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Carestia in Somalia: a rischio la vita di 13 milioni di persone

Sempre più drammatica la situazione somala dove la carestia sta uccidendo milioni di bambini. Fondamentale l’aiuto della comunità internazionale: ma bisogna muoversi in fretta.
A cura di Susanna Picone
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La carestia sta devastando sempre più il Paese.

È sempre più devastante la carestia che da mesi sta colpendo la Somalia e il Corno D’Africa. È a rischio la vita di almeno 13 milioni di persone, un numero enorme che fa probabilmente di questa ferita la più difficile da curare dagli ultimi 50 anni. La fame e la siccità unite poi alla grave crisi politica della Somalia rendono il momento a dir poco drammatico.

Sono sei le regioni per il momento maggiormente colpite: Basso Shebele, Bakool meridionale, Shebele centrale, regione di Bay, corridoio di Afgoye e Mogadiscio ma è quasi certo, che date queste premesse, l’emergenza si espanderà presto anche ad altre zone.

I dati più tristi sono quelli che riguardano i bambini

bambino somalo

La preoccupazione maggiore, come sempre in questi casi, tocca i bambini. La Somalia ha oggi, secondo il dato che emerge dal rapporto dell’Igme (Gruppo delle Inter-agenzie delle Nazioni Unite per la stima della mortalità infantile, guidato dall’Unicef e dall’Oms), il più alto tasso al mondo di mortalità infantile sotto i cinque anni. Nel 2010 si è segnato un tasso di mortalità infantile pari a 180 decessi ogni 1000 bambini nati vivi, il più alto al mondo considerando che ovunque le morti evitabili di bambini piccoli sono scese dal 1990 del 35%. Se già prima di quest’ultima crisi per i bambini era difficilissimo sopravvivere in questo Paese, oggi la situazione diventa di giorno in giorno più drammatica ed è destinata a peggiorare notevolmente con l’arrivo delle piogge. Insieme alle piogge infatti arriveranno nuove epidemie come la malaria e la polmonite e tutto contribuirà a far aumentare ancora di più il tasso di mortalità.

La situazione politica

Anche la situazione politica non è d’aiuto ai problemi già enormi del Paese. La Somalia ha convissuto per vent’anni con una guerra civile esplosa dopo la caduta di Mohammed Siad Barre nel 1991. Oggi, l’adozione della roadmap approvata lo scorso 6 settembre a Mogadiscio dal presidente Somalo, Sharif Scheick Ahmed, dai responsabili dell’autoproclamata regione autonoma del Puntland nel nord-est, e dalla milizia filo-governativa Ahlu Sunna Wal Jamaa, regala nuove speranze alla popolazione. L’accordo prevede una nuova costituzione, in vigore dal 1 luglio 2012, e immediatamente dopo libere elezioni entro il 20 agosto. Speranze che però non risolveranno la carestia e per questo è necessario l’intervento di tutti a favore della Somalia.

esodo somalo

A tal proposito si è avuto in questi ultimi giorni un minisummit a margine della 66esima Assemblea Generale dell’Onu. Italia, Gran Bretagna e Uganda si sono riunite al Palazzo di Vetro in un incontro presieduto dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon e con la partecipazione del Ministro degli Esteri Franco Frattini. Il Ministro ha parlato della necessità di risultati immediati per combattere la crisi, le autorità federali di transizione dovranno impegnarsi per fornire subito alla popolazione i servizi base. La gente non può permettersi più di aspettare. Frattini ha poi ricordato l’importanza della riconciliazione politica del Paese che presuppone l’impegno delle autorità federali alla collaborazione con le entità regionali.

Anche la sicurezza è una delle tante piaghe somale: “La pirateria non si combatte in mare ma in terra con la prevenzione, la rimozione di cause profonde, anzitutto la povertà delle zone costiere e la punizione dei responsabili con la creazioni di tribunali che possano giudicarli in Somalia”, questa l’indicazione di Frattini per evitare che altre vicende come quella della Savina Caylyn possano verificarsi.

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