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“Quando le belve arriveranno”: il secondo romanzo di Alfredo Palomba è brutale e tenero

Alfredo Palomba lascia la forma postmoderna e si immerge in un romanzo in prima persona che non lascia scampo. Dal 16 febbraio in libreria (Wojtek Edizioni).
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Quando le belve arriveranno” segna il ritorno di Alfredo Palomba in libreria, a due anni e due mesi di distanza dal brillante esordio che è stato “Teorie della comprensione profonda delle cose”, segnalato al Premio Calvino 2017, proposto per il Premio Strega 2020 e scelto per rappresentare il romanzo d’esordio italiano all’Europäisches Festival des Debütromans 2020 di Kiel. Il secondo romanzo esce il 16 febbraio con la stessa casa editrice che lo ha accompagnato al debutto, i tipi di Wojtek che tanto di buono stanno facendo dentro e fuori il mondo libro. Stesso editore, romanzo su frequenze completamente differenti rispetto al precedente.

Alfredo Palomba lascia la forma postmoderna e la sperimentazione polifonica, immergendosi in un romanzo tutto in prima persona che non lascia scampo sin dalle prime pagine. Un giovane uomo, di cui non conosciamo il nome, si trasferisce in una cittadina di una provincia del Nord per accettare un incarico come docente di sostegno in un Liceo artistico. Alle sue spalle, il vuoto di una vita familiare che lo ha ridotto al punto in cui lo ritroviamo: senza forze e senza speranza.

Ci proverà Haochen, il suo lavoro, a restituirgliela poco a poco. È un alunno cinese che soffre di un grave ritardo mentale e una paralisi celebrale infantile. Haochen ha un quoziente intellettivo bassissimo, ma osserva molto. Basta un niente che riesce a concentrarsi su qualsiasi cosa, tra tutte i video su YouTube. Ci proverà Francesca, una volontaria del servizio civile che nella scuola si occupa di aiutare gli alunni stranieri nell’inserimento e nell’alfabetizzazione: l’unica che riesce a scorgere tracce di purezza nel protagonista.

Forse non basterà, perché il carosello che gli gira intorno si fa sempre più minaccioso. Sono le belve. Vanni il bidello, lercio col mondo e anaffettivo con sua moglie Patti, accumulatrice seriale depressa; Antonio Amadei, il professore di Tecnologie, incel appassionato della vita di Elliot Rodger, l’autore del massacro di Isla Vista (7 morti, 14 feriti con il movente di essere ancora vergine), che crede di aver trovato nel protagonista un accolito fidato per la sua setta. Le belve si palesano a scuola, tra gli alunni viziati e i consigli di classe, ai quali il protagonista senza nome partecipa senza voglia perché disgustato dal pietoso narcisismo dei colleghi: “esseri umani costretti a condividere per anni gli stessi spazi, soffocando le rivalità e i rancori, sino ad abituarsi gli uni agli altri, annoiati perfino dall’odio reciproco”. Ci sono, in questi passaggi, elementi di un corporate horror à la Thomas Ligotti che non si leggono così spesso tra gli scrittori italiani.

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La vita scorre e i piani si confondono, così il reale lascia posto al metafisico. Il protagonista senza nome scorge macchie nere profonde come buchi emergere sui volti e sulla pelle delle persone; una mutazione sta avvenendo mentre sui muri delle strade un misterioso messaggio gli appare ogni volta davanti: VERITÀ PER CRISTIANA. Contestualmente, la stanza in cui alloggia – proprio presso casa di Vanni e Patti – si riduce di un centimetro ogni volta che accade qualcosa che lo allontana sempre più dal mondo delle relazioni. Quando lo spazio nella stanza è finito, mette in atto la sua personale rivoluzione. Solo contro tutti e sostituendosi a un qualche tipo di dio, il protagonista senza nome compie una scelta brutale e al tempo stesso tenera e profonda.

Quanto bene si può dire ancora di questa opera seconda di Alfredo Palomba, senza rovinare al lettore il gusto di provare da solo a guardare con gli occhi del protagonista senza nome? Per esempio, che il romanzo è capace anche di sterzare dal grottesco all’umoristico; se si è predisposti, in alcuni periodi lunghi in cui l’autore riesce a creare una tensione viva, si può alla fine anche lasciar partire una devastante risata amara. Chi nella lettura cerca conforto negli estremi, non resterà deluso.

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