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Gli attentati della mafia e le omissioni degli 007

Come racconta Repubblica, dai 318 documenti usciti fuori dai cassetti dei servizi segreti si compone un quadro fatto di verità sepolte e contraddizioni palesi degli 007 negli attentati mafiosi a Falcone e Borsellino.
A cura di Antonio Palma
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Gli attentati della mafia e le omissioni degli 007

Si tratta di un archivio pieno di reticenze, omissioni e mancanze quello dei nostri servizi segreti in merito alle stragi mafiose degli anni novanta, compresi gli attentati dove morirono i giudici Falcone e Borsellino. Documenti usciti fuori dai cassetti dell'ex Sisde e dell'ex Sismi su richiesta sia della Procura di Caltanissetta che della Direzione investigativa dell'Antimafia e della commissione parlamentare d'inchiesta guidata dall'onorevole Beppe Pisanu. Molti di quei 318 i documenti rientrano  ancora nella classificazione top secret e dunque sono secretati, ma come rivelano Attilio Bolzoni e Salvo Palazzolo su Repubblica, che hanno potuto visionare alcuni di quei faldoni, essi disegnano un quadro molto preciso delle reticente e delle amnesie improvvise dei nostri apparati di sicurezza sia militari che civili.

Faldoni in gran parte rappresentati da documenti poco utili e "senza influenza diretta sulle investigazioni" definiti nella stessa relazione di Pisanu "un carteggio piuttosto disomogeneo", intervallati però da alcune note e informative dei servizi segreti  che il procuratore Sergio Lari nella richiesta di revisione del processo Borsellino ha giudicato "inquietanti". Secondo chi ha visionato quei documenti, infatti, sono palesi i tanti "non so" e "non ricordo" degli agenti dei servizi, improvvisamente sostituiti da accelerazioni in alcune informative poi rivelatesi completamente false e fuorvianti per i magistrati che indagavano sugli attentati mafiosi di Capaci e Via D'Amelio.

Lampanti alcuni documenti pubblicati da Repubblica come l'informativa del 28 maggio 1992 spedita dal centro Sisde di Palermo alla Direzione di Roma in cui si parla di un "Progetto di attentato in persona del dottor Paolo Borsellino". Come scrive il quotidiano "Sono passati solo cinque giorni da Capaci e i servizi avevano già la notizia, da fonte confidenziale ben informata, che Cosa Nostra aveva in programma di uccidere il procuratore. Fu mai comunicata questa notizia all'autorità giudiziaria? ". Pochi giorni prima, il 24 maggio 1992, un'altra informativa del Sisde di Palermo parla di una telefonata anonima di un camionista "che riferiva di aver notato la sera del 22 maggio '92 un furgone fermo sulla corsia di emergenza" all'altezza dello svincolo di Capaci. "Chi aveva telefonato? Qualcuno ha mai indagato? Chi era il camionista?" si chiedono i due giornalisti spiegando:

È con molta solerzia invece che dal Sisde vengono fatte arrivare alla magistratura, il 24 maggio e il 4 agosto del 1992, due dettagliate segnalazioni con le quali s'ipotizzava – su base di mere congetture – il coinvolgimento del clan Madonia nelle stragi Falcone e Borsellino, due note firmate da Bruno Contrada, il coordinatore del gruppo d'indagine dei Servizi sulle stragi che pochi mesi dopo sarà arrestato per concorso in associazione mafiosa. Il documento più inquietante resta quello in cui il Sisde di Palermo annuncia alla direzione, già il 13 agosto 1992, imminenti novità "circa gli autori del furto della macchina ed il luogo ove la stessa sarebbe stata custodita prima di essere utilizzata nell'attentato".È la vicenda del falso pentito Enzo Scarantino, l'uomo che si è autoaccusato della strage di via D'Amelio trascinando con sé una mezza dozzina di innocenti.

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