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Recovery Plan, le proposte degli archeologi: “Puntare sul patrimonio culturale diffuso”

Dalle associazioni che rappresentano gli archeologi, compresi quelli del MiBact, arriva un documento ricco di proposte per il rilancio dell’archeologia e della cultura da inserire nel Recovery Plan. Il principio di base è: chiudere con la logica degli aiuti a pioggia e puntare sul patrimonio culturale diffuso, non solo sui grandi attrattori turistici, oltre che su una digitalizzazione funzionale al rilancio economico e alla sburocratizzazione del Paese.
A cura di Redazione Cultura
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La proposta degli archeologi italiani per il Recovery Plan che l'Italia dovrà presentare all'Europa è chiara: puntare sul patrimonio culturale considerandolo un asset fondamentale del Paese per ripartire dopo la pandemia. Non relegare quindi le risorse da dedicare alla cultura a forme di sostegno per questo o quel pezzo di un sistema variegato, infinito, dispersivo, piccoli contentini e sussidi a favore di ristrette cerchie di interesse. Motivo per cui gli archeologi italiani, riuniti nelle varie sigle e associazioni che li rappresentano, intendono fornire un contributo di sostanza alla costruzione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nell'ambito del progetto Next Generation UE che porterà nelle casse del nostro Paese ingenti risorse per far ripartire seriamente l'economia e la vita sociale del nostro Paese.

Si tratta infatti, come si legge nel documento elaborato in maniera congiunta da associazioni che rappresentano gli archeologi italiani, sia i liberi professionisti e le imprese, sia i funzionari del Mibact, sia i professori universitari, di "un'occasione unica per il rilancio di una politica industriale per il settore dei beni culturali e per un piano di riforma e di investimenti per l’archeologia".

Le proposte contenute nell'articolato documento sono molteplici, tutte unite dalla critica verso un modello di aiuti a pioggia ed orientate a rilanciare la ricerca, la tutela e la valorizzazione del patrimonio archeologico da considerare un’autentica risorsa per la crescita dell’Italia. Il documento parte da un'osservazione tanto semplice quanto lampante: l'Italia è il paese della cultura diffusa su tutto il territorio, da Nord a Sud, motivo per cui è giunta l'ora di investire in un piano serio per il rilancio degli investimenti in un settore come quello archeologico, che tenga conto di questa condizione.

In parole povere: non esistono soltanto Pompei o il Colosseo e in generale i "grandi attrattori" su cui intervenire con finanziamenti a pioggia, anche perché dopo una pandemia che porterà volente o nolente a una profonda revisione del modo di fare turismo di massa, chiedono gli archeologi italiani, quanti milioni di visitatori in più potranno sostenere Pompei e il Colosseo oltre quelli che già affollavano la città vesuviana e l’anfiteatro flavio prima del covid?

In sintesi, per gli archeologi italiani le proposte da attuare col prossimo Recovery Plan riguardano la valorizzazione delle professioni nei beni culturali, a partire dal loro riconoscimento, favorire la pubblicazione dei risultati degli studi archeologici attraverso un'opera di digitalizzazione di tutto quel lavoro realizzato ma invisibile, inaugurare una massiccia operazione di schedatura e inventario di nuovi beni favorendo dunque l’incremento di valore economico apportato al patrimonio pubblico attraverso l’immissione di questi beni al Demanio. Proposta anche la detrazione delle spese per le attività culturali allo stesso modo di quanto già avviene per le spese sanitarie.

Si chiede inoltre, la messa a punto di un grande portale nazionale dedicato all'archeologia, che consenta di dare risposte rapide e affidabili, prima ancora di progettare un’opera, prevedendo così tutte le forme possibili per rendere compatibili tutela del patrimonio e modernizzazione del Paese, da integrare agli altri strumenti di catalogazione o di digitalizzazione del MiBACT, delle Regioni, dei Comuni e di ogni altro Ente si occupi di pianificazione e di intervento nelle città e nei territori.

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