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Manovra, spunta l’ipotesi di una tassa sulle sim card. Castelli frena: “Siamo contrari”

Nelle ultime ore circola l’ipotesi di una tassa sulle sim card dei telefonini della clientela business dei gruppi di telecomunicazioni da inserire nella legge di Bilancio. Una possibilità che non piace ai sindacati di categoria e su cui frena anche il viceministro all’Economia, Laura Castelli: “L’ipotesi preoccupa molto sia noi 5 Stelle che le aziende e trova la nostra ferma contrarietà”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Credit: Yui Mok/PA Wire
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Una tassa sulle sim card della clientela business dei gruppi di telecomunicazioni: in sostanza una tassa sulle schede dei telefonini. Questa è l’ipotesi emersa nelle ultime ore e che potrebbe essere inserita in manovra. Anche se dal governo, attraverso il viceministro dell’Economia, Laura Castelli, arriva una secca smentita: “L'ipotesi di tassare le sim ricaricabili preoccupa molto sia noi 5 Stelle che le aziende di telecomunicazioni, nonché i consumatori, anche per il grave impatto che avrebbe sullo sviluppo del settore e sul livello occupazionale. Anche le proposte alternative di tassare ulteriormente la clientela business, da più parti sollevate, trova la nostra ferma contrarietà. Saremo fermi su questo”.

L’ipotesi di una tassa sulle sim è stata riportata da Radiocor che spiega come questa possibilità abbia suscitato molto allarme tra i rappresentanti del settore. I sindacati di categoria temono possibili conseguenze non solamente sulla clientela ma anche per tutto il comparto. Vito Vitale, segretario generale della Fistel Cisl, spiega: “In queste ore si va profilando nella manovra finanziaria una nuova tassa sulle sim card che va a colpire il mercato business delle piccole, medie e grande aziende. Siamo contrari alla penalizzazione del mercato delle tlc attraverso interventi fiscali. Il comparto avrebbe invece necessità di essere sostenuto per gli ingenti investimenti tecnologici necessari alla digitalizzazione del Paese”.

La nuova tassazione, spiega ancora il sindacalista, dovrebbe portare nelle casse dello Stato, se mai dovesse essere attuata, circa un miliardo di euro. Il rischio è quello di “aumentare i costi delle imprese e di diminuire i ricavi per le aziende di telecomunicazioni. Tutto ciò, in un mercato già stressato dal costo delle licenze 5G, potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla tenuta occupazionale. Questo intervento indebolirebbe ulteriormente l'insieme del sistema”. L'ipotesi viene ritenuta una tassa sbagliata concettualmente anche da Fabrizio Solari, segretario della Slc Cgi:  “Le tlc sono alla base della digitalizzazione della Pa e del Paese, immaginare di tassare questo settore significa ritardare lo sviluppo dell'Italia. Si pagherebbe un conto salato dal punto di vista di minor prodotto interno lordo. Capisco la necessità di reperire risorse, ma questa è una scelta errata”.

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