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Perché non tutti i musei e le mostre riapriranno il 18 maggio

Nel piano del governo l’apertura di musei, siti archeologici e mostre è prevista per il 18 maggio. In attesa dell’ufficializzazione di linee guida sulle modalità di riapertura al pubblico e fruizione delle opere d’arte, ecco come si stanno preparando alcune istituzioni culturali italiane. Ma dal settore delle mostre arriva la denuncia sull’impossibilità di riaprire prima dell’autunno 2020.
A cura di Redazione Cultura
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Nel piano del governo l'idea, annunciata anche dal Presidente del Consiglio in conferenza stampa qualche giorno fa, è riaprire musei e mostre a partire dal 18 maggio. Il che significa che non tutti i musei saranno aperti per quella data, ma potranno farlo. Se ci riusciranno. È questo il punto dolente. Tant'è che in attesa della linee guida ufficialmente adottate sulle modalità con cui sarà possibile tornare nei musei e siti archeologici, oltre a tutto il settore delle mostre temporanee, cominciano a levarsi le voci di chi non riuscirà ad essere pronto.

Impossibile la riapertura delle mostre, secondo Arthemisia

Tra i primi ad esporsi il gruppo Arthemisia, uno dei leader nel settore delle mostre d'arte nel nostro Paese, che segnala la sorpresa nell'aver appreso di una riapertura il prossimo 18 maggio evidenziando che una riapertura "così ravvicinata non è tecnicamente sostenibile". Per diverse ragioni, si evidenzia nella nota inviata alla stampa, principalmente per il fatto che, avendo in questi mesi dovuto sostenere costi (in taluni casi, altissimi) in perdita per assicurare e tutelare le opere di mostre chiuse al pubblico, non è ragionevole l'ipotesi di "correre ulteriori rischi senza sapere se vi saranno aiuti e come si potranno portare avanti le attività".

Ragionevolmente, fanno sapere da Arthemisia, per mettere in sicurezza gli ambienti, sanificarli, ripensarli, "si sarà pronti non prima di settembre, con le misure adeguate". In ogni caso, l'impresa sembra economicamente non sostenibile.

Con le necessarie misure di sicurezza, potrà entrare una persona ogni 5 minuti, quindi al massimo 120 persone al giorno, con un incasso medio di circa 1.200 euro al giorno.  Il costo giornaliero medio di una mostra, considerando il personale di vigilanza e di biglietteria, le assicurazioni, gli affitti, le pulizie, ecc., si aggira intorno ai 6.000 euro.  È evidente che sarebbe del tutto antieconomico.

La situazione per musei e siti archeologici nazionali

Discorso diverso, ma non completamente, anche per i musei e siti archeologici nazionali. Se per alcuni parchi archeologici sarà più semplice, godendo di ampi spazi all'aperto, come Villa Adriana, il Parco archeologico di Paestum, così come quello di Pompei, che potrà riaprire gradualmente partendo dai suoi tanti spazi esterni, dalla palestra al teatro e al foro, per buona parte dei nostri musei pubblici la situazione è decisamente più complessa. Come nel caso del Museo Nazionale Etrusco, dove fa sapere ad Ansa il direttore Valentino Ninno, "non sarà possibile aprire prima di giugno, perché abbiamo le casse quasi vuote". Ciò in conseguenza del declassamento subito nei mesi scorsi dalla struttura disposto a suo tempo dall'ex ministro Bonisoli.

Ma anche i grandi musei autonomi sconteranno qualche difficoltà nel riaprire già dal 18 maggio, il che non significa che manchi la volontà di farlo. Motivazioni tecniche e burocratiche, innanzitutto, nell'adeguarsi alle linee guida che saranno ufficializzate la settimana prossima. In alcuni casi si partirà in ritardo, in altri parzialmente. Fondamentale sarà  la riduzione del numero di persone che potranno muoversi tra le sale e i corridoi. Già annunciata un'ampia riduzione del numero di visitatori dal direttore Eike Schimdt delle Gallerie degli Uffizi di Firenze, che ha annunciato l'intenzione di abbassare ancora il numero di persone che potranno essere presenti all'interno del museo: "Erano 900 prima del Covid, ora questo numero verrà ulteriormente ridotto" ha dichiarato sempre ad Ansa.

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