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All’Opera di Roma in scena la prima italiana de “Il Trovatore” griffato dal regista Àlex Ollé

Si chiude al Costanzi la trilogia popolare di Giuseppe Verdi: dopo “Rigoletto” e “La Traviata” stasera va in scena la prima italiana de “Il Trovatore” con la regia di Àlex Ollé, uno dei direttori artistici de La Fura dels Baus.
A cura di Massimiliano Craus
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"Il Trovatore", De Nationale Opera di Amsterdam; ph. Ruth Walz
"Il Trovatore", De Nationale Opera di Amsterdam; ph. Ruth Walz

Al Teatro dell'Opera di Roma la programmazione della stagione in corso ha portato in scena le tre opere della trilogia popolare di Giuseppe Verdi, con il "Rigoletto" e "La Traviata" a cornice del titolo probabilmente più drammatico del lotto. Da stasera debutta in Italia dunque "Il Trovatore" nell'allestimento coprodotto dal De Nationale Opera di Amsterdam e dal Teatro dell'Opéra National di Parigi che ha affidato le sorti verdiane alle mani contemporanee di Àlex Ollé, una delle firme più autorevoli del collettivo La Fura dels Baus. A completare le referenziate firme dell'opera in quattro parti del libretto del napoletano Salvatore Cammarano scorgiamo la bacchetta cremasca di Jader Bignamini, le scene astratte di Alfons Flores, l’espressionismo delle luci di Urs Schönebaum ed i costumi di Lluc Castells.

Le opere de La Fura dels Baus sono sempre attesissime in giro per il mondo, soprattutto per le rivisitazioni dei grandi titoli del repertorio. E ad introdurci queste rappresentazioni de "Il Trovatore" franco-olandese, in scena da stasera fino al 10 marzo prossimo per un totale di sette repliche, ci pensa lo stesso regista spagnolo Àlex Ollé, accompagnato in questa nuova avventura romana dall'argentina Valentina Carrasco. Credo che i temi fondamentali de "Il Trovatore" siano le emozioni delle persone portate al loro limite estremo. Potrebbe essere ambientato ai giorni d’oggi perché quegli atti barbarici si commettono in ogni guerra. In questo allestimento abbiamo incluso, senza premeditazione, l’idea dell’esodo e dei rifugiati. L’opera è piena di brani ben noti al pubblico, che quindi la potrà godere a pieno. L’obiettivo è di stupirlo con la musica e con la messa in scena.

Le attese a Roma dunque sono dettate soprattutto dalla fantasia del regista di Barcellona, oltre che dal libretto drammatico del 1853 così amato dai melomani di tutto il mondo e già molto apprezzato nel nuovo allestimento ad Amsterdam nel 2015 e Parigi nel 2016. A giustificare ulteriormente le file ai botteghini, fino alla necessaria aggiunta della settima replica di venerdì 3 marzo, ha contribuito senz'altro la presenza nei ruoli principali della Leonora di Tatiana Serjan, Manrico di Stefano Secco, Azucena di Ekaterina Semenchuk ed il conte di Luna di Simone Piazzola di cui tutti potremo ascoltare le rappresentazioni della prima di stasera in differita su Radio Rai3. Né il pubblico capitolino avrà dimenticato i natali de "Il Trovatore" proprio nel Teatro Apollo nel lontano 19 gennaio di centosessantaquattro anni fa quale secondo titolo della trilogia così cara a Giuseppe Verdi.

Le quattro parti de "Il Trovatore" di Giuseppe Verdi

"Il Trovatore", De Nationale Opera di Amsterdam; ph. Ruth Walz
"Il Trovatore", De Nationale Opera di Amsterdam; ph. Ruth Walz

La prima parte è centrata sul duello tra il Trovatore Manrico ed il Conte di Luna. La giovane nobile Leonora, amata dal Conte di Luna, confida alla sua ancella Ines di essere innamorata di Manrico. Il conte, intento a vegliare sul castello, ascolta proprio la voce di Manrico che intona un canto e Leonora, confusa dall'oscurità della notte, scambia il conte di Luna per Manrico e l'abbraccia scatenando l'inevitabile ira del conte che sfida a duello il rivale.

La seconda parte è ambientata nell'accampamento degli zingari dove Azucena, la madre di Manrico, racconta che molti anni prima vide morire sul rogo la madre accusata di stregoneria dal vecchio Conte di Luna.  Per vendicarsi, rapì il figlio del Conte ancora in fasce e, accecata dalla disperazione, decise di gettarlo nel fuoco tuttavia confondendo il proprio figlio col bambino che aveva rapito. Manrico capisce così di non essere il vero figlio di Azucena e le chiede di conoscere la propria identità. Nella scena successiva Leonora viene erroneamente informata della morte dell'amato Manrico e decide di prendere i voti ma il Conte la rapisce evitandone la cerimonia fin quando irrompe Manrico che sventa il rapimento e la porta in salvo.

La terza parte vede il rapimento di Azucena per mano del Conte di Luna. Costretta dalla tortura e dalle minacce è costretta a confessare di essere la madre di Manrico. Il trovatore e Leonora, nel frattempo, stanno per sposarsi in segreto e si giurano eterno amore. Ruiz sopraggiunge ad annunciare che Azucena è stata catturata e di lì a poco sarà arsa viva come strega ma Manrico si precipita in soccorso della madre.

Il supplizio è il tema dell'ultima parte dell'opera drammatica di Giuseppe Verdi. Il tentativo di liberare Azucena fallisce e Manrico viene imprigionato nel castello dell'Aljafería: madre e figlio saranno giustiziati all'alba. Nell'oscurità Ruiz conduce Leonora alla torre dove Manrico è prigioniero ed implora l'odiato Conte di lasciarlo libero in cambio del loro matrimonio, che in realtà non ha alcuna intenzione di farlo perché ha già deciso che si avvelenerà prima di concedersi. Il Conte accetta e Leonora chiede di poter dare lei stessa a Manrico la notizia della liberazione. Ma prima di entrare nella torre beve di nascosto il veleno da un anello. Quando i due protagonisti si incontrano lui è convinto che per ottenere la sua libertà Leonora l'abbia tradito ma lei, nell'agonia della morte, gli confessa di essersi avvelenata per restargli fedele. Nel frattempo il Conte, entrato a sua volta nella prigione, ascolta di nascosto la conversazione e capisce d'esser stato ingannato da Leonora, che muore fra le braccia di Manrico cosicché il Conte ordina di giustiziare il trovatore. Quando Azucena rinviene però gli indica Manrico morente e rivela al Conte la tragica verità che era suo fratello.

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