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Il Premio Nobel Malala attaccata dai talebani: “Addestrata da Occidente”

In un comunicato i talebani pachistani hanno accusato Malala, che ieri ha ricevuto il premio Nobel per la Pace, di essere stata “addestrata” per combattere la società islamica in base “a un piano segreto dell’Occidente”.
A cura di Susanna Picone
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L’ultima accusa alla giovane Malala Yousafzai, che ieri ha ricevuto insieme a Kailash Satyarthi il premio Nobel per la Pace a Oslo, è arrivata dai talebani pachistani. Talebani che hanno duramente accusato Malala di essere stata “addestrata” per combattere la società islamica in base a “un piano segreto dell’Occidente”. L’attacco a Malala è arrivato tramite un comunicato di cinque pagine inviato all’Ansa di Islamabad dal gruppo armato fondamentalista Tehrik e Taliban Pakistan (Ttp). Scrive così il portavoce Muhammad Khurassani: “Purtroppo il padre di Malala è una persona avida che usa sua figlia per ottenere una fama mondiale e guadagnare soldi”. Il rappresentante del Ttp spiega poi che i talebani non sono contro il diritto all'istruzione, ma che sono contro il sistema educativo occidentale che, a loro dire, “fa un lavaggio del cervello ai bambini”. Malala Yousafzai, che oggi ha 17 anni, fu attaccata nel 2012 dai talebani proprio per le sue campagne per il diritto allo studio delle bambine.

Il sogno di Malala: diventare premier

“Racconto la mia storia non perché è unica – ha detto Malala mentre ritirava il premio Nobel per la Pace – ma al contrario perché non lo è: è la storia di tante ragazze”. “Se potessi servire il mio Paese nel modo migliore attraverso la politica, diventando primo ministro, allora sceglierei sicuramente di farlo”, ha detto ancora la giovane pachistana in un'intervista alla Bbc. “Voglio servire il mio Paese e il mio sogno è che il Pakistan diventi un Paese sviluppato e che ogni bambino riceva l'istruzione. Fin dall'inizio ho avuto questo desiderio di vedere i bambini andare a scuola, e ho iniziato la mia campagna”, ha aggiunto Malala, che ha anche detto di ispirarsi a Benazir Bhutto, uccisa nel 2007 dopo aver ricoperto per due volte l'incarico di premier in Pakistan. “Il premio Nobel – ha detto ancora la giovane attivista – è molto importante per me e mi ha dato più speranza, più coraggio, ma anche molte più responsabilità. Ma vedere che molte persone sono con me mi fa sentire più forte”.

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