Cannabis, il futuro è verde canapa: ecco la pianta che può salvare il mondo
Nonostante la norma sulla cannabis light introdotta con un sub-emendamento alla manovra sia stata giudicata inammissibile, il dibattito sulla cannabis non smette di interessare l'opinione pubblica. Quella che per decenni ci è stata raccontata come una nemica dell’umanità è, infatti, una delle migliori alleate che abbiamo per le sfide a livello climatico e ambientale, per la nostra economia e per il nostro benessere. È, infatti, il suo valore come risorsa che viene sottolineato maggiormente nel libro “Cannabis. Il futuro è verde canapa”, scritto dal nostro “Dottor cannabis” Mario Catania e pubblicato da Diarkos, in cui vengono analizzati i 3 grandi settori in cui la canapa sta rivoluzionando il mondo: “Quello agro-industriale in cui la canapa si sposa perfettamente con i principi dell’economia circolare, quello della legalizzazione dove contribuisce a risanare economie disastrate a suon di miliardi di dollari di tasse e fatturati e centinaia di migliaia di posti di lavoro, e quello della medicina, in cui la cannabis è al centro della ricerca scientifica odierna per le sue molteplici proprietà”, spiega.
La canapa è la pianta che può aiutarci a ripulire il pianeta, a far diminuire sensibilmente i livelli di CO2, ridurre la dipendenza dal petrolio e derivati e limitare la deforestazione, dando vita a prodotti che non inquinano e possono essere riutilizzati. “E’ infatti in grado dii estrarre dal terreno inquinanti e metalli pesanti e di stoccarli al suo interno. Le prime sperimentazioni iniziarono all’indomani del disastro di Chernobyl, e anche in Italia abbiamo degli esempi di questo utilizzo come in una masseria che sorge accanto all’ex Ilva, il cui bestiame fu abbattuto a causa degli alti livelli di diossina, o in Sardegna, dove la stanno studiando in un progetto regionale”, possiamo leggere nel libro.
Ma è anche un’arma a nostra disposizione per abbassare i livelli di CO2: “Già solo crescendo infatti toglie dall’ambiente 4 volte in media il quantitativo di CO2 rispetto agli alberi. Usata in edilizia, settore che da solo contribuisce per il 30/40% delle emissioni globali di CO2, in tutta la filiera ne toglie dall’ambiente più di quanta ne produce e va avanti a farlo anche quando diventa parte di un’abitazione. Secondo uno studio del Politecnico di Milano un metro cubo di canapa e calce toglie dall’atmosfera 60 kg di CO2. Costruire grandi edifici in canapa, equivale dunque a piantare ettari di boschi”, viene raccontato in un capitolo dedicato. E non è finita, perché la canapa, grazie alla quale la carta è stata inventata, se fosse stata utilizzata fino ai giorni nostri al posto della cellulosa degli alberi, avrebbe permesso di risparmiare foreste e alberi, che impiegano anni e anni per crescere e svilupparsi. Altri esempi sono quelli dei possibili utilizzi come bioplastica biodegradabile o combustibile, sostituendo i derivati del petrolio che inquinano enormemente dalla produzione all’utilizzo, con un materiale che ci avrebbe evitato le isole di rifiuti plastici che oggi galleggiano in mezzo a mari e oceani. Fino a sviluppi moderni come la potenzialità di sostituire litio e grafene, difficili da smaltire e costosi da produrre, per stoccare energia.
La seconda rivoluzione raccontata nel libro è quella della legalizzazione dell’uso ricreativo che, iniziata dall’Uruguay di Pepe Mujica, ha contagiato 11 stati USA e il Canada, primo paese del G7 ad aver compiuto questo storico passo.
Mentre in Italia assistiamo alla guerra contro la cannabis light, che non ha effetti psicoattivi, nel resto del mondo rendono legale quella che di THC ne ha ben di più, garantendo fatturati, lavoro e tasse che vengono investite nel sociale. Dal 2015 al 2019 sono oltre 200mila i posti di lavoro creati a tempo pieno, 4,7 i miliardi di tasse prodotti nel solo 2017, e dando così la possibilità ai governi di creare borse di studio per gli studenti e case per i senzatetto con gli stessi soldi che fino a poco prima finivano nelle tasche di mafie e criminali.
Le ultime aperture in questo senso sono arrivate dal Messico e, molto più vicino a noi, dall’intransigente Germania, che, dopo aver messo le basi per diventare leader europeo nel settore medico, ha di recente aperto anche alla legalizzazione.
Infine la terza anima di questa pianta dalle mille virtù, quella delle sue applicazioni mediche. “La storia della cannabis in medicina”, come ha scritto nella prefazione Rapahel Mechoulam, considerato a livello internazionale come il padre della ricerca su cannabis e cannabinoidi, “è molto strana”. E lo è perché, nonostante sia stata usata per millenni e all’inizio del 1900 era presente nelle farmacopee europee e americane, ha dovuto subire un lungo processo di rivalutazione perché le sue doti fossero considerate dalla comunità scientifica e dai medici.
Un esempio su tutti, riportato nel libro e rimarcato da Mechoulam nella prefazione, è il fatto che i benefici per l’epilessia sono noti fin dagli anni ’70. “Quando con i colleghi brasiliani abbiamo dimostrato che il CBD era un potente farmaco antiepilettico nei pazienti”, scrive il leggendario scorpritore del THC, “nessun lavoro clinico su questo argomento è stato svolto altrove per decenni. Tuttavia negli Stati Uniti, circa un decennio fa, genitori e pazienti hanno appreso che il CBD può aiutare i loro bambini epilettici e hanno iniziato a usare cannabis con alti livelli di CBD. Alla fine fu approvato un ampio studio clinico. Ha dimostrato che il CBD è davvero un buon agente antiepilettico nei bambini. C’era davvero bisogno di aspettare 30 anni? Migliaia di bambini avrebbero potuto essere aiutati prima”. Oggi infatti stiamo assistendo alla diffusione dell’utilizzo della cannabis ad alto contenuto di CBD per trattarne forme resistenti ai farmaci tradizionali, e alla creazione di un farmaco approvato in USA e in Europa.
Di recente è stata l’OMS a lanciare un cambiamento globale chiedendo che la cannabis venga riclassificata nelle tabelle internazionali, riconoscendone le proprietà mediche. La stessa cannabis che, additata per anni come droga di passaggio è utilizzata in America per ridurre l’epidemia di overdose causata dagli oppioidi: negli stati in cui la cannabis è legale dal punto di vista medico, le morti causate da overdose dei derivati dell’oppio, calano fino al 30% perché funziona per il trattamento del dolore.
E poi interviste e storie emozionanti che fanno capire le potenzialità di questo medicinale, come quella di Donato, raccontata proprio qui su Fanpage, che, avendo scoperto di essere affetto da sclerosi multipla poco dopo aver inaugurato la sua scuola di danza e aver messo al mondo una bimba, è riuscito a tornare in palestra e poi a ballare, proprio grazie ai benefici avuti dalla cannabis.