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Governo giallorosso Pd-M5S: nel programma manca la cultura

Se il nuovo governo formato da M5S e PD crede di decapitare la Bestia di Salvini con una congiura di palazzo, congelando l’IVA oppure cambiando legge elettorale si sbaglia di grosso: serve cambiare radicalmente gli elettori investendo massicciamente sul grado di cultura e senso civico degli italiani.
A cura di Andrea Melis
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Spaventa, nei 26 punti del programma del nuovo governo appena rilasciato online, il modo sistematico con cui il cosiddetto governo giallorosso, frutto dell’accordo M5S e Pd, abbia decapitato qualunque argomento legato al mondo della cultura.
Emblematico il punto 19 in cui si mescolano infrastrutture e scuola"occorre tutelare i beni comuni, come la scuola, l’acqua pubblica, la sanità. Anche le nostre infrastrutture sono beni pubblici ed è per questo che occorre avviare la revisione delle concessioni autostradali". Come si possa mescolare il ruolo sociale della scuola con una qualunque strada o acquedotto lascia sgomenti. Eppure, con grande risalto i giornali riportano l’ultimo punto programmatico, il numero 26, dedicata a Roma Capitale, dove ci risulta che già da alcuni millenni i nostri avi avessero risolto sia il problema dell’acqua che delle strade che della cultura. Ma davvero il PD e il M5S si scordano che l’Italia è il Paese più ignorante d’Europa? Che la nostra lingua è ormai scomparsa anche dai libretti d’istruzioni delle lavatrici, surclassati dal turco e dal cinese? E’ accettabile che un governo dimentichi in una programma di Governo come l’unico luogo in Cina dove si senta parlare italiano non è certo il comparto industriale ma le quinte dei grandi teatri in cui si mettono in scena i nostri secolari capolavori Lirici? Si può parlare di futuro solo attraverso misure sul salario minimo ignorando che se ancora ci annoverano tra le grandi potenze è solo perché viviamo di rendita grazie alle stagioni passate in cui la cultura ci faceva brillare come un faro nel mondo di moda, cibo, design, inventiva?

Mai come oggi viene da rimpiangere un piccolo gigante come Antonio Gramsci, morto nell’inedia dei giusti, capostipite di quel mondo di cui il PD si scimmiotta erede, quando dalla sua cella fredda, stretto nella sua giacchetta turbercolotica ammoniva:

Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo.
Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza.

A leggere invece i 26 punti di questo programma poco cambia se sia figlio di un miscuglio giallo-verde o giallo-rosso: resta lo sgomento di un buio culturale senza fine, in cui l’unico scopo sembra essere “arrocchiamoci, perché abbiamo bisogno di tutte le poltrone di potere che restano”. Con questo programma di governo di sicuro non aumenterà l’IVA, ma non aumenterà neppure la speranza di salvezza del nostro Paese. Non c’è una parola sui teatri, sul cinema, sui festival, sul mondo delle associazioni culturali che stanno da sole in trincea lontano dai riflettori a difendere editoria, fotografia, scultura, musica mentre tutta l’attenzione è stata polarizzata solo dal controllo dell'informazione e dalle ONG che si occupano di immigrazione. Davvero questo Governo pensa di salvare l’Italia con formule obsolete come:  "il progetto di innovazione e digitalizzazione della P.A. costituisce una misura particolarmente efficace per contribuire allo sviluppo e alla crescita economica e culturale del Paese", senza spiegare in che modo occuparsi di digitalizzare la burocrazia rappresenti un passo avanti nella cultura di un Paese dove l’analfabetismo funzionale è alle stelle, e dove i governi si decidono nei 140 caratteri di un Tweet? Davvero a sinistra, e nella posizione sedicente post ideologica del Movimento 5 Stelle, non si è imparato nulla dai vent’anni di Berlusconismo che con le sue televisioni fondate su veline, reality show e editti contro gli intellettuali liberi (chi si ricorda di Enzo Biagi?) ha livellato la cultura italiana trascinando con sé anche il servizio pubblico? Davvero nel PD e nel M5S ci si illude che perché i demagoghi con il vizietto autoritario non si prendano l’ennesima valanga di voti alle prossime elezioni basterà cambiare ancora la legge elettorale e non gli elettori e cioè il livello culturale del nostro popolo? Salvini tornerà più forte che mai, e forse ci saranno populisti peggiori di lui se continuiamo a permettere che la meglio gioventù d’Italia scappi all’estero mentre qui resti la parte più vecchia, stanca, ignorante e rassegnata del Paese.

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Andrea Melis (Cagliari, 1979), grafico, videomaker e scrittore, ha pubblicato articoli di cultura, interviste, inchieste e racconti per riviste e quotidiani nazionali e stranieri. Tra i membri fondatori del Collettivo Sabot, ha firmato romanzi insieme ad autori come Massimo Carlotto e Francesco Abate, tra cui Perdas de Fogu (E/O, 2008). La sua prima opera in poesia, #Bisogni, una selezione di versi autoprodotta in mille copie grazie a una campagna di crowdfunding, è andata esaurita in poco più di un mese. Il suo ultimo libro è edito da Feltrinelli, Piccole tracce di vita. Poesie urgenti (2018). Collabora come autore di testi con artisti, illustratori, fotografi, musicisti e compagnie teatrali di tutta Italia. Scrive editoriali poetici per FanPage.it
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