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Dai domiciliari Baby Gang rappa l’indifferenza e il razzismo della società con Sfera, Geolier e Marra

Baby Gang ha pubblicato il suo terzo album in studio: si tratta di L’Angelo del male. Il progetto della consacrazione per l’autore di Lecco, una voce adesso impossibile da ignorare.
A cura di Vincenzo Nasto
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Baby Gang, foto di Comunicato Stampa
Baby Gang, foto di Comunicato Stampa

Esattamente 11 mesi dopo Innocente, Baby Gang, nome d'arte di Zaccaria Mouhib ha pubblicato il suo terzo progetto ufficiale: si tratta di L'Angelo del male. 16 tracce, 18 artisti presenti nel progetto e un lavoro alle produzioni che ha coinvolto nomi come Higashi, 2ndRoof, Michelangelo, Poison Beatz e Bobo. Alla presentazione del disco, avvenuta in Warner, non è stato possibile discutere del progetto con l'artista, al momento ai domiciliari, a causa della decisione del giudice che non gli ha concesso il permesso. Al suo posto, il suo team e l'ospite d'eccezione Paola Zukar, che ha definito il lavoro del giovane autore italiano come "capolavoro neorealista di rap italiano che nasce in mezzo a milioni di difficoltà". Un album che lascia spazio a tante chiavi di lettura, musicali e non, ma che non può prescindere dalla rilevanza che l'universo Baby Gang ha guadagnato, non solo nei confronti del pubblico, ma soprattutto dalla scena musicale italiana.

È inusuale vedere come, in una sfera di cristallo su cui ogni autore cerca di imprimere la propria forza per sovvertire l'ordine naturale, esistano personaggi orizzontali come Baby Gang. Il rapper, che più degli altri ha dovuto affrontare sin dalle prime battute l'osteggiamento culturale di un paese che lo ha utilizzato come esempio negativo e non come prodotto della violenza che lo circonda, ha richiamato più volte la solidarietà di colleghi come Guè, Marracash, Tedua, Ghali (quest'ultimo non presente nel disco). Ma L'Angelo del male è tutt'altro che un album rancoroso, non riflette i canoni di Delinquente e non c'è una ricerca ossessiva della redenzione musicale come in Innocente.

Anche perché l'evoluzione di Baby Gang, anche musicalmente, è netta. E non bisogna per forza arrivare ad ascoltare l'album per capire il senso di rappresentatività raggiunto nel pubblico. Per questo, si potrebbe evidenziare che per alcuni giorni, Baby Gang è stato il rapper italiano più ascoltato in Italia, superando sua maestà Sfera Ebbasta, presente nell'album in Madame. L'attenzione europea attorno alla sua musica si estende tra Francia e Spagna, ma ritorna anche alle sue origini, Casablanca in Marocco. Baby Gang è ormai un riferimento culturale e il razzismo subito negli anni, aggravato nella sfera sociale dalle condanne e dai suoi rapporti induritisi con la legge italiana, ne catapulta anche le ambizioni.

Perché se Baby Gang trova il proprio posto in un brano come In Italia 2024 di Fabri Fibra, insieme a Emma Marrone, è legato anche alle tante parentesi aperte in quest'anni dall'autore di Lecco. Le immagini proposte, inedite, come in Cella 2, ma anche il duro e complicato rapporto con la povertà in adolescenza e la relazione con Don Claudio Burgio, ne fanno una storia dalle tinte così forti per non esser presa in considerazione. Baby Gang ha rappresentato uno spazio di riflessione, in cui il pubblico ha dapprima rifiutato qualsiasi connessione con paura. Per poi cadere nel cliché persona/personaggio, nella stereotipizzazione della violenza, dando le spalle a una magnifica onda di realismo che semplicemente si è preferito non osservare.

Tornando a L'Angelo del male, si potrebbero costruire due chiavi di lettura principali, due lati di una piramide rovesciata. Da una parte, il progetto ha ricevuto un'attenzione diversa rispetto ai precedenti, sia nella comunicazione dell'importanza dell'album, sia negli endorsement dei player principali della scena italiana. Baby Gang ha ormai intercettato un pubblico crescente, che si riconosce nel senso di rivalsa del suo autore, ma anche nei difetti, nelle cadute, accentuate dalla giovane età e dal contesto sociale che lo circonda. Baby Gang è riuscito a impersonificare, soprattutto ne L'Angelo del Male, la "vittoria" all'indifferenza rispetto a un fenomeno culturale. Dall'altro lato, si evince anche dal racconto dell'album, una sorta di riappacificazione con sé stesso e con la visione di un determinato tipo di pubblico. Baby Gang non dovrà più urlare per essere ascoltato, anzi, ci sarà adesso la fila per accedere, egoisticamente, a un pezzettino della sua realtà.

C'è ancora molta rabbia in Baby Gang, come quando nell'intro del disco canta: "Per quello che ho vissuto, ho passato tanto, da vendere all'angolo a Montecarlo e ho sempre fatto il cazzo che volevo. Me ne sbatto il cazzo, sei un pendejo, ho un passato oscuro e non lo nego". Ma il primo picco dell'album lo raggiunge il trio composto da Agente con Emis Killa e Jake La Furia, Miez A Via con Geolier e Huracan con Gemitaiz e Madman. Tre esempi in cui la musica non è solo un principio di arricchimento personale, ma anche il rifugio ai problemi del passato. Nelle canzoni, oltre a descrivere cosa sarebbe potuto accadere se la musica non avesse incontrato le strade dei protagonisti, ci sono anche riferimenti a come, lungo questa strada, quasi tutti gli autori abbiano dovuto affrontare problemi con la società stessa. Tra le immagini che si mescolano in maniera naturale con l'attualità, una rima di Madman: "Lo sbirro in borghese non è cortese, gira col taser, e intanto i porci stanno in piazza con le braccia tese".

Ma L'Angelo del Male è anche pronto per esser inserito in una sua definizione pop: dal tentativo meno riuscito con Sfera Ebbasta in Madame al ritornello estivo di Serenata Gangster con Rocco Hunt, che potrebbe dar vita al primo tormentone di Baby Gang nel mercato italiano. Chi avrebbe mai potuto pensare a una citazione di Jovanotti in un disco di Baby Gang? Forse neanche l'autore, che adesso entra in un campionato in cui, se possibile, avrà ancor di più il mirino di un certo tipo di pubblico sulle spalle. Nel progetto c'è anche una collaborazione con Simba La Rue in cui è ancora più chiaro il tentativo di mostrare le origini dei due autori, la violenza che hanno osservato: "Tutta la gente che non gli interessa, dei quartieri disagiati, delle case popolari, di quelle famiglie dentro quei monolocali, ueh, ueh. Se non facessimo reati, saremmo stati diplomati, magari pure laureati, mi han portato via da papi e mami". Il tutto contornato da una voce pitchata nel ritornello che rende ancora più alienante la natura della canzone.

Tra i brani più interessanti de L'Angelo del Male non può mancare Non mi vedi, che unisce alcuni dei migliori autori della nuova generazione, Geolier, Ernia, Rkomi, ma anche Fabri Fibra. Si racconta il modo in cui la perseveranza con la musica li abbia salvati dal quartiere e dalla provincia. La produzione di Higashi e Poison Beatz ricorda le atmosfere, sopratutto attraverso il piano, di L'ultima volta, il brano contenuto in 17 di Jake La Furia ed Emis Killa, quella volta in collaborazione con Massimo Pericolo. Allora venne utilizzato un sample di A Garden of Peace, brano del 1983 del jazzista americano Lonnie Liston Smith.

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