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Il papà di Bea, morta a 8 anni: “Aveva paura di addormentarsi e non svegliarsi più”

La piccola Bea Naso era affetta da una sindrome rarissima che ne immobilizzava il corpo. Il papà: “Non chiamatela più bambina di pietra, non fa onore al suo ricordo”.
A cura di Susanna Picone
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“Vi prego non chiamatela mai più ‘bambina di pietra’ com’è stata definita da tutti in questi anni. Non le faceva onore quando c’era e adesso che non c’è più non fa onore al suo ricordo”. A parlare è Alessandro, il papà della piccola Beatrice "Bea" Naso, la bambina affetta da una rarissima sindrome che ne immobilizzava il corpo scomparsa la sera di San Valentino all’età di otto anni. Ora che la piccola Bea – definita spesso “bimba di pietra” proprio per quella strana malattia che ha calcificato le sue ossa – non c’è più è il suo papà a volerne parlare: al Corriere della Sera ha spiegato che nella sua breve vita se c’è stato davvero qualcosa di pietra è stata la sua volontà. Alessandro, che vive a lavora a Torino, descrive sua figlia come una bambina con tanta voglia di vivere, di superare il dolore, di scherzare e studiare. “Era in terza elementare ed era la prima della classe”, ha spiegato Alessandro, ricordando l’ultimo 9 conquistato da sua figlia appena due settimane fa. Gli altri bambini le volevano bene e il papà spera di vederli sabato al funerale.

Bea avrebbe voluto aiutare altri bambini in difficoltà – “Poco prima che morisse – il racconto dell’uomo – le ho chiesto: Com’è Bea? Come stai? E lei: ‘Papà sto male, ho mal di pancia’. Quando andava in crisi aveva paura di riposare, di addormentarsi. Mi diceva: ‘Papà stai con me, non voglio chiudere gli occhi, ho paura. Se dormo poi non mi sveglio più’. Non riuscire più a svegliarsi era la sua paura più grande. Con tutto quello che ha passato, povera anima mia, capiva perfettamente quanto fosse sottile il confine fra il sonno e la morte. Era una bambina intelligente e parlava benissimo. Non era immobile, non è vero, come qualcuno ha detto o scritto, che sapeva muovere soltanto gli occhi”. Avrebbe voluto aiutare altri bambini in difficoltà nella sua vita: “Quando abbiamo creato l’associazione Il mondo di Bea siamo entrati in contatto con famiglie di altri bambini che avevano situazioni tragiche. Lei chiedeva sempre. Si informava: ‘Papà che cos’ha questo bimbo? Lo aiuto io!’. Se le chiedevi del suo futuro rispondeva pronta: ‘Da grande voglio fare l’anestesista’”.

Il desiderio del papà: “Voglio tenere acceso il suo ricordo attraverso l’associazione” – Lei che l’anno scorso ha perso la mamma Sara, diceva anche di non aver bisogno di tate, di potercela fare da sola e se c’era una cosa che la faceva arrabbiare era guardare le partite di calcio in tv. Ora che non c’è più il suo papà ha un solo desiderio: “Ritrovare la serenità e continuare a tenere acceso il ricordo della mia bimba attraverso l’associazione. Spero che la vita me lo lasci fare”.

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