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Covid 19

Negli Usa il Coronavirus non rallenta: “Se si riapre potrebbero esserci tremila morti al giorno”

Anche se a New York, epicentro dell’emergenza Covid-19 negli Stati Uniti, si sta allentando la pressione sul sistema ospedaliero in seguito alle misure di distanziamento sociale, nel resto degli States è allerta per lo scoppio di piccoli focolai anche in zone rurali dove sono concentrate centri per anziani, carceri e fabbriche. Intanto, il presidente Trump se la prende ancora con la Cina: “Pechino doveva informarci”.
A cura di Ida Artiaco
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Gli Stati Uniti sono al momento il Paese con il più alto numero di casi (1.181.885) e di decessi (69.079), da Coronavirus in tutto il mondo. Eppure il contagio non accenna a rallentare. In tutto il paese il tasso di crescita delle infezioni è passato dal 2 al 4 per cento su base giornaliera. Inoltre, almeno 15 bambini a New York sono stati ricoverati in ospedale per una malattia che gli esperti temono possa essere collegata a Covid-19. E' vero che il distanziamento sociale sta funzionando in alcune zone, come nel caso della Grande Mela dove, nonostante i malati siano sempre numerosi, si sta allentando la pressione sugli ospedali, ma stanno nascendo focolai altrove, provocando altre vittime e infezioni. Dunque, anche se alcuni stati stanno riducendo pian piano le restrizioni per il contenimento del nuovo virus, non vuol dire che l'emergenza sia stata superata.

La pandemia si allarga nei piccoli centri degli Usa

Da circa un mese si registrano almeno mille morti al giorno a causa del Covid-19, mentre vengono registrati almeno 25mila casi, il che significa che il tasso di infezione sta aumentando ogni giorno di almeno il 4 per cento. E questo perché se le città rurali fino a un mese fa sembravano incolumi al virus, sono ora diventati dei veri e propri punti caldi, a causa della presenza delle case di cura, dei focolai scoppiati nelle carceri e nelle fabbriche, presagio del fatto che una riapertura dell'economia, chiesta a gran voce da lavoratori e sindacati, è ancora lontana. "Se si include New York, epicentro del contagio negli States, la curva del contagio sembra un altopiano che poi si sposta gradualmente verso il basso – ha affermato Andrew Noymer, professore associato di sanità pubblica presso l'Università della California, Irvine -. Ma se dall'analisi si esclude la Grande Mela, allora la curva si muove lentamente verso l'alto", a conferma del fatto che la pandemia è tutt'altro che superata. Al momento tra le zone più colpite c'è la contea di Dakota in Nebraska, dove vivono poco più di 20mila anime, che fino all'11 aprile non aveva neppure un caso: oggi ne sono più di mille.

La previsione: se riapre l'economia tremila morti al giorno dal primo giugno

Eppure, nonostante i dati non siano dei più rassicuranti, il presidente Donald Trump sta progettando la riapertura di alcune attività produttive a breve. Se ciò avvenisse sarebbe una ecatombe. Secondo un modello matematico contenuto in documento della Federal Emergency Management Agency visto dal New York Times, con l’uscita dal lockdown e la ripresa di attività e contatti sociali, che entro l’11 maggio vedrà 31 Stati allentare le restrizioni, il numero dei morti da Coronavirus potrebbe aumentare del 70% passando dagli attuali 1.750 a 3.000 al giorno entro il primo giugno mentre i contagiati salirebbero da 25mila a circa 200mila giornalieri. La Casa Bianca ha voluto smentire il quotidiano, affermando che i dati non sono ancora stati verificati e "non riflettono nessuno dei modelli finora elaborati dalla task force o dati da essa analizzati", come ha sottolineato il portavoce Judd Deere.

Trump ancora contro la Cina: "Doveva informarci"

Intanto, il presidente Usa Donald Trump è tornato ad attaccare la Cina per la vicenda Coronavirus: "Avrebbe dovuto informarci", ha detto parlando con i cronisti alla Casa Bianca. L'ex tycoon ha detto di non aver avuto nessun confronto col presidente cinese. Questa mattina anche Anthony Fauci, famoso virologo a capo della task force scelta da Washington per affrontare l'emergenza, è intervenuto sulla questione, provando a stemperare la polemica con Pechino innescata dalle accuse del segretario di Stato, Mike Pompeo, secondo il quale ci sarebbero prove del fatto che "il virus Sars-Cov-2 è un prodotto da laboratorio cinese". "Se si guarda all’evoluzione del virus nei pipistrelli – ha risposto Fauci – e a cosa c’è là fuori adesso, le prove scientifiche vanno fortemente nella direzione che il virus non avrebbe potuto essere manipolato artificialmente o deliberatamente». Tutto «indica fortemente che questo virus si è evoluto in natura e poi ha saltato specie".

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