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Supernotes, la misteriosa storia delle banconote da 100 dollari false ma… buone

La vicenda dei supenotes, biglietti da cento dollari stampati con gli stessi cliché utilizzati dal governo americano, è degna delle migliori spy story. Le banconote con la faccia di Benjamin Franklin sono quelle con il valore più alto ma anche le più diffuse fuori dagli Stati Uniti. E da almeno trent’anni il Dipartimento del Tesoro americano dà la caccia a questi esemplari praticamente perfetti.
A cura di Mirko Bellis
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Supernotes, 100 dollari

La diffusione dei supernotes o superdollari risale all'epoca di Reza Pahlavi, lo Scià di Persia. In quegli anni, Washington aveva concesso a Teheran il privilegio di stampare dollari e per questo aveva consegnato all'Iran alcuni clichè (le matrici con le quali si "producono" i soldi) e numeri di serie. Il cambio di regime dopo la rivoluzione di Khomeini nel 1979, però, mandò all'aria i piani americani e a Teheran avrebbero continuato a stampare le banconote americane con lo scopo di minare la fiducia internazionale verso il biglietto verde.

Da allora, gli agenti segreti americani sono sguinzagliati in tutto il mondo alla ricerca dei superdollari. La scoperta dei primi biglietti contraffatti fu fatta nel lontano 1989 in una banca a Manila, nelle Filippine. Secondo altre versioni, invece, il primo esemplare di supernote risale al 1990 (numero di serie 14342) in Medio Oriente, precisamente in Libano nella valle della Bekaa, al confine siriano. Presto la diffusione del biglietto da cento dollari contraffatto si espande in tutto il mondo. Nel 2006, Michael Merritt, un ufficiale del servizio segreto degli Stati Uniti, consegnò al Senato il frutto delle sue indagini e, già dieci anni fa, il traffico dei supernotes coinvolgeva più di centotrenta Paesi.

Una relazione del Congresso degli Stati Uniti del 2009 incolpò direttamente il governo della Corea del Nord di essere dietro la stampa dei superdollari. Le banconote contraffate – secondo le informazioni contenute nel dossier – sarebbero servite al regime comunista per finanziare operazioni all'estero e l’importazione di prodotti. Nonostante Pyongyang abbia sempre negato questo tipo di accuse, per gli Stati Uniti sono state individuati almeno quarantacinque milioni di supernotes stampati dalla Corea del Nord. Per gli 007 americani, la produzione delle banconote da cento dollari da parte dei nordcoreani iniziò nel 1998; il Banco Delta Asia (Bda) di Macao, in Cina, aveva invece il compito di riciclare i profitti generati dalla falsificazione. Washington stimava che il Paese asiatico avesse guadagnato dai quindici ai venticinque milioni di dollari all'anno con i supernotes.

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Per cercare di contrastare il fenomeno, nel 2007, il Tesoro americano inserì il Banco Delta Asia nella lista nera con la proibizione di eseguire operazioni in dollari. E il Washington Post in un’inchiesta del 2009 scoprì che un generale nordcoreano, O Kuk-Ryoll, era la figura chiave nella contraffazione delle banconote americane. Secondo le fonti anonime dei servizi segreti riportate nell'articolo, esisterebbero diciannove versioni di supernote. La loro produzione avverrebbe in una stamperia a Pyongsong (a soli trenta chilometri dalla capitale) controllata direttamente dal partito comunista nordcoreano di cui, ancora adesso, il generale O Kuk-Ryol rimane un potente esponente.

Altre versioni, però, smentiscono che la Corea del Nord sia il responsabile della diffusione dei supernotes in quanto lo ritengono un Paese privo della tecnologia necessaria per falsificare i dollari.  Al contrario, per alcuni esperti nella fabbricazione di banconote, sarebbe la stessa Cia a stampare i biglietti. Ovviamente siamo nel campo delle ipotesi, ma, come ha scritto il giornalista tedesco Klaus W. Bender del Frankfurter Allgemeine in The Mystery of the Supernotes, questi dollari servirebbero a finanziare le operazioni clandestine della Cia nelle aree di crisi evitando così il controllo del Congresso degli Stati Uniti. Come dimostra anche la vicenda del nostro connazionale Vincenzo Fenili, un ex agente segreto rinchiuso per 373 giorni in un lager in Cambogia, l’ambasciata della Corea del Nord nella capitale cambogiana nasconderebbe diversi bancali carichi di dollari “veri, ma falsi”.  Secondo quanto raccontato da Fenili nel libro Supernotes di Luigi Carletti e anche in un servizio mandato in onda dalle Iene, la Cia si servirebbe proprio del regime nordcoreano per produrre i supernotes.

Gli Usa hanno comunque cercato di porre rimedio alla circolazione di queste banconote contraffate. Nell'ottobre del 2013, la Federal Reserve annunciò l’emissione di un nuovo biglietto da cento dollari. Per rendere la vita più difficile ai falsificatori furono introdotte una serie di misure hi tech, tra cui una banda tridimensionale blu e una campana disegnata dentro un calamaio. Ma sembra che tutti questi sforzi non siano riusciti ad impedire la diffusione dei supernotes. Il 16 dicembre del 2015, all'aeroporto di Linate, un antiquario italiano è stato scoperto in possesso di due esemplari di supernotes. E lo stesso agente Kasper – il nome sotto copertura di Fenili – a riprova del suo racconto mostra due biglietti da cento dollari con le ultime innovazioni anti falsificazione. Come la Corea del Nord sia entrata in possesso dei clichè necessari a stampare i dollari fuorilegge rimane ancora un mistero ma di sicuro la circolazione di queste banconote non si è mai interrotta.

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