Iva Zanicchi: “Ho scoperto che so far ridere. Rimpianti? Le foto per Playboy, mamma disse a papà che era Famiglia Cristiana”

Un viaggio nel mondo di Iva Zanicchi presuppone ripassare gli ultimi 50 anni della televisione e della musica italiana: un viaggio che conta 10 partecipazioni con 3 vittorie al Festival di Sanremo, ma anche 13 anni di conduzione di Ok il prezzo è giusto con il racconto del primo incontro con Silvio Berlusconi. Poi il successo di Zingara, che avrebbe potuto non cantare: "Questa canzone inizialmente doveva cantarla Gianni Morandi e Bobby Solo. La loro casa discografica non amava fare Sanremo, ma il Cantagiro. In quell'anno si ritirò dal Festival e quindi fui raggiunta dagli autori della canzone, Riccardi e Albertelli, che mi proposero di provare il brano". Un piccolo fermo immagine sulle foto per Playboy nel 1979 per la promozione del brano scritto da Cristiano Malgioglio e una riflessione su ciò che sta accadendo negli ultimi giorni con il sito Phica.eu, di cui è anche lei vittima. Qui l'intervista a Iva Zanicchi.
Come stai? Che periodo stai attraversando?
Sono stata una settimana in Sardegna con mia figlia, ma ho lavorato un sacco nel resto dell'estate. Faccio concerti, mi diverto, ho sempre tanta gente attorno a me.
Come si è trasformato negli anni quest'affetto?
Senza presunzione, sento l’affetto della gente: la cosa che mi sorprende e mi diverte è che ci siano un sacco di ragazzi, anche sui social che mi mostrano entusiasmo, alcuni urlano e io mi diverto ancora tanto con loro.
Ti rivedremo in tv? C'è un programma che ti piacerebbe condurre?
Siamo in un momento particolare, perché ci sono delle proposte sia da parte della Rai che di Mediaset, che per me è come una casa ormai. Ma non posso parlarne perché è tutto ancora vago: avrò qualcosa da proporre, ma aspetto anche loro.
Che tipo di personaggio rivedremo?
Ho scoperto che posso anche divertire le persone. Questo è un tasto che voglio coltivare: il divertimento, la leggerezza, qualche barzelletta. Ma naturalmente la musica resta la mia passione, non posso lasciarla da parte. Mi piacerebbe fare un programma variegato, con tanta musica ma anche tanto divertimento, pochi ospiti ma buoni.
Ti vedremo in cucina?
Francamente, credo che l’argomento cucina sia un po’ inflazionato. Tutti fanno cucina, in qualsiasi trasmissione e a qualsiasi orario. Penso che bisognerebbe darsi una regolata. Per contrastare questa tendenza, sto scrivendo un libro. Non è sulla mia vita, ma sulla mia vita vista attraverso il cibo.
Una piccolissima anticipazione?
Ricordo quando ero piccola e mia mamma non riusciva a capire perché mi ammalassi, mi allattava e non capiva quale fosse il problema. Una mia zia, vedendo che avevo sempre fame, mi preparò il pancotto. Una ricetta semplice, con pane, acqua, un filo d’olio e uno spicchio d’aglio. Al primo boccone smisi di piangere. È stato il primo cibo che ricordo davvero.
E invece la prima volta che hai cantato?
Ho cominciato da piccolissima. Mia mamma mi portava nell’osteria di famiglia. Non c'era ancora la radio e la televisione, le donne non potevano ancora entrare. Io avevo pochissimi anni e ricordo che mi mettevano seduta sul bancone, vicino a mia nonna che serviva le bevande. Cantavo già allora, a tre o quattro anni.
E la prima volta in cui hai capito che quello poteva essere un lavoro, insieme alla televisione? Quando hai capito che la musica poteva diventare una professione?
Non ci crederai, ma è sempre stato dentro di me. Sin da piccolissima ero certa che sarei diventata cantante. Non era facile: ho sofferto, ho fatto sacrifici, non avevo soldi per pagare lezioni, non mangiavo per poter pagare il mio maestro. Ma avevo la volontà, il fuoco dentro che mi spingeva ad andare avanti.
E il primo provino?
Sì, quando ho partecipato a Castrocaro, al concorso Voci nuove. Al primo provino tutti dicevano che avrei vinto e che sarei andata a Sanremo. Era un’emozione incredibile. Un giornalista mi disse: "Mi hanno detto che vincerai tu, ci vediamo a Sanremo".
Poi cos'è successo?
Io rimasi senza voce dall’emozione, completamente "svociata" Alla finale di Castrocaro cantai malissimo per il nervoso, ma da lì arrivò comunque la possibilità di un contratto discografico. Poi, col tempo, mi sono preparata meglio. Il mercato discografico mi ha aperto le porte e sono stata fortunata: ho vinto tre volte Sanremo e una volta sono arrivata terza con L’Arca di Noè. Per me Sanremo è sempre stato un posto felice.
Come ti sentivi alla tua prima partecipazione, in mezzo al gotha della musica italiana e internazionale?
C’erano anche artisti stranieri, il livello era altissimo. Noi arrivavamo da debuttanti e se le cose andavano bene, dopo tre giorni non potevi nemmeno girare per strada. Ricordo Caterina Caselli: era il nostro primo Sanremo. Lei aveva una canzone bellissima, Nessuno mi può giudicare. Mi disse anche che avrebbe preferito cantare la mia dopo averla sentita, per fortuna si esibì con quella. Dopo che la cantò, davanti al suo albergo c’erano centinaia di giovani che la acclamavano. Scene indimenticabili.
E oggi, Sanremo è ancora la cornice principale della musica italiana. Tu che lo hai vissuto in quasi tutta la sua storia, come lo vedi cambiato negli anni?
In realtà Sanremo non è cambiato, è cambiata la musica. Cambiano i gusti, le mode. Ma Sanremo resta l’unico evento capace di lanciare una canzone o un cantante in pochissimi giorni. Nessun’altra manifestazione ha questa forza. Certo, le sonorità oggi sono moderne, ma resta sempre importante la melodia. Per me continuerà a essere un faro.
Nel tuo ultimo Festival, hai qualche ricordo particolare?
Sentivo che sarebbe stato il mio ultimo da concorrente, anche se lo scorso anno, Carlo Conti mi ha voluto premiare con un premio alla carriera bellissimo. Ho voluto portare sul palco una canzone come Voglio Amarti, in cui c'era anche la mano di Celso Valli. Un grande arrangiatore, tra i più grandi artisti italiani.
Solo poche settimane fa, ci lasciava Pippo Baudo, qual è il tuo ricordo?
Baudo è stato la televisione, ma non solo. Ha fatto il patron della musica italiana con consigli su consigli. Quando si dovevano ascoltare le canzoni, lui ti seguiva dappertutto con gli arrangiamenti: non era uno che aveva il brano e poi se ne disinteressava perché c'era la casa discografica. È stato il numero uno.
Tra i tuoi maggiori successi sanremesi c'è Zingara.
Anche se non è il mio brano più venduto, basti pensare a 1.3 milioni di copie di Un fiume amaro, è la canzone con cui sono conosciuta in tutto il mondo. E pensa che ho rischiato di non doverla cantare.
Perché?
Questa canzone inizialmente doveva cantarla Gianni Morandi e Bobby Solo. La loro casa discografica non amava fare Sanremo, ma il Cantagiro. In quell'anno si ritirò dal Festival e quindi fui raggiunta dagli autori della canzone, Riccardi e Albertelli, che mi proposero di provare il brano, mentre stavo registrando i provini di altre canzoni per il Festival. Partì la scaletta iniziale e non ebbi più dubbi: quello è il successo di quella canzone, abbiamo stravinto il Festival poi.
C’è qualche nuova Iva Zanicchi che tu vedi nel panorama musicale italiano?
Ci sono tantissime interpreti bravissime, ma ognuno segue il proprio percorso. Un po' come quelle della mia generazione, penso a Vanoni, Milva, Patty Pravo, Gabriella Ferri, Gigliola Cinquetti, Marcella Bella, Caterina Caselli e tante altre ancora.
Senti ancora qualcuna?
Vanoni ogni tanto, mi diverte tantissimo è simpaticissima. Poi io amo Caterina Caselli.
E invece che ricordi hai di Ok il prezzo è giusto?
Memorabile. Mi ricordo la prima chiacchierata con Silvio Berlusconi, in cui gli facevo presente che non ero mica Mike Buongiorno e poi la mia passione era la musica. Aveva un fascino incredibile, me la raccontava talmente bene che mi aveva già convinto. Mi diceva che avrei provato qualche mese di registrazione e che poi sarei ritornata ai miei concerti e alla mia musica.
E infine?
Ci sono rimasta per 13 anni (ride n.d.r). Quell'uomo aveva un potere magnetico.
E invece la storia di Playboy?
L’unica cosa di cui mi pento tanto, ma posso prendermela solo con me stessa. All'epoca cantai Playboy, scritta da Cristiano Malgioglio, e il direttore di Playboy Italia mi contattò per chiedermi di posare per le foto. Mi rassicurò che sarebbero uscite solo in quell'edizione, non l'avrei vista da nessun'altra parte. Poi mi resi conto e cominciai a girare tutti i paesi vicini al mio, comprai tutte le copie di tutte le edicole. Nessuno mi aveva obbligato, mia madre sapeva.
E tuo padre?
Era in montagna con un amico toscano che gli disse: "Ma com'è bella la tua figliola". Lui immaginò per la mia carriera musicale, quando tornò a casa mia madre dovette rimediare.
Come?
Gli disse che avevo fatto un servizio fotografico bello, su Famiglia Cristiana. Mio padre era severo, comandava in casa, ma mia madre lo faceva ballare.
In merito a un tema d'attualità, come le foto e i video pubblicati senza consenso, cosa pensi?
Fa schifo, è una violenza incredibile. È vergognosa come situazione e se la vivessi, lo caccerei di casa e non lo farei avvicinare neanche ai miei figli.
Sai che c'erano threads anche su di te?
No, è la prima volta che lo sento, me lo dici tu. È una conseguenza di questi tempi moderni e non c'è nessuna legge che ci tutela. Non c'è rispetto per nulla e nessuno. Sai come li chiamavamo questi uomini?
Come?
Magnaccia. Farebbero prostituire le proprie mogli, le proprie fidanzate, le proprie figlie. Fanno schifo, penso che una donna che scopre questo del suo partner non può perdonare. Mio marito non l'avrebbe neanche pensata una cosa del genere.
Recentemente la scomparsa di Fausto Pinna. Qual è il primo ricordo che ti viene in mente?
Siamo stati 40 anni insieme, non è possibile trovarne uno. Siamo stati assieme con allegria, con amore, con rispetto. Mi manca tantissimo, soprattutto quest'agosto, il suo ricordo è stato più vivo che mai. Non riesco a parlarne molto, perché per me è come se fosse morto ieri. L'altro giorno, il mio impresario mi mandò una nostra foto. Riguardando le immagini mi si è rinnovata la mancanza, il dolore. So che ho una grande capacità di parlare al pubblico, ma all'interno soffro molto la solitudine, mi manca anche fisicamente. Spero che stia bene, che mi stia sempre vicino.