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Il balletto Sylvia di Louis Merante e Léo Delibes compie oggi 140 anni

Il 14 giugno del 1876 al Teatro dell’Opéra di Parigi andò in scena la prima rappresentazione del balletto Sylvia ma il successo planetario lo si conseguì con le coreografie di sir Frederick Ashton nel 1952.
A cura di Massimiliano Craus
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Durcey Bussell e Roberto Bolle in Sylvia
Darcey Bussell e Roberto Bolle in Sylvia

Il balletto Sylvia è uno dei più noti titoli del repertorio di chiara matrice mitologica ed arcadica del soggetto. Negli anni Settanta dell'Ottocento, del resto, prendeva sempre più piede l'onnipresenza del coreografo Marius Petipa, genio marsigliese del balletto romantico e padrone dell'intero repertorio pietroburghese del Teatro Marinskij. Sin dalla Figlia del faraone del 1861, passando per il Don Chisciotte del 1869 e fino a La Bayadere del 1877, Marius Petipa aveva ben presto snocciolato l'interesse crescente per i nuovi lidi esplorati dalle corazzate nazionali europee e le rispettive culture. Procedimento più o meno raccolto da Louis Merante, coreografo della Sylvia di quegli anni, imbarcatosi nel più avventuriero viaggio nel tempo fino a scomodare dee, ninfe e pastorelli. Del resto la curiosità di quegli anni non aveva confini, a quanto pare neanche tanto temporali. E così ci troviamo nel bel mezzo del repertorio ottocentesco un titolo di balletto tratto dall'Aminta di Torquato Tasso del 1573.

Il balletto Sylvia non ebbe un gran successo all'epoca della prima rappresentazione ma, in verità, per parecchie produzioni successive non fu mai apprezzato da critica e pubblico. Quasi a finire nel dimenticatoio dei ballettomani, annoverandolo come un balletto del compositore Léo Delibes più che del coreografo Louis Merante e delle successive versioni. Eppure la cornice del Teatro dell'Opéra di Parigi doveva bastare ai criticoni del tempo, soprattutto per i nomi più o meno altisonanti della primissima rappresentazione parigina quali Rita Sangalli nelle vesti di Sylvia, lo stesso coreografo Louis Merante in quelli del protagonista Aminta, Marco Magri in Orione e Louse Marquet in Diana. Il successo tardò arrivare, salvo l'intervento risolutore di Sir Frederick Ashton nel 1952. Il coreografo inglese sognò di reinventarsi una Sylvia in onore del compositore Léo Delibes e ne creò una tutta nuova cucita addosso alla prima ballerina dell'epoca Margot Fonteyn, poi diva del balletto mondiale di tutti i tempi. Quella versione ha dato nuova linfa a Sylvia, entrata immediatamente nel novero dei grandi titoli del repertorio ed interpretata dai più grandi ballerini del mondo.

La Sylvia di Léo Delibes tratta dall'Aminta di Torquato Tasso

Sylvia al Teatro dell'Opera di Roma
Sylvia al Teatro dell'Opera di Roma

Sylvia ou La nymphe de Diane è l'originale libretto di Jules Barbier e Baron de Reinach tratto naturalmente dall'Aminta di Torquato Tasso del lontanissimo 1573. Qui il pastore Aminta ama Sylvia, ninfa fedele alla dea della castità Diana. Quando il protagonista le dichiara il suo amore, la ninfa se la prende con la statua di Eros, colpevole di infiammare i cuore degli uomini, e lo mira con arco e frecce. Quando però Aminta si lancia per proteggere la statua di Eros, viene egli stesso colpito dal dardo e cade al suolo. La vendetta di Eros non si fa attendere e, a sua volta, colpisce la ninfa Sylvia facendola innamorare del pastore, proprio quando il perfido Orione riesce a rapirla e condurla nella sua grotta. Il secondo atto è un salto nel buio della protagonista, abile a far ubriacare il suo rapitore e fuggire con l'aiuto prezioso di Eros. Il terzo atto è ambientato nei pressi del tempio di Diana, adirata con l'innamorata errabonda Sylvia e del suo Aminta. Qui però è ancora Eros il deus ex machina che svela il passato di Diana, innamorata lei stessa in gioventù di un pastore e dunque invitata a perdonare i due protagonisti e lasciarli al loro destino.

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