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Guerra in Ucraina

Paolo Magri (Ispi): “Nessun accordo tra Russia e Ucraina finché entrambe saranno convinte di vincere”

L’intervista di Fanpage.it a Paolo Magri, vicepresidente dell’Istituto per gli Studi Internazionali (Ispi), sulla situazione in Ucraina: “Lavrov su rischio terza guerra mondiale? Parole che creano allarme. La minaccia di Putin più che quelle nucleari riguarda un’altra potente arma, quella dell’interruzione di gas. Attenzione alla Transnistria, che sta alla Moldavia come il Donbass sta all’Ucraina”.
Intervista a Paolo Magri
vicepresidente dell'Istituto per gli Studi Internazionali (Ispi).
A cura di Ida Artiaco
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"Quelle del ministro degli Esteri russo Lavrov che ha accennato al rischio concreto di terza guerra mondiale sono sicuramente parole che fanno parte della strategia di minaccia e avvertimento agli americani, agli europei e a tutti gli altri paesi che stanno fornendo armi all'Ucraina. Ma creano allarme. Putin potrebbe puntare sull'arma dell'interruzione del gas piuttosto che su quelle nucleari. Ma i negoziati sono lontani". Paolo Magri, vicepresidente dell'Istituto per gli Studi Internazionali (Ispi), ha spiegato così a Fanpage.it gli ultimi sviluppi del conflitto tra Mosca e Kiev, tra le minacce da un lato e dall'altro e la comparsa in campo di nuovi attori, come la Transnistria, che potrebbero rappresentare un punto di svolta per questa seconda fase dei combattimenti.

Paolo Magri (Ispi).
Paolo Magri (Ispi).

Dott. Magri, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha parlato apertamente di terza guerra mondiale. È un rischio reale o sono solo parole?

"Sono sicuramente parole che fanno parte della strategia di minaccia e avvertimento agli americani, agli europei e a tutti gli altri paesi che stanno fornendo armi all'Ucraina. Ma queste parole in una situazione delicata e confusa come quella attuale creano allarme perché nei fatti siamo in una guerra e stiamo fornendo armi a una delle parti anche senza essere coinvolti direttamente. Ma per Mosca sin dall'inizio questo è stato considerato l'equivalente dell'essere in guerra".

Ieri Putin ha detto che risponderanno alle minacce dell'Occidente con mezzi finora inutilizzati. Il riferimento è alle armi nucleari secondo lei?

"Anche qui bisogna stare attenti alle parole. Putin ha già fatto nelle scorse settimane un accenno, evocando le armi nucleari e fotografando una realtà di fatto: c'è una guerra e una delle parti in causa ha questo tipo di armi così come ce le hanno alcuni dei Paesi che le stanno fornendo all'Ucraina. Detto ciò, credo che vista la coincidenza con l'interruzione del gas a Polonia e Bulgaria, l'accenno del presidente russo sia ad un'altra arma che Mosca può usare, non nucleare, che è proprio quella dell'interruzione del gas. Le frasi di Putin oggi possono far pensare soprattuto a quello".

Sempre Putin ha detto che "il piano dell'Occidente per strangolarci economicamente è fallito". È realmente così?

"Siamo in guerra, c'è la propaganda di guerra e come in tutte le guerre nessuno ammette perdite o il fatto che l'avversario abbia inflitto colpi pesanti. È chiaro che pensare che le sanzioni abbiano drammaticamente modificato la situazione della Russia sarebbe scorretto ma dire che queste stesse sanzioni e l'isolamento non stanno pesando sulla Russia è altrettanto scorretto. La Russia da due mesi è un paese isolato economicamente, politicamente e con una economia che affronterà problemi nei prossimi mesi e anni ben più seri di quelli che pure affronteremo noi".

Cosa succederebbe se Putin dovesse bloccare la fornitura di gas anche all'Italia e al resto dell'Europa?

"È un'arma molto pesante. Per tutti ci sarebbe un aumento del prezzo del gas perché sarebbe per il mercato dell'energia un colpo molto duro che porterebbe ad un ulteriore rialzo. Per alcuni Paesi, se fosse immediata questa decisione, ci potrebbero essere difficoltà di approvvigionamento. Mi riferisco a quelli che hanno tanto gas come fonte energetica, una percentuale del mix molto importante rispetto al carbone, al petrolio o al nucleare per chi ce l'ha. Se questo gas poi dipende dalla Russia, la sostituibilità sarebbe difficile. Facciamo qualche esempio: l'Ungheria avrebbe difficoltà perché la dipendenza dal gas russo è quasi totale, ma anche altri Paesi dell'ex patto di Varsavia. L'Italia è in una posizione intermedia perché noi abbiamo tanto gas nel mix però non siamo così dipendenti dalla Russia come altri Paesi. Se volessimo ragionare con i numeri, l'Ungheria usa tanto gas quanto noi, circa il 40% del mix, ma quasi tutto viene dalla Russia. Lo stesso vale per la Slovacchia. L'Italia ha una percentuale di gas simile a questi due Paesi ma dalla Russia prende il 40% e non il 97%. In sintesi, se ci fosse una decisione operativa già nei prossimi giorni di totale blocco del gas, mancherebbero all'appello molti miliardi di metri cubi di gas".

Negli ultimi giorni si è molto parlato anche di Transnistria. Che ruolo potrebbe giocare la repubblica filorussa in questa nuova fase della guerra in Ucraina?

"La Transnistria sta alla Moldavia come il Donbass sta all'Ucraina, cioè in entrambi i paesi ci sono questi territori filorussi separatisti che nel caso della Transinistra non sono riconosciuti da Mosca ma in Donbass sì, la Crimea è stata addirittura stata annessa alla Russia. Colpisce la notizia degli atti terroristici arrivata nei giorni scorsi perché da un lato potrebbero rinfiammare la situazione in Moldavia, che è una ferita aperta. Dall'altro lato, colpisce perché pochi giorni fa un generale russo ha detto che l'obiettivo di Mosca in questa fase della campagna è arrivare a conquistare tutta la fascia Sud dell'Ucraina fino a collegarsi alla Transnistria. Alcuni leggono in questi incidenti un pretesto di Mosca per giustificare un intervento di salvataggio degli abitanti della Transnistria che in realtà vivono tranquillamente da 30 anni con 1500 soldati russi che sono lì a fare da guardia".

A che punto sono i negoziati? È possibile che ci sia qualche passo in avanti nei colloqui nei prossimi giorni?

"Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, ieri la Turchia ha annunciato un possibile incontro Zelensky-Putin ed è una notizia positiva che però arriva dopo giorni in cui sui negoziati abbiamo avuto solo notizie negative, ovvero i paletti posti da entrambe le parti. Ciò che è certo è che finché i russi saranno convinti di avanzare nei territori di cui parlavamo prima e finché gli ucraini dall'altro lato avranno la convinzione di potercela fare anche grazie alle armi che arriveranno in maniera più intensa nei prossimi giorni, mancherà la molla per arrivare ad un accordo. Al negoziato si arriva quando c'è la disponibilità da entrambe le parti di chiedere qualcosa. Se si è convinti di poter vincere, questa volontà si affievolisce".

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