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La Malesia apre la caccia ai bimbi gay: se ne avvistate uno, chiamate le autorità

La Malesia trova una soluzione al “dramma” dell’omosessualità: convincere le nuove generazioni che essere gay è un crimine contro l’umanità. E suggerisce metodi innovativi per stanare i bimbi-gay: pare amino i colori accesi e le grandi borse…
A cura di Anna Coluccino
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Essere omosessuali, in Malesia, è illegale. Lo è anche praticare sesso orale (e già mi immagino le retate anti-cunnilingus in camera da letto) ma questa è un'altra storia. Il primo ministro malese lo ha chiarito più e più volte: "i gay sono anti-islamici che non hanno alcun ruolo nella società malesiana". Come altro deve ripeterlo? Non c'è posto per i gay! andassero a delinquere altrove!

Ciononostante, e in barba ai divieti del governo malese, gli omosessuali non smettono di esistere e – quindi – di delinquere. Eppure delle istituzioni malesi tutto si può dire ma non che non si siano seriamente impegnate nel tentativo di porre rimedio a questa piaga, a questo errore evolutivo, a questa malattia genetica che – non si sa perché – porta alcune donne e uomini ad essere gay e quindi (gioco forza) criminali. In Malesia hanno provato di tutto: a rieducarli all'interno di campi speciali, a fustigarli, a incarcerarli e persino ad ammazzarli, ma niente. Niente. I gay continuano ad esistere e si ostinano ad essere gay. E quel che è peggio è che la società civile comincia ad tollerare la loro esistenza. Anzi, gli omosessuali malesi cominciano a guadagnare grandi spazi di manovra: possono uscire insieme la sera, star seduti in spiaggia l'una accanto all'altra, andare a vivere segretamente insieme, amarsi senza che nessun connazionale si indigni oltremodo. Proprio come se fossero persone normali. Questo significa che la società è corrotta, assuefatta al crimine. Nel mese di agosto – addirittura – l'escalation criminale omosessuale ha raggiunto il culmine dell'efferatezza. Il reato è stato addirittura ostentato, senza vergogna, senza pietà: due gay si sono uniti in matrimonio. E allora ecco che appare ragionevole la reazione del governo malese che, vedendo la nazione travolta da una simile ondata di criminalità impudente, si trova costretto a porre rimedio. E lo fa nel modo, da sempre, più efficace: recuperando i deviati prima che la deviazione li conduca all'illecito, ovvero educando le nuove generazioni al rispetto della legalità.

Attaccare i potenziali criminali finché sono piccoli, vulnerabili, plagiabili, indifesi, incoscienti: ecco la soluzione al dramma dell'omosessualità. Bisogna convincere le nuove generazioni che essere gay è un crimine contro l'umanità e che non c'è cosa peggiore al mondo dell'innamorarsi di un individuo dello stesso sesso. Ma ecco che, a questo punto, sorge un altro problema. Come riconoscere un baby-omosessuale? Se infatti negli adulti la propensione al crimine si evidenzia con sufficiente chiarezza, i baby-omosessuali vanno stanati facendo attenzione ai piccoli particolari. Ma anche qui il governo viene incontro alle esigenze dei genitori e degli insegnanti fornendo loro un vademecum in cui sono riportati i primi possibili sintomi di omosessualità. I maschietti-gay, infatti, sembrano preferire colori sgargianti e grandi borse, per la femminucce-gay invece la faccenda si complica: l'unica cosa che le caratterizza è una spiccata preferenza per la compagnia femminile e il desiderio di dormire con altre donne. Ma la diligenza delle istituzioni malesi non si ferma qui. Non basta, infatti, offrire agli educatori gli strumenti per riconoscere innate inclinazioni al reato di omosessualità. Lo stato deve farsi carico, in prima persona, della caccia e della rieducazione del baby-delinquente. E allora ecco che l'organizzazione di corsi e seminari che siano di supporto per insegnanti e genitori in questa lotta al crimine diventa, per il governo malese, un dovere morale. Già dieci seminari sono stati organizzati dalla Fondazione degli Insegnanti della Malesia a questo scopo e – come sottolinea un portavoce della Fondazione: "Si tratta di eventi multi-religiosi e multi-culturali. D'altronde, tutte le religioni sono, fondamentalmente, contro questo tipo di comportamento". Si tratta quindi di un evento di apertura, di tolleranza che spera di innescare una collaborazione multi-culturale e multi-religiosa allo scopo di liberare il mondo dalla piaga dei gay.

REU GUATEMALA/

Esiste però un problema logico che le pur attentissime istituzioni malesi non hanno considerato. L'atto di delinquere presuppone la famosa capacità di intendere e di volere. Il crimine è – quindi – un atto intenzionale, un atto di volontà, una scelta precisa. Se l'omosessualità è illegale (come recita l'ordinamento giuridico malesiano) si presuppone che l'individuo scelga di vivere nell'illegalità e quindi non esistono i sintomi capaci di prevederlo. Possono esistere condizioni specifiche e contesti che influenzano la scelta del singolo, che ne indirizzano il futuro (e in questo senso il contesto sociale malese non appare così gay-friendly da far venir voglia di essere gay…) ma non esiste nulla in giurisprudenza che possa essere definito come "sintomo di una scelta". Come può un bambino avere i "sintomi" di una scelta che compierà o sta per compiere? Il concetto di sintomo non attiene alla legge, attiene alla medicina e indica l'insorgere di una patologia. Si può quindi sostenere che l'omosessualità sia una malattia e che perciò vada curata fin dal suo manifestarsi. Ma se di malattia si tratta, da quando in qua i malati si curano a frustrate? Da quando in qua vanno in carcere e non in ospedale?

Occorre quindi che il governo malese si chiarisca (quanto meno) le idee. Se proprio non riesce a lasciare che le persone vivano i loro amori come e con chi meglio credono, se è davvero così poco libertario da voler imporre la propria visione delle relazioni a un'intera nazione, se avverte nell'omosessualità una reale minaccia alla comunità, se intende andare a caccia di bambini-gay, almeno decida se considera l'omosessuale un delinquente o un malato e si comporti di conseguenza. Perché altrimenti sembra una guerra senza regole né principi, una guerra ideologica, sistemica, di potere; sembra che il governo voglia imporre una visione culturale che nulla ha a che fare con la giustizia e il benessere collettivo o individuale; sembra che non ci sia semplice ignoranza alla base di certi ragionamenti, ma malafede; sembra che il problema non sia l'esistenza dell'omosessuale-in-sé ma il suo desiderio di vivere libero, alla luce del sole, senza nascondersi o costringersi in relazioni socialmente accettate; sembra che il problema sia che questo sfacciato contravvenire a regole millenarie possa mettere in crisi i vecchi sistemi di potere che grazie a quelle regole sopravvivono e si arricchiscono; sembra che l'unico obiettivo sia impedire che la società smetta di riconoscere a quelle regole valore e sensatezza; sembra che ciò che il governo ha davvero a cuore non sia il benessere dei cittadini, ma la conservazione del del potere. Sembra.

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