Iraq: raffica di attentati a Baghad. Il Papa all’Onu: “Proteggere i cristiani”

Iraq sempre più nel caos dopo l'avanzata dell'esercito islamico dell'Isis a Nord con violenze e distruzioni e la crisi politica interna. Il clima di paura ha coinvolto ormai anche la capitale Baghdad che dopo gli episodi di ieri questa mattina è stata squassata nuovamente da diverse esplosioni frutto di una serie di attentati sanguinari in città. Il primo episodio questa mattina presto quando un attentatore kamikaze si è fatto esplodere contro un posto di blocco nei pressi dell'abitazione del nuovo primo ministro iracheno designato, Haider al-Abadi, fortunatamente senza provocare altre vittime. Come rendono noto fonti della polizia citate dai media locali, "l'attentatore suicida si è fatto saltare in aria contro un posto di blocco a sicurezza della casa del primo ministro" senza provocare morti. Più tardi però altri due attentati compiuti con autobomba hanno causato almeno sei morti oltre a decine di feriti a Baghdad. Nel primo caso l'esplosione, avvenuta nel quartiere sud-occidentale di Bayya, ha causato 2 morti e 9 feriti, mentre nel secondo caso l'obiettivo è stata una stazione di polizia nel quartiere occidentale di Amil dove ci sono state altri 4 morti e una decina di feriti.
La crisi politica in Iraq e i massacri dell'Isis
Intanto prosegue la crisi politica irachena con il primo ministro uscente Nuri al Maliki che ha ribadito oggi di non avere nessuna intenzione di dimettersi, fino a quando la Corte Federale non si sarà espressa sul suo ricorso alla nomina del nuovo premier Haydar al Abadi. Al Maliki infatti giudica la nomina del suo successore da parte del consiglio nazionale e del presidente iracheno come "una violazione della Costituzione". Nonostante abbia perso il sostegno non solo del potenze occidentali ma anche dell'Iran, al Maliki dunque non rinuncia alla sua battaglia mentre nel Paese infiamma la guerra. A quanto si apprende, infatti, i jihadisti continuano la loro avanzata compiendo violenze e massacri anche sulla popolazione civile soprattutto contro la minoranza degli Yazidi e i cristiani.
La lettera del Papa all'Onu per fermare le violenze in Iraq
Sulla tragedia irachena è intervenuto anche Papa Francesco che in una lettera all'Onu ha chiesto di proteggere le minoranze e la comunità cristiania in Iraq. In un messaggio al segretario del Nazioni Unite Ban Ki-Moon, il Pontefice ha chiesto un intervento dell'Onu per porre fine alla tragedia umanitaria in Iraq e proteggere i cristiani colpiti o minacciati dalle violenze, ricorrendo alle norme previste dal diritto internazionale. Papa Francesco incoraggia "tutti gli organi competenti dell'Onu, in particolare quelli responsabili per la sicurezza, la pace, il diritto umanitario e l'assistenza ai rifugiati, a continuare i loro sforzi" perché "gli attacchi violenti che stanno dilagando lungo il nord dell'Iraq non possono non risvegliare le coscienze di tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad azioni concrete di solidarietà". "Le tragiche esperienze del XX secolo e la più elementare comprensione della dignità umana costringono la comunità internazionale, in particolare attraverso le norme e i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto ciò che le è possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose" ha concluso Bergoglio.
La Francia invia armi in Iraq
Intanto in campo internazionale dopo gli Stati Uniti si muovono ora anche Gran Bretagna, Francia e Unione Europea. L'Alto Rappresentante Ue per gli affari esteri, Catherine Ashton, si è detta pronta ad organizzare un consiglio esteri Ue straordinario sulle crisi in Iraq, Gaza e Ucraina già a partire da questa settimana e sta verificando le disponibilità con gli Stati membri. Il primo ministro britannico David Cameron invece è rientrato nel Regno Unito interrompendo le vacanze e presiederà a breve una riunione del comitato d'urgenza sulla crisi in Iraq per prendere decisioni immediate. La Francia infine, oltre al lancio di aiuti per la popolazione che arriveranno già oggi, ha deciso di inviare anche armi "al fine di rispondere alle necessità urgenti espresse dalle autorità regionali del Kurdistan". Secondo l'Eliseo l'invio di armi e mezzi militari serve a "sostenere le capacità operative delle forze impegnate contro lo Stato islamico".