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Perché non riusciamo a toglierci dalla testa L’ultima poesia di Geolier e Ultimo

Geolier e Ultimo hanno unito le forze e i propri gusti musicali ne L’ultima poesia: ecco perché la canzone è volata in testa alle classifiche.
A cura di Federico Pucci
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L’ultimo frame del videoclip di L’ultima poesia, singolo di Geolier con la partecipazione di Ultimo, è un cartello scritto, bianco su nero, che dice: “La voce è del popolo”. La sentenza sembra ricalcare quella frase considerata proverbiale già nel 798, quando Alcuino di York lo riportava in una sua lettera al Re dei Franchi Carlo Magno: “[Le persone oneste] non dovrebbero ascoltare chi è solito dire che la voce del popolo è la voce di Dio, perché l’irrequietezza del popolo è sempre vicina alla follia”. Come per qualsiasi adagio, la sua applicabilità originale (politica) viene sacrificata a un significato più universale. È pratica comune, infatti, usare quest’espressione per determinare che il gusto della maggioranza è in qualche modo universale e sacro.

Sembrerebbe questo il caso anche per L’ultima poesia, dove l’artificio del video di far cantare agli attori, interpreti della gente comune (due coppie, una signora che stende i panni, un ragazzo che carica la frutta in una cassetta, due amiche in viaggio, un pizzaiolo al lavoro, e così via) potrebbe rafforzare un altro senso, che estrapoliamo dal contesto più ampio nel quale il brano vede la luce. Geolier e Ultimo sono, in effetti, due degli artisti ai quali si applicherebbe meglio una lettura conflittuale dell’espressione: da una parte c’è il popolo che canta la nostra musica, dall’altra qualcun altro, che probabilmente si reputa superiore al gusto popolare. Possiamo immaginare che ci si riferisca alla sala stampa del Festival di Sanremo che sia nel caso di Ultimo nel 2019, sia nel caso di Geolier nel 2024, ha votato per altri brani in gara rispetto alla soverchiante maggioranza di opinioni del televoto?

Forse no, come vedremo alla fine. Ma è quel che credono moltissimi degli ascoltatori che hanno lasciato un commento sotto il video, su YouTube, del tenore di “un saluto alla sala stampa di Sanremo” o “uno schiaffo morale agli imbecilli della stampa”. Ed è legittimo pensare che anche in questo caso la voce del popolo sia da tenere in alta considerazione. Del resto, L’ultima poesia è una canzone che sembra scritta per contenere in un solo abbraccio sia i gusti dei fan di Geolier, sia quelli dei fan di Ultimo: il tempo e il mood sono quelli di una ballad (termine che, come sappiamo, ha le sue complessità), cioè il genere privilegiato sia dal cantautorato pop (prevedibilmente) sia dal rap italiano (meno prevedibilmente).

L’ultima poesia è una canzone d’amore, e “al cuore non si comanda” – tanto per usare un altro detto popolare. I suoi contenuti sono quelli di tante ballad: la fine di una relazione; l’impossibilità di essere separati ma la difficoltà di stare insieme; l’incomunicabilità e la solitudine anche dentro una relazione. Sono temi che entrambi gli artisti hanno trattato spesso e – come abbiamo detto già da queste parti – la familiarità è parte essenziale di un successo pop. Ma – va ribadito, specie sotto Pasqua – dentro una proposta arcinota deve essere contenuta una sorpresa, un guizzo che catturi l’attenzione in modo istintivo, quasi inconscio. Quella che gli anglofoni che ci hanno dato le parole per spiegare il pop chiamano “novelty”. E in questo caso, non è difficile pensare che una novelty possa essere il featuring stesso.

Se vogliamo parlare di gusti popolari e gusti no, potremmo per esempio chiederci se chi ascolta Geolier sia anche ascoltatore di Ultimo, e viceversa. Difficile stabilirlo in modo puntuale, senza avere sotto mano dati molto profondi delle utenze Spotify o YouTube: bisognerà quindi affidarsi di nuovo ai commenti degli ascoltatori per provare a ipotizzare che no, le fazioni degli ascoltatori di Geolier e degli ascoltatori di Ultimo hanno un’intersezione tutto sommato minima. Del resto, basta vedere le discografie rispettive per provare a farsi un’idea.

Dal 2018 a oggi il rapper di Secondigliano ha collaborato con sole due voci melodiche pop (escludendo il progetto, più rap, con Gigi D'Alessio): Anna Tatangelo nel singolo di quest’ultima Guapo (2020); Giorgia in L’ultima canzone (2023). Temi simili (e un titolo che suona familiare!) per due brani che tuttavia rimandano a tutt’altro tipo di estetica: nel brano con Ultimo le parti dei due artisti sono quasi indistinguibili, a maggior ragione per il fatto che il cantautore romano intona un ritornello in napoletano, scendendo sul terreno di gioco di Geolier; nelle due canzoni con le suddette dive pop, invece, i ruoli sono distinti in modo più chiaro, con evidenti riferimenti estetici ai duetti rap-soul o alle fusioni latin pop. Per quanto riguarda Ultimo, le ultime collaborazioni con artisti hip-hop risalgono ai tempi in cui il suo pianeta gravitava intorno alla label Honiro (Tenebre di Sercho nel 2017, E fumo ancora di Mostro nel 2018). Eppure, la collaborazione tra questi due artisti in qualche modo quadra. Lo capiamo di nuovo andando a sbirciare sotto il videoclip: “da fan accanito di Ultimo e avendo gusti molto distanti da Geolier”, scrive qualcuno prima di fare un complimento; “ho appena scoperto di amare Ultimo”, dice d’altra parte un altro commento. Ma perché?

Perché la produzione di Takagi e Ketra e la scrittura di tutti gli autori coinvolti (oltre ai due artisti e ai produttori anche il solito Davide Petrella, JVLI e Poison Beatz) non si intromette nei rispettivi discorsi delle due star, e lavora per sintesi ed esclusione anziché aggiungendo ulteriori stimoli – qui l’unico stimolo extra da tenere a mente è la collaborazione tra due degli artisti più popolari dell’ultimo quinquennio. Nella prima metà del brano, Takagi e Ketra lasciano l’intera scena al pianoforte (a cui si aggiungono giusto dei violini megariverberati, probabilmente campionati, nel primo ritornello): una simile scelta di minimalismo, per quanto con un apporto percussivo ben più presente, la fecero già in un’altra rap-ballad di Geolier, Chiagne con Lazza; ma arrangiamenti paragonabili per scarsità di elementi e tempi altrettanto riposati si possono sentire anche in altre tracce, come Lonely o In trappola feat. Lele Blade.

Per quanto riguarda Ultimo, le ballad piano e voce sono il suo pane quotidiano. Non solo: la canzone crea lo spazio sufficiente alla voce del cantautore per alzare il volume del cantato e creare, così, uno strappo dinamico sufficiente a catturare l’attenzione di chi ascolta. Non è un’invenzione esotica: l’ABC del pop dice che un ritornello cantato a pieni polmoni funziona come una sveglia che trilla sul comodino, e forse anche per questo la discografia di Ultimo è piena di strofe-piano/chorus-forte, da I tuoi particolari a Ti dedico il silenzio, da Ovunque tu sia a Occhi lucidi – una canzone come Sogni appesi, con il suo flow quasi-rap e un arrangiamento davvero scarno, deve essere tornata in mente a molti fan di Ultimo quando hanno fatto partire quest’ultimo singolo. E dopotutto, se – come abbiamo detto – il gioco di pesi e volumi nel drop è fondamentale nella costruzione della memorabilità delle canzoni di Geolier, il ritornello sparato a cannone può fungere da sostituto di questo esercizio di pressione in modo più che decente, anche stando lontano dai modelli compositivi EDM e avvicinandosi semmai alla tradizione.

L’ascoltatore, insomma, vuole essere guidato per mano anche su una strada che conosce a memoria. L’ultima poesia fa esattamente questo: non conduce a una destinazione sorprendente e non segue direzioni inusuali; piuttosto, è un circolo che riporta al punto di partenza, come il viaggio dell’eroe dei racconti mitici, dell’epica e delle fiabe, che inevitabilmente torna a casa. Anche Geolier e Ultimo, eroi di una parte del pubblico italiano contro i villain rappresentati dalla stampa musicale, tornano al punto di partenza un po’ cambiati ma tutto sommato uguali a loro stessi, senza cioè che abbiano tradito alcuna delle loro peculiarità artistiche – e non è cosa da poco, in un’epoca affamata di featuring a ogni costo.

L’unico spunto di novità, la ragione del viaggio, o la “novelty” se vogliamo sta nell’uso del napoletano da parte di Ultimo – e secondo il nostro personale e inaffidabile pool statistico, i commenti di YouTube, la maggioranza schiacciante delle persone ha proprio avvertito questa peculiarità, peraltro esprimendo apprezzamento. La voce del popolo, si potrebbe dire, parla in italiano e in napoletano senza differenze. E forse è questo il vero messaggio del brano: non la lotta fra artisti e critici, ma l’unione culturale di un Paese con culture, background sociale e abitudini linguistiche disparate. Dove però, a ben vedere, stiamo tutti dicendo la stessa cosa.

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