
Lo so, ci ripetiamo. Però a volte è necessario essere ripetitivi e noiosi.
Perché mentre gli occhi del mondo sono tutti girati verso l’Ucraina e la Russia, ieri a Gaza, sul quale si è abbattuta la furia del ciclone Byron, sono morti un neonato e un bambino di nove anni. Del neonato non sappiamo il nome, del bambino sì: si chiamava Hadeel al-Masri.
Entrambi sono morti in tendopoli squassate da pioggia battente e venti freddissimi. Oddio, tendopoli: nei campi profughi in cui oggi vivono circa 800mila gazawi in realtà ci sono solo 15mila tende, in cui a malapena riescono a vivere poco meno di 80mila persone. Tutte le altre tende che dovrebbero entrare nella striscia sono ferme al confine, perché Israele dice che i pali potrebbero servire a chissà quale minaccioso scopo militare.
Nel frattempo le infrastrutture idriche sono al collasso, i bambini si muovono in strade coperte di acqua e liquame e chi non muore di freddo rischia di finire vittima del colera, o di qualche altra malattia figlia della malnutrizione o delle terrificanti condizioni igieniche. E per chi si ammala, ovviamente, non ci sono strutture sanitarie nemmeno lontanamente adeguate a fornire cure adeguate.
Questo non è il massacro di un giorno, l’apice di una violentissima operazione militare. È quel che noi qua in Occidente sia un normalissimo giorno di “pace” a Gaza, dopo l’accordo proclamata da Donald Trump. È la nuova normalità di Gaza. Quella di un popolo che continua a sopravvivere nelle rovine, recluso da un altro popolo che continua a intercettare tutti gli aiuti che può intercettare, affinché i gazawi rimangano in una situazione di emergenza senza fine.
Domanda: cos’è successo per farci passare dalle piazze piene all’indifferenza, nel giro di poche settimane? Cosa ci ha spinto a credere che improvvisamente il problema non sia più il genocidio a Gaza, ma quattro facinorosi tra milioni di militanti che chiedono pietà per milioni di abitanti della Striscia, o qualche frase fuori posto di Francesca Albanese? Davvero abbiamo perso il senso delle proporzioni fino a questo punto?
Qualche giorno fa, nelle ore immediatamente successive all’attentato antisemita di Bondi Beach, a Sydney, in Australia, qualcuno ha riesumato la vecchia teoria dello scontro di civiltà tra l’Occidente civilizzato e libero e l’Islam dei tagliagole. Con che faccia, e di quale superiore civiltà possiamo dirci di appartenere, se lasciamo che tutto questo accada nella Striscia, nella più totale indifferenza?
Se lasciamo morire in questo modo i bambini a Gaza, forse lo scontro di civiltà dovremmo combatterlo contro noi stessi, no?