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Crisi in Venezuela, Maduro risponde all’Europa: “Nessuno può darci un ultimatum”

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha respinto l’ultimatum di otto giorni dato da Bruxelles: “Si comportano con arroganza. Nessuno può darci un ultimatum. Se vogliono andarsene dal Venezuela, se ne vadano. Il Venezuela non è collegato all’Europa. Questa è arroganza. Le élite europee non riflettono l’opinione dei popoli europei”
A cura di Annalisa Cangemi
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha respinto l'ultimatum di otto giorni dato da Bruxelles: l'Europa ha chiesto di indire subito nel Paese nuove elezioni, visto che le ultime elezioni dello scorso maggio non sono state regolari; in alternativa l'Europa ha annunciato che riconoscerà l'oppositore, Juan Guaidò, come nuovo presidente. "Si comportano con arroganza. Nessuno può darci un ultimatum. Se vogliono andarsene dal Venezuela, se ne vadano", ha replicato Maduro in un'intervista alla Cnn Turk ripresa dai media internazionali. "Il Venezuela non è collegato all'Europa. Questa è arroganza – ha ribadito – Le élite europee non riflettono l'opinione dei popoli europei". Lo scontro senza esclusioni di colpi si sta manifestando sullo sfondo di una grave crisi economica nel Paese.

L'autoproclamato presidente Guaidò, smentendo le accuse di un complotto con gli Stati Uniti, ha lanciato un appello: "Soldati del Venezuela, non reprimete le proteste pacifiche. Avete una responsabilità chiara in questo momento", aggiungendo che "le forze armate sono state mobilitate per creare paura. Sappiamo che dovete mantenere l'ordine, ma dovete capire che stiamo rispettando la Costituzione".

In Venezuela ci sono più di 300 prigionieri politici, cittadini sottoposti a torture e all'ingiusta giustizia del regime, per aver alzato la voce e lottato per una nazione libera, democratica e giusta. Anche per loro ci sarà l'amnistia", ha detto ancora il leader dell'opposizione. Guaidò aveva già assicurato che l'amnistia sarebbe stata offerta allo stesso Maduro e alle forze a lui fedeli se avessero accettato di "mettersi dalla parte della Costituzione per recuperare l'ordine istituzionale".

Il braccio di ferro sta coinvolgendo anche Stati Uniti e Russia, che si collocano su opposti schieramenti. "Se ci saranno minacce contro Juan Guaidò", contro i diplomatici Usa, o contro l'Assemblea nazionale del Paese "la risposta degli Stati Uniti sarà significativa". sono le parole del consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Bolton. "Ogni atto di violenza o intimidazione – ha ammonito Bolton su Twitter – rappresenterebbe un grave attacco alla legalità e provocherà una risposta significativa". Il consigliere alla sicurezza nazionale ha messo in guardia anche Cuba, invitandola a non sostenere le forze paramilitari che fanno capo a Nicolas Maduro.

Il Cremlino dal canto suo ha smentito la notizia che un contingente militare russo sia stato inviato in Venezuela per proteggere il presidente Maduro. "Certamente, non è vero", ha detto il portavoce della presidenza Dmitry Peskov. Ieri la Reuters aveva reso noto che, secondo alcune sue fonti, circa 400 contractor privati erano partiti per il Venezuela per schierarsi al fianco del presidente. Su questo punto Peskov ha risposto così: "La paura ha cento occhi".

Il governo italiano non sta partecipando allo scontro con un'unica voce: "Io spero che quel regime comunista cada il prima possibile perché quello è un regime di fame", ha detto oggi pomeriggio Matteo Salvini dal palco di Sulmona. Il pentastellato Alessandro Di Battista ha criticato la posizione del ministro degli Interni: "Non tifo per Maduro, ma occhio che ci stanno cittadini che protestano e altri che lo sostengono. L'Ue deve supportare il tentativo di mediazione di Messico e Uruguay. Se dai un ultimatum si creerà la stessa situazione che si è creata in Libia. L'Ue deve scongiurare la possibilità di un intervento armato".

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