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Zoom disattiva gli account dei ribelli di Hong Kong, in obbedienza al governo cinese

Zoom ha disattivato gli account le conferenze di alcuni attivisti antiregime a seguito delle proteste del governo cinese. “Il governo cinese ci ha informato che questa attività è illegale in Cina e ha chiesto a Zoom di bloccare le riunioni e di non ospitare più gli account”, hanno spiegato dalla società.
A cura di Antonio Palma
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Zoom ha disattivato gli account di alcuni attivisti di Hong Kong a seguito delle proteste del governo cinese. Ad ammetterlo è la stessa società statunitense con sede a San Jose, in California, che è anche uno dei leader nel settore dei servizi di conferenza remota. Il caso è emerso nei giorni scorsi quando la piattaforma ha improvvisamente oscurato i canali di alcuni attivisti locali che avevano tenuto eventi online relativi a episodi che mettono sotto accusa le autorità cinesi come l'anniversario del massacro di Piazza Tiananmen e la crisi di Hong Kong. Dopo le proteste, Zoom ha confermato di essere stata contattata dal governo cinese per questi eventi pubblicizzati sui social e di aver deciso di bloccare i profili degli attivisti che poi però sono stai riattivati.

"Il governo cinese ci ha informato che questa attività è illegale in Cina e ha chiesto a Zoom di bloccare le riunioni e di non ospitare più gli account", hanno spiegato dalla società, assicurando: “Non abbiamo fornito alcuna informazione sull'utente o sul contenuto della riunione al governo cinese. Non abbiamo una backdoor che permetta a qualcuno di entrare in una riunione senza essere visibile". Zoom ha affermato di aver eliminato le conferenze e sospeso o chiuso gli account associati perché non è in grado di bloccare partecipanti provenienti da determinati paesi.

Quando gli stessi attivisti hanno denunciato che molti account sono di persone che non risiedono nella Cina Continentale e alcuni sono anche fuori dal continente e che quindi la legislazione locale non avrebbe dovuto avere alcun impatto, da Zoom sono tornati sui loro passi riattivando gli account ma non le conferenze che avevano partecipanti dalla Cina. “Lo scopo era proprio quello di raggiungere i cinesi continentali, rompendo la censura del partito comunista cinese perché la piattaforma non è vietata ma con questa politica Zoom continua a inginocchiarsi davanti al partito comunista” accusa Lee Cheuk-Yan, un attivista per la democrazia a Hong Kong .

"In futuro Zoom non consentirà alle richieste del governo cinese di avere un impatto su nessuno al di fuori della Cina continentale. Ci impegniamo a limitare le azioni intraprese solo a quelle necessarie per conformarsi alle leggi locali. Zoom nei prossimi giorni svilupperà la tecnologia che consentirà di rimuovere o bloccare i partecipanti in base alla provenienza geografia" hanno spiegato dalla società.

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