli biliari. “Quando stavamo esaminando questi resti, non c'erano prove per dire che quest'uomo avesse l' E. coli. A differenza di un'infezione come il vaiolo, non ci sono indicatori fisiologici. Nessuno sapeva cosa fosse”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Long, specializzato in bioinformatica. I campioni di calcoli biliari risultavano molto degradati a causa della contaminazione da fattori ambientali e altre fonti, pertanto gli scienziati hanno dovuto effettuare un lavoro meticoloso per isolare i frammenti dell'Escherichia coli. I ricercatori hanno ricostruito il suo profilo genetico e lo hanno messo a confronto con il batterio moderno, scoprendo che era privo di alcuni geni in grado di infettare le cellule e provocare patologie. Nello specifico, il genoma “consisteva in un cromosoma di 4446 geni e due plasmidi putativi con 52 geni”, inoltre “il ceppo E. coli apparteneva al filogruppo A e a una sequenza eccezionalmente rara tipo 4995”, si legge nell'abstract dello studio. Gli scienziati ritengono che l'infezione non sia stata la causa della morte dell'uomo; si sarebbe palesata a causa di un calo delle difese immunitarie, come indicato all'ANSA dal professor Gino Fornaciari dell'Università di Pisa, tra gli autori dello studio.

“È stato così emozionante poter isolare questo antico E. coli e scoprire che, sebbene unico, rientrava in un lignaggio filogenetico caratteristico dei commensali umani che ancora oggi causa calcoli biliari”, ha dichiarato il coautore dello studio Erick Denamur dell'ateneo francese. “Siamo stati in grado di identificare un patogeno opportunista, approfondire le funzioni del genoma e mettere a punto linee guida in grado di aiutare i ricercatori a caccia di altri patogeni nascosti”, ha chiosato il professor Long. I dettagli della ricerca “A 16th century Escherichia coli draft genome associated with an opportunistic bile infection” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Communications Biology del circuito Nature.

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