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Eruzione del vulcano in Islanda, rischio gas tossici su Reykjavik: peggiora qualità dell’aria a nord

Sebbene l’intensità dell’eruzione del vulcano in Islanda sia diminuita, destano preoccupazione i gas tossici rilasciati in atmosfera dal fenomeno. In alcune località sono stati registrati picchi elevati di anidride solforosa. Possibili fumi anche sulla capitale Reykjavik.
A cura di Andrea Centini
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L'eruzione del vulcano Fagradalsfjall in Islanda inizia a destare qualche preoccupazione per la salute pubblica, a causa dell'inquinamento provocato da fumi e ceneri proiettati copiosamente in atmosfera. Come spiegato nel liveblog della rete statale RUV, la mattina del 20 dicembre la qualità dell'aria ha registrato un peggioramento a Reykjanesbær, una città sita a una ventina di chilometri a nord da Sýlingarfell e Hagafell, dove il magma ha iniziato a fuoriuscire la sera del 18 dicembre da una spaccatura nel terreno lunga oltre 4 chilometri. Impressionanti le immagini delle fontane di lava catturate da elicotteri e droni della guardia costiera islandese.

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La BBC indica che i fumi rilasciati dal vulcano e spinti dal vento potrebbero raggiungere la capitale islandese Reykjavik entro quest'oggi, ma al momento non si registrano particolari criticità. L'eruzione in corso, del resto, è piuttosto diversa da quelle esplosive scaturite da un cono vulcanico – come quelle dell'Etna e dello Stromboli – , dato che la lava sta fluendo sulla superficie da un'immensa fessura nel terreno. La produzione di gas e ceneri, inoltre, non è legata ad altissimi pennacchi in grado di influenzare negativamente il traffico aereo e distribuire il materiale su un'area molto ampia. Siamo in una situazione completamente differente dall'eruzione del vulcano – dal nome impronunciabile – Eyjafjallajökull del 2010, che generò un'immensa nube di ceneri sull'Islanda in grado di danneggiare seriamente gli aerei. Il traffico aereo fu chiuso a lungo e portò alla cancellazione di oltre 100.000 voli. Il fenomeno fu particolarmente drammatico perché il vulcano eruttò al di sotto di un ghiacciaio, con tutto ciò che ne conseguì in termini di materiale proiettato nell'alta atmosfera.

Oltre a non aver prodotto pennacchi significativi, i gas del vulcano Fagradalsfjall si stanno inoltre dirigendo principalmente verso la costa orientale e il mare, attraversando aree disabitate. “Le direzioni del vento sono state favorevoli”, ha spiegato il meteorologo Einar Sveinbjörnsson. Ma ciò non significa che non possano esserci conseguenze sulla qualità dell'aria. A Reykjanesbær la concentrazione di anidride solforosa (o diossido di zolfo) è risultata particolarmente elevata attorno alle 07:00 del mattino di oggi, ma solo un'ora dopo si è abbattuta sensibilmente, in base ai dati pubblicati dal portale loftgaedi.is. Livelli elevati di particolato sottile PM 2.5 (cioè caratterizzato da particelle con un diametro uguale o inferiore ai 2,5 micrometri) sono stati registrati alle 8:30 si stamattina, con ben 56 microgrammi per metro cubo; alle 11:30 il dato risulta comunque ridotto a soli 1,5 microgrammi per metro cubo, in zona verde. Tra i dati peggiori di oggi ci sono i 58,2 microgrammi di diossido di azoto rilevati ad Haaleiti alle 11:30. L'anidride solforosa è un gas tossico che può provocare irritazione di occhi, naso e gola, tosse, difficoltà respiratorie, problemi polmonari e molto altro ancora, oltre a poter peggiorare condizione sottostanti quali l'asma e le patologie cardiovascolari.

Fortunatamente l'area eruttiva della spaccatura nel terreno si è ridotta sensibilmente dalle 22:00 del 18 dicembre e, secondo alcuni esperti, l'attività potrebbe cessare del tutto già entro questo fine settimana. Secondo il vulcanologo Þorvaldur Þórðarson ci sono poche probabilità che si possano aprire nuove spaccature attive dopo la diminuzione dell'intensità registrata, pertanto ritiene improbabile che l'eruzione possa raggiungere effettivamente la città di Grindavík o le zone circostanti. Si tratta del centro urbano più grande e maggiormente danneggiato dall'attività sismica legata al vulcano Fagradalsfjall, che ha provocato danni significativi a strade, abitazioni e infrastrutture. Nelle scorse settimane a causa del rischio eruzione circa 4.000 persone sono state evacuate, ma almeno adesso la città non sembra destinata alla distruzione, come si ipotizzava negli scenari più apocalittici prima dell'eruzione.

Ciò non significa che non possano esserci ulteriori eruzioni nei prossimi anni, in particolar modo nell'area di Eldvörp, come indicato dal dottor Þórðarson. “Non penso che sia tutto finito, sfortunatamente. Ci sono altrettante possibilità che questi eventi si ripetano nei prossimi anni”, ha chiosato alla RUV lo studioso. Per l'eruzione attuale sembra invece che l'emergenza stia rientrando: “Penso che ci siano molte indicazioni che questa sarà una breve eruzione che potrebbe fermarsi nei prossimi giorni. Anche prima del fine settimana”, ha chiosato l'esperto.

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