Michele Bravi: “Temo l’Alzehimer che ha colpito mia nonna, Lino Banfi mi ha aiutato a raccontarlo”

Michele Bravi ha portato a termine il progetto in tre parti intitolato Lo ricordo io per te che prima è diventata una canzone, poi un cortometraggio con protagonisti Lino Banfi e Lucia Zotti e infine un libro edito da Feltrinelli. Il cantautore ha raccontato l'Alzheimer che ha colpito sua nonna Graziella e lo ha fatto attraverso gli occhi del nonno Luigi e di se stesso bambino. Lo ricordo io per te è un viaggio nella malattia ma filtrata dagli occhi dei nonni e del gioco, quello usato per raccontarglielo. La nebbia, il nascondino, la Luna, ma anche una promessa di matrimonio rinnovata per i 50 anni, momento in cui sua nonna, ormai malata, recuperò per un attimo la lucidità. In questi giorni è stato pubblicato il libro per bambini da Feltrinelli e abbiamo colto l'occasione pr parlarne con il cantautore che ci ha anche raccontato di come Lino Banfi – che ha vissuto in prima persona la malattia, che colpì la moglie Lucia – sia stato un nonno e un compagno di riprese perfetto.
Michele, il progetto come nasce?
Stavo scrivendo Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi, il disco che ho pubblicato nel 2024, mi sono reso conto che c'erano tante storie diverse, così ho cominciato a chiedermi cosa non avessi scritto e mi sono reso conto che non ho mai scritto una canzone sui miei nonni.
Come mai?
Non per qualche ragione di pudore, semplicemente non ci avevo pensato, perché è talmente tanto vivo il loro ricordo che non l'avevo mai messo su carta. Comincio a scrivere, e mi rendo conto che era una delle poche volte in cui l'avevo già chiara, in testa, la canzone.
Sapevi già da dove partire e dove arrivare?
Sì, avevo vivo questo ricordo della frase che diceva mio nonno: "Lo ricordo io per te" e ho capito che era il fulcro della canzone. Dentro volevo metterci le fasi centrali della loro vita, compresi i punti di svolta della storia e, ovviamente, la parentesi sulla malattia che è stata un pezzo enorme della loro relazione. Quando ho iniziato a scrivere queste varie fasi mi sono chiesto se anche loro avessero avuto i problemi classici di una coppia, tipo i tradimenti, così sono andato a casa loro e ho cercato di capire se ci fosse materiale.
E cosa hai trovato?
Ho ritrovato l'anello di fidanzamento e una fotografia sgranatissima di quando mio nonno, per l'anniversario di 50 anni di matrimonio, volle risposare mia nonna, benché lei fosse già nella malattia. Radunò la famiglia e facemmo questa cerimonia: mia nonna era un po' confusa, non aveva la percezione di quello che avveniva, però proprio in quel momento ebbe un attimo di lucidità. Quando ho ritrovato quella foto mi sono reso conto che quel pezzo di storia lo potevo raccontare anche con le immagini.
Tuo nonno è riuscito a vedere il tuo successo?
In parte sì, ma non l'ha mai capito benissimo, lui è sempre rimasto molto concreto, aveva un pragmatismo incredibile e un modo di vivere certe cose che era talmente buffo che lo portava a essere sempre lui il protagonista.
Tipo?
Ti faccio un esempio: la prima volta che andai a Domenica In, a un certo punto Mara Venier lo saluta in diretta. Da quel momento, per un paio di settimane, mio nonno continuava ad andare in giro per il paese, ci chiedevamo tutti dove andasse, che facesse. E abbiamo scoperto che lo faceva perché tutte le signore anziane gli facevano la corte, lo avevano sentito da Mara… Amava giocare con questa questa cosa.
Ti ha incoraggiato?
Mi incoraggiava nel senso che ha sempre avuto un occhio molto attento sul tema dell'impegno, dello studio, del rispetto del lavoro. Che sia campo creativo o un campo pratico, l'impegno è sempre richiesto, quindi tutte le volte che mi redarguiva era perché voleva che mi impegnassi, anche se non capiva totalmente quello che facevo.
Quando e come ti sei reso conto di quello che stava avvenendo?
Devo dire che mia nonna è stata fortunata nel decorso della malattia, così la prima parte, per me che ero bambino, era divertente.
Divertente?
Sì, perché per esempio, finivamo di pranzare, sistemavamo tutto e poi si ripranzava e poi si ripranzava ancora, perché lei si dimenticava che l'aveva appena fatto. Oppure la sera voleva tornare a casa dei suoi genitori, perché non riteneva opportuno che dormisse nella stanza col nonno. Per un bambino era divertente lo sbalzo temporale, poi è chiaro che è arrivata la parte più drammatica, quando oltre ai ricordi viene meno la personalità. Per fortuna, alla fine si trova sempre un modo di comunicare, riuscivi a connetterti con una modalità diversa.
Come hai chiesto a Banfi di partecipare al progetto?
Prima di scrivere a Lino ci ho messo tanto tempo, sapevo che per lui era un tema calda, ma grazie a Mara Venier ce l'ho fatta. Mara per me è un'amica del cuore e conosce molto bene la realtà dell'Alzheimer, così le ho chiesto se fosse il caso di scrivere a Lino, non volevo farlo stare male, ma lei ci ha messo subito in contatto. Lui ha voluto ascoltare la canzone e che gli raccontassi il progetto, poi mi ha detto immediatamente di sì.
Te lo saresti mai immaginato di girare un video con lui?
Per niente, a un certo punto mi sono trovato Lino che girava per casa dei miei nonni – perché abbiamo girato tutto lì, nei loro luoghi – interpretando nonno Luigi, c'ero io che lo dirigevo, una cosa senza senso, incredibile! Tra lui e la nostra famiglia era un susseguirsi di esperienze comuni, che testimoniavano la stessa cosa, come il fatto che l'Alzheimer tende a isolare molto la famiglia, perché è difficile spiegarlo da fuori.

Ci sei rimasto male di non averlo potuto portare al Festival di Sanremo dove ha gareggiato un'altra canzone, quella di Cristicchi, sul tema?
Assolutamente no, per me è stato comunque un fatto positivo: quella tematica mi appartiene, indipendentemente da quello che è successo a mia nonna, perché c'è anche un discorso di componente genetica. È importante che se ne parli, indipendentemente da chi lo faccia. La decisione di proporla per Sanremo aveva più a che fare con una questione emotiva, perché la finale sarebbe capitata il giorno dell'anniversario di matrimonio dei miei nonni.
Quindi nessun problema con Carlo Conti…
Ma ci mancherebbe, Carlo mi potrebbe pure fare il torto peggiore del mondo, non me ne accorgerei, anche perché se non fosse stato per lui, che mi scelse la prima volta, io non esisterei, quindi gli sarò sempre grato. Carlo è stato più di un gentiluomo, ha avuto delle modalità stupende nel gestire quella cosa.
Prima ma parlavi della questione generica delll'Alzheimer: ci pensi? La temi?
Come no, ci pensiamo in casa, soprattutto io e mia sorella. A casa mia sono tutti medici, ci sono mille opinioni, però diciamo che la regola di base dice che dai 30 anni si potrebbe iniziare a fare dei controlli e io e mia sorella ormai ci siamo. Però è una cosa che fa parte della nostra storia, chissà se farà parte pure della nostra storia futura, però è una cosa che è lì, però il modo che i miei nonni mi hanno dato di vivere le disgrazie mi salva da tutto.
Che ti hanno insegnato?
Che si può resistere a tutto: loro sono stati bambini sotto le bombe, hanno avuto una vita disgraziata, la loro vita è la dimostrazione che si può veramente resistere a tutto. Ovviamente non me lo auguro e non lo auguro a nessuno della mia famiglia, però se dovesse capitare sappiamo che lo si può gestire, con difficoltà ma lo si può fare.