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Elezioni europee 2024

La Polonia verso le elezioni europee 2024: il declino dell’estrema destra clericale e il ritorno di Tusk

La Polonia per anni è stato il prototipo dell’ascesa dell’estrema destra nazionalista e clericale al potere. Ora però le cose sembrano in controtendenza: Donald Tusk ha vinto le ultime elezioni affermando di voler reinstaurare lo stato di diritto nel Paese. Le elezioni europee 2024 saranno un banco di prova.
A cura di Annalisa Girardi
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La Polonia è pronta ad ospitare armi nucleari statunitensi sul suo territorio. Parola di Andrzej Duda. Il presidente polacco ha assicurato di voler fare la sua parte, nel caso la Nato decidesse di rafforzare ulteriormente il suo fianco orinetale. Del resto, la Russia ha già portato le sue testate atomiche in Bielorussia e sta aumentando le operazioni militari nell’exclave di Kaliningrad. La Polonia confina con entrambe e dallo scoppio della guerra in Ucraina non ha fatto che alzare il livello di allerta.

Duda a fine aprile è volato a Washington e ha raccontato di aver discusso di questa  possibilità, cioè quella di portare delle armi atomiche in Polonia secondo il principio Nato del cosiddetto nuclear sharing, con Joe Biden. Durante il suo viaggio negli Stati Uniti Duda si è anche fermato a pranzo con un vecchio amico, niente di meno che l’ex presidente Donald Trump.

Duda è al potere da circa 10 anni, dal 2015. Quando è diventato presidente ha deciso di definirsi indipendente a livello politico, ma per altri 10 anni prima aveva militato nel partito di estrema destra populista, Diritto e Giustizia, PIS. Quando Trump ha vinto le presidenziali americane del 2016, Duda ha stretto con lui un rapporto di amicizia, proponendo anche di intitolargli una base militare in Polonia: Fort Trump, avrebbe dovuto chiamarsi. Sulla guerra in Ucraina, però, i due la pensano diversamente. Per Duda i Paesi della Nato dovrebbero aumentare ulteriormente la loro spesa militare e tenersi pronti per un confronto diretto con Mosca. Trump, invece, ha detto chiaramente di non essere interessato a proteggere i partner europei dell’Alleanza Atlantica.

C’è un altro Donald, però, che è sulla stessa lunghezza d’onda di Duda, per quanto riguarda la guerra in Ucraina: è il primo ministro polacco, Donald Tusk. La politica estera, però, è una delle rare cose che presidente e premier hanno in comune: i due provengono da famiglie politiche completamente diverse e non sono mancati gli scontri da quando Tusk è andato al governo. Cioè dall’anno scorso,  dopo otto anni di Diritto e Giustizia al potere. Tusk è diventato premier promettendo di ripristinare lo stato di diritto nel Paese e accusando il partito ultranazionalista di averlo smantellato, pezzo dopo pezzo, anno dopo anno. Alle elezioni il PIS è comunque risultato lo schieramento più votato, anche se non è riuscito a mettere insieme una maggioranza. I sondaggi in vista delle prossime elezioni europee ci dicono che sarà un testa a testa con la Coalizione Civica, il partito di Tusk.

Il Podcast di Fanpage.it che racconta l'Ue al voto

Fanpage.it ha realizzato un podcast che si chiama "Inversione a Eu" e racconta tutti i Paesi membri e le regioni dell'Unione verso le elezioni, tra equilibri politici nazionali e sfide europee: si può ascoltare al link di seguito.

Diritto e Giustizia, il partito sovranista polacco

Diritto e Giustizia è stato fondato oltre vent’anni fa dai gemelli Kaczynski e dal 2015 è sempre rimasto nella maggioranza di governo fino allo scorso anno. Alle elezioni generali del 2023 il Pis è risultato comunque il partito più votato, ma non è riuscito ad assicurarsi la maggioranza. Un’alleanza formata dalla Coalizione Civica, Terza Via e La Sinistra ha avuto successo e ha formato un governo con a capo proprio l’ex presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.

Tusk si è insediato dopo cinque anni di governo di Mateusz Morawiecki, esponente di spicco di Diritto e Giustizia, che con le sue politiche ha attirato l’attenzione europea e internazionale. Negli ultimi anni il Pis è stato duramente criticato, tra le accuse di aver smantellato lo stato di diritto e di aver promosso misure illiberali e autoritarie, nonché discriminatorie verso le minoranze.

Gli esponenti del Pis si sono opposti ad esempio al diritto all’aborto e ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, affermando che oltre ai migranti il “nemico numero uno” della Polonia sia proprio la comunità Lgbt, che (a loro dire) mette a rischio i valori cristiani della famiglia tradizionale. Non solo, come accaduto in altri Paesi del gruppo Visegrad – che riunisce alcuni Stati dell’Europa centrale – il governo polacco guidato da Morawiecki ha ostacolato la libertà di stampa e l’indipendenza della magistratura.

In Europa il Pis fa parte del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, guidati da Giorgia Meloni, mentre la Piattaforma civica fa riferimento al Partito popolare, il PPE. La delegazione polacca al Parlamento europeoè consistente: 52 eurodeputati attuali, che diventeranno 54 dopo le elezioni del 9 giugno, per effetto dell’aumento dei seggi a Strasburgo. Al momento la maggior parte degli eurodeputati polacchi sono inseriti in ECR: sono ben 27. Altri 16 fanno parte del PPe, 7 dei Socialisti e Democratici, 1 nei liberali del gruppo Renew e 1 nei Verdi.

Il ritorno allo stato di diritto

La Polonia per anni è stato il prototipo dell’ascesa dell’estrema destra nazionalista e clericale al potere. Ora però le cose sembrano in controtendenza. Secondo gli ultimi sondaggi l’estrema destra sarebbe in calo, mentre crescono soprattutto i Popolari. Il voto europeo in Polonia è particolarmente interessante per studiosi e analisti: da un lato il risultato potrebbe dimostrare che l’avanzata delle forze più estremiste e populiste non è inarrestabile e conclusiva. Dall’altro, che la democrazia è più resiliente di quello che si pensi, indipendentemente dalle politiche illiberali del governo.

Ciò che è certo, è che la Polonia sta tornando centrale nel panorama europeo. E questa è una buona notizia per l’Ucraina. Non solo sul tema degli aiuti e del sostegno militare, ma anche per i rifugiati che sono stati ospitati nel Paese dallo scoppio della guerra, circa un milione. Nessun altro Paese europeo ne ha accolti tanti. Quello della guerra è uno dei temi principali della campagna elettorale. Ma non è l’unico. Anche le proteste degli agricoltori potrebbero essere decisive nel risultato del voto, con l’elettorato rurale più incentivato a recarsi alle urne per difendere i suoi interessi. Come gli agricoltori di altri Paesi europei, anche quelli polacchi manifestano contro alcune politiche del Green Deal, considerate troppo restrittive e insostenibili per il settore. Ma puntano anche il dito sull’impatto dei prodotti ucraini nel mercato.

Guerra e agricoltura al centro della campagna elettorale europea

L’Unione europea ha deciso di liberalizzare il commercio di prodotti agricoli con l’Ucraina, nel tentativo di sostenerne l’economia, messa in ginocchio dalla guerra,  ma questo ha causato problemi soprattutto ai Paesi confinanti – come la Polonia – i cui mercati sono stati invasi da prodotti a basso prezzo, penalizzando la produzione locale. I sondaggi mostrano che oltre la metà degli agricoltori, una fetta di elettorato importante,  voterebbe per il Pis alle prossime elezioni.

Tanti, allo stesso tempo, non hanno dimenticato che il partito di Morawiecki era al governo quando l’Unione europea ha deciso di aprire il mercato libero ai prodotti ucraini. Alla fine, molto dipenderà dall’affluenza: all’ultima tornata elettorale tanti agricoltori non sono andati a votare, lasciando che altre categorie sociali – come i giovani e le donne – avessero un impatto pesante sul risultato. Anche a giugno la mobilitazione civica avrà un peso importante. In che modo questa si metterà in moto, però, è ancora da vedere.

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