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Il Parlamento europeo chiede (di nuovo) agli Stati membri di ridurre l’Iva sugli assorbenti

Lo chiede la commissione petizioni del Parlamento europeo, che ha analizzato un’istanza sull’abolizione dell’Iva al 22% sugli assorbenti e sui prodotti sanitari femminili: “Alla luce delle considerazione fatte la commissione si riserva scrivere alla presidenza di turno slovena del Consiglio Ue indicando la richiesta di impegnarsi affinché si possa raggiungere l’accordo su un’aliquota ridotta comune su questi prodotti”.
A cura di Annalisa Girardi
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I Paesi Ue abbassino l'Iva sui prodotti sanitari femminili: è quanto chiede la commissione petizioni del Parlamento europeo su iniziativa di Eleonora Stancato e Arianna Campagnuolo. Le due italiane hanno presentato un'istanza sull'abolizione dell'Iva al 22% sugli assorbenti e sui prodotti sanitari femminili. Il tema discusso in sede di commissione riguardava le discriminazioni di prezzo basata sul genere. Quindi l'abolizione dell'Iva al 22% sugli assorbenti e sui prodotti sanitari, la tassa sui prodotti femminili e la riduzione o l'abolizione dell'Iva sui prodotti sanitari destinati alle donne nell'Unione.

La presidente della commissione petizioni, l'eurodeputata Dolors Montserrat, ha commentato: "Alla luce delle considerazione fatte la commissione si riserva scrivere alla presidenza di turno slovena del Consiglio Ue indicando la richiesta di impegnarsi affinché si possa raggiungere l'accordo su un'aliquota ridotta comune su questi prodotti". Durante il dibattito invece Klara Kronsteiner, funzionaria della direzione generale per la fiscalità alla Commissione europea, ha sottolineato che che "la direttiva sull'Iva elaborata dalla Commissione Ue comprende un tasso standard per l'Iva negli Stati membri, che non può essere inferiore al 15%, ma anche la possibilità di un tasso ridotto speciale che può scendere fino al 5%. Ciò significa che stando alle norme Ue gli Stati membri possono ridurre in certi casi l'Iva".

Il Parlamento europeo già quest'estate aveva approvato una risoluzione che esortava tutti gli Stati membri a rafforzare il diritto alla salute, spettro in cui era compresa anche la questione dell'Iva sui prodotti mestruali. In particolare, nella decisione del Parlamento europeo si sottolineava l'importanza di rimuovere le barriere ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e si spiegava come questi ostacolassero il progresso verso la parità di genere. Infine Si evidenziavano tutti gli effetti negativi che portava con sé la Tampon Tax e si chiedeva ai Paesi membri di eliminarla nel tentativo di mettere un punto alla cosiddetta period poverty, cioè l'impossibilità di molte donne di comprare i prodotti di igiene femminile.

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