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Cambiamenti climatici

Drammatico consumo di suolo in Italia, ISPRA: “Nel 2022 divorati 21 ettari al giorno”

Il rapporto 2023 di ISPRA ed SNPA sul consumo di suolo in Italia evidenzia una situazione drammatica e in peggioramento, nonostante la crisi climatica e il dissesto idrogeologico provochino ogni anno vittime e devastazioni. Nel 2022 “artificializzati” 77 chilometri quadrati di territorio, 2,5 metri quadrati ogni secondo.
A cura di Andrea Centini
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Nonostante la grave crisi climatica in atto e le conseguenze catastrofiche che essa comporta in un territorio a elevato rischio idrogeologico come quello italiano – si ricordino le recenti tragedie sull'isola di Ischia e in Emilia Romagna -, nel nostro Paese continuiamo a consumare suolo a un ritmo drammatico e sconsiderato. I dati che emergono dal rapporto 2023 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” messo a punto dagli scienziati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) sono semplicemente sconcertanti. Non solo evidenziano la scarsa lungimiranza di chi dovrebbe tutelare la popolazione, la salute del territorio e il tessuto economico e sociale, ma hanno il sapore dell'offesa nei confronti di chi ha perso la vita, i propri cari o l'attività proprio per le conseguenze innescate dalla delicatissima situazione italiana. A rendere il tutto particolarmente triste vi è il fatto che, molto probabilmente, anche questo ennesimo grido d'allarme degli esperti cadrà nel vuoto, fino ai prossimi messaggi di commiato per l'ennesima tragedia non scongiurata.

Il progressivo incremento del consumo di suolo in Italia. Credit: ISPRA
Il progressivo incremento del consumo di suolo in Italia. Credit: ISPRA

I numeri del rapporto 2023, legati al biennio 2021 – 2022, parlano molto chiaro. Lo scorso anno il consumo di suolo in Italia ha avuto un incremento del 10 percento rispetto all'anno precedente, per un totale di ben 77 chilometri quadrati strappati alla natura (o all'agricoltura) per essere trasformati in cemento e strutture artificiali. Come indicato dall'ISPRA, nel 2022 abbiamo divorato 2,4 metri quadrati di suolo al secondo, ciò significa oltre 21 ettari al giorno. Sono ritmi che in Italia non si vedevano da 11 anni. Questo attacco al territorio in un singolo anno ha reso impermeabili altri 900 ettari in aree classificate a rischio medio di dissesto idrogeologico. Rendere il terreno incapace di assorbire l'acqua in eccesso, soprattutto dopo eventi meteorologici estremi (sempre più intensi e frequenti a causa del cambiamento climatico), è il volano per devastazioni di portata inimmaginabile, come ci ricorda ciò che è accaduto recentemente in Emilia Romagna, tra le Regioni più esposte alla cementificazione. Se ciò non bastasse, più del 35 percento del consumo di suolo complessivo in Italia – oltre 2.500 ettari – si trova inoltre in aree a pericolosità sismica alta o molta alta.

Il consumo di suolo regionale. Credit: ISPRA
Il consumo di suolo regionale. Credit: ISPRA

Il consumo di suolo netto, cioè il bilancio tra la trasformazione del suolo naturale in artificiale e il ripristino delle aree naturali, nel 2022 è stato di 70,8 chilometri quadrati. Ciò significa che abbiamo bonificato e ripristinato circa 6 chilometri quadrati di natura, distruggendone però un'area 11 volte più estesa. L'impermeabilizzazione complessiva prodotta da tale consuma è stata di 22,3 chilometri quadrati. In base ai dati cartografici aggiornati di SNPA, basati su immagini satellitari ad altissima risoluzione, la copertura artificiale in Italia occupa 21.500 chilometri quadrati, pari al 7,14 percento del territorio nazionale (7,25 percento al netto dei bacini idrici permanenti). La maggior parte del consumo di suolo si registra lungo la fascia costiera – tra le più sensibili al cambiamento climatico, ad esempio a causa delle inondazioni – entro un solo chilometro dal mare, così come nelle aree di pianura e nelle città (con Roma e Napoli tra le più interessate dal fenomeno). Particolarmente significativo il consumo di suolo nella Pianura Padana, soprattutto tra Lombardia e Veneto, “e lungo la direttrice della via Emilia”, spiegano gli esperti. Anche la costa adriatica – dal Veneto fino alla Puglia – risulta particolarmente esposta al fenomeno. Esposta in modo significativo la costa orientale della Sicilia. I punti critici del consumo di suolo in Italia (in rosso) sono evidenziati dalla mappa sottostante.

Credit: ISPRA
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Dal punto di vista dei dati regionali, sono quindici le Regioni in cui il consumo di suolo supera il 5 percento del territorio (al 2022). Le più “artificiali” sono la Lombardia (12,16 percento), il Veneto (11,88 percento) e la Campania (10,52 percento). “La Lombardia detiene il primato anche in termini assoluti, con oltre 290mila ettari di territorio artificializzati (il 13,5% del suolo consumato in Italia è in questa regione), spiega l'ISPRA. Per quanto concerne gli incrementi maggiori di consumo di suolo nel 2022, la capofila è ancora la Lombardia con 908 ettari in più, seguita da Veneto (739 ettari), Puglia (718 ettari, col Salento particolarmente colpito), Emilia-Romagna (635 ettari) e Piemonte (617 ettari). La curva qui di seguito mostra l'andamento regionale del consumo di suolo nelle diverse Regioni a partire dal 2006.

Credit: ISPRA
Credit: ISPRA

Monza e Brianza è la provincia con più consumo di suolo in assoluto dello Stivale, con oltre il 40 percento di territorio artificializzato, mentre tra i comuni il record negativo spetta a Roma, per quel che concerne il consumo di suolo nel 2022. Lo scorso anno nel territorio della Capitale sono stati divorati altri 124 ettari, un dato che inverte la tendenza positiva registrata negli ultimi anni. Sebbene molte realtà locali vadano male, ci sono anche diversi comuni virtuosi, come Ercolano (0,2 ettari consumati di suolo in più nel 2022), Montale in Toscana (0,0 ettari in più) e San Martino Siccomario in Lombardia (0,2 ettari in più). Tra le grandi città si distinguono positivamente Firenze, Genova e Reggio Calabria. Tra i principali catalizzatori del consumo di suolo vi sono la logistica e la grande distribuzione organizzata, ma si registrano incrementi anche di grandi infrastrutture, singoli edifici, pavimentazioni di vario tipo, strade, parcheggi e via discorrendo.

Un altro dato significativo legato alla cementificazione dell'Italia è l'aumento delle temperature nelle aree urbane. L'ISPRA spiega che le città italiane stanno diventando sempre più roventi, con picchi che raggiungono i 46° C nelle aree in cui la densità di edifici e infrastrutture è più elevata. Nelle aree urbane site in pianura, in media, in estate la temperatura è 4° C superiore rispetto al resto del territorio, con picchi di oltre 8° C a Milano e 6° C a Firenze. Considerando che le ondate di calore estreme e potenzialmente pericolose per la vita saranno sempre più frequenti a causa della crisi climatica, la vita in città potrebbe diventare sopportabile solo attraverso l'ausilio dell'aria condizionata (che a sua volta, se non alimentata da fonti rinnovabili, catalizza in modo significativo le emissioni di CO2, volano della crisi climatica).

Il Piano per la transizione ecologica (PTE) prevederebbe nel nostro Paese una significativa riduzione del consumo di suolo nei prossimi anni, con l'obiettivo virtuoso di giungere al consumo netto pari a zero entro il 2030 (bilancio fra nuove costruzioni e ripristino di aree naturali). Per raggiungerlo servirebbe una netta e repentina inversione di tendenza, ma gli ultimi dati lasciano intravedere un peggioramento della situazione. Avere un suolo sano, spiega l'ISPRA, “costituisce la base essenziale dell'economia, della società e dell'ambiente”, dato che grazie ad esso produciamo gli alimenti, siamo più resilienti innanzi alle conseguenze del riscaldamento globale (come fenomeni atmosferici estremi, siccità etc etc) e più in generale garantisce il nostro benessere. Al contempo il suolo immagazzina carbonio e conserva, filtra e assorbe l'acqua, “fornendo servizi vitali come alimenti sicuri e nutrienti e biomassa per i settori non alimentari della bioeconomia”. Tutti benefici che continuiamo a perdere costantemente a causa dell'avidità e della scarsa lungimiranza di chi prende le decisioni.

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