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Opinioni

Perché leggere l’ultimo fumetto di Zerocalcare è un’occasione per perdonarsi e perdonare

“Quando muori resta a me” è l’ultimo fumetto di Zerocalcare, al secolo Michele Rech. La storia del viaggio in macchina tra il protagonista e suo padre diventa un modo per raccontare cosa significhi sentirsi “un eterno pischello” e quanto sia difficile comunicare con chi ci sta accanto, soprattutto con le persone che amiamo.
A cura di Eleonora Di Nonno
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"Quando nasce un figlio, nasce un genitore". Nessuno dei due possiede un manuale d'istruzioni, neanche uno illustrato da Zerocalcare, al secolo Michele Rech. Così, ecco che con gli anni gli errori, gli sbagli e i non detti si accumulano, fino a trasformarsi in un mostro "Mer-Man", come quello disegnato da Zero, difficile da scacciare via. In Quando muori resta a me, il fumettista racconta un viaggio insieme al genitore 1 (suo padre) con cui è difficile "immaginare come sarebbe un dialogo intimo". Un'incomunicabilità "ereditaria" che viene trasmessa di generazione in generazione: "Una catena che unisce tutti i maschi della famiglia, padri che non parlano coi figli, che non parlano coi figli…".

Sarebbe ingenuo pensare che le vignette del libro siano dedicate esclusivamente al rapporto con i propri genitori perché la potenza dell’opera è proprio nella trasversalità delle tematiche trattate. Prima tra tutte, la difficoltà nel dialogare con chi ci è accanto e la tentazione di costruire muri: "Pensa alle mura aureliane, c'hanno duemila anni e so l’unica cosa che sta in piedi a Roma". Poi, il tema dell’"eredità", argomento che dà il titolo all’opera. Quel "Quando muori resta a me" sta a sottolineare ironicamente come, alla morte del genitore 1, tutto ciò che gli è appartenuto rimarrà al figlio. Non è solo un lascito materiale, ma soprattutto un patrimonio "spirituale", inteso come quelle dinamiche acquisite crescendo in una determinata famiglia o società.

Si legge tra le righe il desiderio di "uccidere il padre", un delitto simbolico – anche se, ammettiamolo, potrebbe essere interessante la svolta splatter di Michele Rech – che rappresenta la volontà di liberarsi dalle aspettative dei genitori sui figli. Quella del padre di Zero, per esempio, è che "gli faccia un nipotino". La domanda “Quando è che fai un figlio?” tormenta così tanto il protagonista da spingerlo a chiamare alle 3 di notte la sua unica amica "che non si è ancora riprodotta". Uno scambio che fotografa con grande lucidità lo zeitgeist attuale, il sentirsi "un eterno pischello" a 40 anni (come anche a 18, 25, 30…) senza aver chiaro cosa si voglia (o si possa) avere dalla vita. Zerocalacare riesce a raccontare magistralmente la contemporaneità e la conferma è arrivata anche tramite il Rapporto Italia 2024 dell’Istat, diffuso il 16 maggio 2024: "Due trentenni su tre vivono ancora a casa dei genitori, i giovani sono sempre più poveri, allarmante calo demografico ecc…".

Nelle pagine di Zero c’è come sempre anche tanta divertente saggezza, un esempio è il consiglio che viene dato per bocca di Sarah: "Ricorda la sacra legge delle conversazioni sulla procreazione altrui, che regola il vivere civile di quando parli con qualcuno che non c’ha figli. O li voleva e non gli sono venuti, e allora non gli devi rompere il cazzo, o non li voleva. E allora non gli devi rompere il cazzo". Le pagine di Quando muori resta a me sono dense di emozioni, dai rimpianti, al senso di colpa "che non te lo spiega nessuno" fino alla paura di invertire i ruoli tra genitori e figli (l’autore dice che il rischio è che "svacchi tutto"). Zerocalcare è sempre abile ad ingannarti, fa ridere, fa la battuta in romanaccio e infine ti prende per mano e ti fa guardare allo specchio. Leggere Quando muori resta a me è un modo per capirsi e capire, perché, come avverte l’autore, "Tutte le emozioni di questo libro sono state provate veramente". Non c’è bisogno di un "duolinguo emozionale" per interpretarle.

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