7 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Opinioni

Il cambio di destinazione d’uso e le modalità di restituzione nella locazione: Cassazione 26.7.2012 n.13189

La restituzione del bene alla fine del contratto di locazione può avvenire anche in modo “non formale”, la risoluzione del contratto derivante dal cambio di destinazione d’uso dell’immobile deve essere espressamente richiesta dal proprietario, se il proprietario accetta il cambio di destinazione d’uso si applica il regime giuridico conforme alla nuova destinazione d’uso. Però, se in giudizio il proprietario vuole l’applicazione della normativa giuridica derivante dalla nuova destinazione d’uso deve richiedere ed eccepire – secondo le comuni regole e decadenze processuali – il “cambio” della normativa.
A cura di Paolo Giuliano
7 CONDIVISIONI
large_170919_lmn101_ap

La locazione è uno dei contratti che danno vita a numerose frizioni tra proprietario e conduttore, frizioni che facilmente si trasformano in contenzioso giudiziario. E non si afferma nulla di nuovo se si afferma che la lite può avere ad oggetto la ripartizione delle spese condominiali, la riparazioni di tubi e tubazioni varie, la manutenzione ordinaria o straordinaria, il mancato pagamento dei canoni, oppure il cambio di destinazione d'uso del bene, insomma, un buon campionario di liti.

Durante il rapporto locativo, una o più di queste frizioni possono portare, ovviamente,  alla cessazione della locazione e alcune di queste contestazioni sono talmente usuali da essere codificate dal legislatore ed hanno un regime tutto particolare, infatti, la legge del 27 luglio 1978 n. 392 all'art. 80 (rubricato come "Uso diverso da quello pattuito") prevede che "  1. Se  il  conduttore  adibisce l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito,  il  locatore  puo'  chiedere  la risoluzione del contratto entro  tre  mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione. 2. Decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto  si  applica  il  regime  giuridico  corrispondente all'uso effettivo dell'immobile. 3.  Qualora  la  destinazione  ad  uso  diverso  da quello pattuito sia parziale,  al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso prevalente".

Sul punto specifico della modifica della destinazione d'uso è opportuno osservare che la Cassazione integra la disciplina legislativa con alcuni principi, infatti, riconferma che la risoluzione per il cambio della destinazione d'uso deve essere espressamente chiesta dal proprietario (cioè non è rilevabile d'ufficio), ma, elemento peculiare è dato dal fatto che anche l'applicazione del diverso regime giuridico derivante dalla cambio di destinazione d'uso non è rilevabile d'ufficio e deve essere espressamente chiesto. Quindi, se il conduttore accetta la modifica di destinazione d'uso e vuole avvalersi del diverso regime giuridico applicabile derivante dalla destinazione d'uso prevalente in sede giurisdizionale deve espressamente "allegare" la modifica della destinazione d'uso e chiedere di avvalersi del diverso regime giuridico derivante dalla diversa destinazione d'uso.

Passando alla fine del rapporto locativo, motivi di reciproca contestazione non sorgano anche al momento della restituzione del bene, basta pensare alle contestazioni sulla disdetta (ricevuta non ricevuta o effettuata o meno nei termini) o alla restituzione dell'immobile in buono stato o in pessimo stato di manutenzione, per non dire, completamente da ristrutturare. Proprio per evitare "attriti" o "sorprese" al momento della riconsegna dell'immobile (dopo la fine del contratto) è prassi che venga redatto un "verbale" con cui il proprietario e il conduttore  constatano lo stato dell'immobile e il conduttore e consegni le chiavi al proprietario. E' evidente che questa procedura presuppone la collaborazione tra inquilino e proprietario.

Può, però, anche accadere che il proprietario non collabora, allora resta da chiedersi cosa accade se, cessato il contratto per un qualsiasi motivo,  il conduttore liberato l'immobile per "riconsegnare l'immobile al proprietario" non si avvale delle modalità previste per la c.d. "offerta formale" al creditore, ma in modo più semplice (e direi bonario) attui una procedura "non formale" di riconsegna, ma una procedura "bonaria" di riconsegna e restituisce le chiavi dell'immobile non al proprietario, ma ad un terzo in attesa che il proprietario decida di andarle a ritirare o con l'incarico al terzo di consegnarle al proprietario, ma, soprattutto, resta da chiedersi se – in tale ipotesi – l'immobile può definirsi ancora nella "disponibilità" dell'inquilino, con il conseguente obbligo a carico dell'inquilino di continuare a pagare il canone (o l'indennità per la mancata liberazione o restituzione del bene).

Cassazione civ. sez. III del 26 luglio 2012 n. 13189

Questo giudice di legittimità – con riferimento all’ipotesi in cui sia il conduttore che, nell’inerzia del locatore, voglia avvalersi del diverso regime giuridico della locazione conforme all’uso mutato – ha già stabilito (Cass., n. 14765/2007; Cass., n. 17005/2011) che, in caso di mutamento di destinazione d’uso della cosa locata, il decorso del termine di decadenza, di cui all’art. 80 legge 392/78 per mancato esercizio da parte del locatore dell’azione di risoluzione del contratto entro tre mesi dall’avvenuta conoscenza, non è rilevabile d’ufficio dal giudice, dovendo la parte interessata, nel sollevare l’eccezione, manifestare chiaramente la volontà di avvalersi dell’effetto estintivo dell’altrui pretesa, ricollegato dalla legge al decorso di un certo termine.

Allo stesso modo deve ritenersi che, quando ad invocare gli effetti di un mutamento di uso sia il locatore – che, sul presupposto dell’avvenuto mutamento e della consapevole sua non opposizione nel termine di tre mesi, ritenga così applicabile al contratto il regime giuridico corrispondente all’uso diverso da quello originariamente pattuito – analogamente occorra, essendo egli la parte a ciò interessata, che la domanda sia introdotta secondo la suddetta prospettazione e senza che lo stesso incorra in ipotesi di preclusione o di decadenza. Orbene, nel caso in esame, nel giudizio di primo grado la locatrice P. non aveva affatto enunciato che ella agiva per la risoluzione del contratto relativo ai locali che sarebbero stati successivamente destinati dal conduttore alla sua attività professionale, ma aveva soltanto dedotto che l’avvenuta consegna delle chiavi non sarebbe stata mai effettuata con effetto valido nei suoi confronti, per cui la locazione, pur dopo la scadenza del 31 maggio 2006, doveva ritenersi protratta (ai sensi della disciplina generale di cui all’art. 1597 cod. civ.) alle stesse condizioni e per l’uguale durata di un anno, essendo il conduttore rimasto nella detenzione dei locali, ivi lasciato dalla locatrice. Con il gravame la stessa locatrice non aveva devoluto (e, comunque, la ricorrente neppure si fa carico di indicare dove o quando la censura risulta essere proposta) al giudice dell’appello la questione della diversa qualificazione giuridica della locazione e della rilevanza di essa ai fini dell’ammissibilità della proposta azione di risoluzione per morosità. Ne consegue che trattasi, in questa sede, di thema decidendum non prima proposto e, quindi, non esaminabile in questa sede. La mancata devoluzione della questione con l’appello, pertanto, esimeva anche la Corte territoriale dal motivare circa la diversa qualificazione della locazione, non potendo il giudice di secondo grado procedere d’ufficio, allo stesso modo come d’ufficio il tema non doveva essere affrontato in primo grado. Resta, quindi, assorbita la censura relativa alla pretesa violazione della disciplina inderogabile prevista per le locazioni ad uso professionale dalle norme di cui agli art. 27, 70 e 80 della legge n. 392 del 1978 ed è corretta l’impugnata sentenza laddove – con implicito chiaro riferimento ad eventuali pretese della locatrice ai sensi dell’art. 1591 cod. civ. – ha osservato la P. avrebbe dovuto avanzare domanda diversa dalla proposta azione di risoluzione della locazione per la morosità del conduttore. L’ulteriore conseguenza dell’accertata cessazione del contratto alla scadenza del 31 maggio 2006 è che, circa l’avvenuto rilascio dei locali alla P., era onere della locatrice giustificare i motivi per i quali riteneva di non dovere accettare la consegna delle chiavi.

La locatrice sostiene anche che: il rilascio dell’immobile era avvenuto in modo non formale; il conduttore aveva abbandonato i locali e, quindi, era obbligato a pagare il canone; il giorno 8 giugno 2006 essa locatrice non aveva ritirato le chiavi, rimaste ancora per due anni presso il D. ; la Corte d’appello di Firenze, non tenendo conto del fatto che sarebbe stata necessaria per il conduttore un’offerta ai sensi dell’art. 1216 cod. civ., aveva erroneamente posto a suo carico l’onere probatorio di non aver ricevuto una valida consegna del bene, dato che l’offerta di rilascio dell’immobile, avvenuta in modo non formale, non poteva essere ritenuta idonea a liberare il conduttore dalla sua obbligazione di pagamento del canone. Anche dette censure, che vanno esaminate congiuntamente in quanto strettamente connesse, non sono fondate. La sentenza impugnata ha chiarito che il giorno 8 giugno 2006 P.E. e N.M. si recarono insieme a visitare l’immobile per constatarne le condizioni e, nell’occasione, alla proprietaria vennero offerte le chiavi, siccome la locatrice stessa aveva ammesso in sede di interrogatorio formale. In tale situazione il giudice del merito ha ravvisato una vera e propria offerta non formale, in virtù della quale il conduttore N.M. veniva ad essere esentato da ogni altra sua obbligazione, (restitutoria o risarcitoria), che la legge collega all’ingiustificato rifiuto di rilasciare la res locata. Correttamente, pertanto, la Corte di merito ha riconosciuto che il conduttore aveva assolto l’onere della prova relativo all’avvenuto rilascio, così uniformandosi anche alla regola di diritto a mente della quale la restituzione del bene locato al termine del rapporto locativo (quale ne sia stata la causa della cessazione) può essere effettuato con modalità aventi valore di offerta non formale (Cass., n. 7776/2004; Cass., n. 6090/2002).

7 CONDIVISIONI
Immagine
Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views