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Libia, decine di morti nell’attacco ad Accademia militare. Haftar rivendica raid: “Erano miliziani”

“All’alba l’aviazione ha preso di mira un raggruppamento di cento miliziani presso l’Accademia militare che si preparavano a partecipare ai combattimenti in corso e almeno 70 tra di loro sono stati uccisi”: così il genarel Haftar annuncia il bombardamento del Colleggio militare a sud di Tripoli nell’attacco più grave dall’inizio dell’assedio alla capitale libica. Nel frattempo la crisi si complica a causa, anche, della posizione turca.
A cura di Annalisa Girardi
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È di decine di morti il bilancio del bombardamento aereo delle forze del generale Khalifa Haftar sul Collegio militare a Tripoli: lo conferma il ministero della Sanità del governo instaurato nella capitale libica. La fazione di Haftar sostiene di aver causato oltre 70 vittime, "in risposta al bombardamento turco". La pagina Facebook del generale, ‘Divisione informazione di guerra', ha annunciato: "All'alba l'aviazione ha preso di mira un raggruppamento di cento miliziani presso l'Accademia militare che si preparavano a partecipare ai combattimenti in corso e almeno 70 tra di loro sono stati uccisi".

Un portavoce di Haftar, Khaled Al-Mahjoob, rivendicando l'attacco ha dichiarato ad Alhurra Tv: "I cadetti di quel college sono miliziani". Secondo alcune fonti, la dichiarzione sarebbe stata smentita poco dopo. Al momento, tuttavia, la veridicità della rivendicazione sembrerebbe confermata e appare coerente con le ricostruzioni fornite da ambienti vicini al generale Haftar.

Le operazioni militari si intensificano

L'Accademia militare, che si trova nella zona sud di Tripoli, è uno dei fronti del conflitto tra le truppe del generale Haftar e quelle fedeli al governo di Fayez Serraj. Il ministero della Sanità parla di 28 morti e altri 23 feriti, "buona parte in maniera gravissima". La cifra non coinciderebbe quindi con il bilancio delle forze di Haftar secondo cui, inoltre, al Collegio militare sarebbero stati presenti alcuni miliziani siriani inviati dal governo di Ankara a sostegno di Serraj. Haftar ha quindi lanciato la jihad contro l'intervento della Turchia nella guerra in Libia, chiamando la popolazione alla mobilitazione: "Accettiamo la sfida e dichiariamo la guerra santa islamica e la mobilitazione generale", ha affermato il generale dalla rete televisiva al-Hadath.

Le operazioni militari si sono intensificate nelle ultime ore: l'aeroporto di Tripoli rimane chiuso da due giorni, mentre il generale Haftar continua a bombardarlo. Martedì 7 gennaio si dovrebbe tenere un incontro a Tripoli tra quattro ministri degli Esteri Ue, fra cui Luigi Di Maio: non è chiaro se le milizie di Haftar garantiranno una tregua in modo da permettere ai ministri di Italia, Francia, Germania e Regno Unito (insieme al rappresentante dell'Unione, Josep Borrell) di arrivare nella capitale libica.

Il governo di accordo nazionale libico di Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale, ha richiesto una riunione tempestiva del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per "discutere delle atrocità e dei crimini di guerra di Haftar", come riporta il Libya Observer. La crisi, nel frattempo, diviene sempre più complicata: l'attacco aereo all'Accademia militare è infati il più grave dall'inizio dell'assedio di Tripoli. Ma, come visto, non è il solo obiettivo di Haftar che continua a colpire l'aeroporto nel tentativo di entrare nella capitale, e sabato ha anche compiuto un attacco alla base navale di Abu Sitta attraverso dei droni: si tratta della base in cui è anche presente una nave della Marina militare italiana, a supporto e assistenza della Guardia costiera libica.

La posizione turca

La situazione è anche compromessa dalla posizione turca: le tensioni sono sempre più forti, con Haftar che ha apertamente attaccato il presidente Recep Tayyip Erdoğan, definendolo "uno stupido soldato turco, colonizzatore ottomano, che ha scatenato la guerra in tutta la regione e, colonialista brutale, vede la Libia come un'eredità storica". L'Onu, da parte sua, ha sottolineato come ogni "sostegno straniero alle parti in guerra non farà che aggravare il conflitto e complicare gli sforzi per una soluzione pacifica", facendo un'implicita menzione alla Turchia e facendo pressione affinché non vengano inviate truppe in LIbia. Il segretario generale Antonio Gutierres ha quindi aggiunto: "Le continue violazioni dell'embargo sulle armi imposto dal Consiglio di sicurezza non fanno che peggiorare le cose".

Intanto la popolazione continua a fuggire. Ieri almeno cinque persone sono morte e altre sono rimaste ferite negli spari tra le milizie, che spesso colpiscono anche le famiglie di sfollati in fuga dalle zone di scontro. Il portavoce del Servizio di emergenza di Tripoli, Osama Ali, ha raccontato: "Diverse famiglie sono ancora intrappolate nella zona degli scontri ed è difficile raggiungerli per offrire soccorso".

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