Il drammatico racconto di Amira, schiava dell’Isis: “Pagano e ti portano via”

Amira ha 17 anni e per venti lunghissimi giorni è stata schiava dei miliziani dell’Isis in Iraq. Ha raccontato la sua storia al Corriere della Sera: Amira – il suo vero nome in realtà è un altro che però lei non vuole svelare – è una ragazza del clan yazidi dei Mahlo originaria del villaggio di Qatania. Non si fa fotografare e dice di aver paura per le donne della sua famiglia rimaste con i persecutori: “Devono essere furiosi per la mia fuga, se ora scoprono che parlo ai giornalisti potrebbero prendersela con loro”, ha spiegato. È stata portata dai miliziani “in un locale molto ampio, lussuoso, con poltrone, tappeti e tante lampade”. Lì insieme alle altre doveva subire lo sguardo degli uomini che le guardavano per sceglierle e comprarle. “Stanno nella sala, chiacchierano, ogni tanto tornano a guardarci – ha raccontato la 17enne Amira – quasi tutti ci prendono per la testa, ci costringono a guardarli negli occhi, vogliono che sciogliamo i capelli. Poi ci fanno girare per guardare anche da dietro”. I miliziani hanno tolto tutto alle ragazze che quindi non possono coprirsi: non hanno veli né scialli perché qualcuna ha provato a usarli per togliersi la vita impiccandosi. “Quando scelgono una donna la prendono per la mano. Quasi tutte gridano, implorano di restare, di essere uccise piuttosto. Non c’è troppa violenza, due guardiani spintonano quelle che resistono di più, le scortano alla porta. Loro piangono, quasi sempre piangono… Poi è finita. Tutte quelle che sono state prese non sono più tornate”, continua il drammatico racconto.
Prima di essere vendute, una ginecologa le ha visitate per controllare chi fosse ancora vergine e chi no: “Tutte quelle che sono state prese sono state portate in Siria, date in spose ai guerriglieri”, ha spiegato la ragazza al Corriere. “Ci sono uomini vecchi, con i denti gialli. Mi fanno schifo. Ho visto uomini di oltre sessant’anni prendere ragazze di diciassette. Non so quanto pagano, non so neppure se pagano”, ha continuato ancora. La giovane ha raccontato che veniva chiesto loro di convertirsi all’Islam: “Se lo avessimo fatto spontaneamente, tutto sarebbe stato più facile per noi. Saremmo diventate spose di arabi musulmani e state benissimo”. Nel suo racconto Amira ha negato di essere stata violentata. E ha descritto anche la sua fuga: “È stato il 24 agosto. Con altre due donne ci avevano portato al villaggio di Rabiah, a pochi chilometri dal confine. C’è stato un bombardamento. Il caos, scoppi, paura. Le nostre guardie dicevano che erano i caccia americani. Nel panico non hanno chiuso la porta del capannone dove stavamo. Così siamo scappate verso il deserto. Abbiamo incontrato un pastore, che ci ha accompagnato dai curdi. Gli dobbiamo la vita”.