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Il referendum del 17 aprile sulle trivelle potrebbe saltare

Sono stati i Radicali a denunciare la presunta scorrettezza di Renzi. Sotto accusa, in particolare, gli appelli a restare a casa proveniente dal Governo. L’iniziativa sarà vagliata in un’udienza del 13 aprile dalla sezione II bis del Tar Lazio.
A cura di Biagio Chiariello
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Il referendum sulle trivelle del 17 aprile rischia di saltare. ‘Colpa’ dei Radicali che hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio per chiederne l’annullamento del voto. La motivazione sarebbe da attribuire ad una serie di irregolarità da parte di Palazzo Chigi attuate con l’intento di affondare la partecipazione. Non manca l’attacco al premier, Matteo Renzi, che avrebbe violato il “dovere di neutralità”. L’iniziativa sarà vagliata in un’udienza del 13 aprile dalla sezione II bis del Tar Lazio, che potrebbe decidere annullare l’indizione delle elezioni. “La decisione sarà impugnata dal soccombente (noi o il governo) al Consiglio di Stato prima del 17 aprile”, spiegano i Radicali. “In caso di eventuale esito negativo l’Italia sarà portata in giudizio davanti al Comitato diritti umani dell’ONU per violazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici” spiegano ancora il segretario Riccardo Magi, il presidente Marco Cappato, il tesoriere Valerio Federico e – in qualità di cittadini elettori – la deputata Mara Mucci, iscritta a Radicali Italiani, e Mario Staderini, già autore del ricorso all'Onu contro l'Italia per violazione diritti politici in materia referendaria .

La documentazione presentata al Tar del Lazio considera comunque vari aspetti. “Il Governo avrebbe dovuto preferire la data più distante possibile dall’indizione, di modo che l’anticipo fosse il più largo possibile. Tutto ciò avrebbe dovuto ragionevolmente far preferire una data a ridosso del termine ultimo del 15 giugno”, si legge nel testo predisposto dai Radicali. Inoltre il dovere di neutralità sarebbe stato violato “per conflitto di interesse politico, conflitto di interesse economico, per la mancata consultazione del Comitato promotore e infine per le ripetute dichiarazioni di esponenti di Governo sull’inutilità del voto e sulla scelta astensionista”. In estrema sintesi l’Esecutivo viene accusato di non aver rispettato il “codice di buona condotta sui referendum”, adottato, dalla Commissione di Venezia (Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto) nel 2007”. “È l’ennesima tappa della distruzione dello strumento referendario. Ed è una questione di Stato di diritto e di democrazia”, ha affermato il segretario Magi, spiegando il senso dell’azione giudiziaria.

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