Addio a Sebastião Salgado, morto il fotografo che ha raccontato l’umanità e la Terra

Il mondo della fotografia piange la scomparsa di Sebastião Salgado, morto a Parigi all’età di 81 anni. A dare l’annuncio è stata l’Accademia delle Belle Arti francese, di cui era membro dal 2016. “Laurent Petitgirard, segretario perpetuo, insieme ai membri e ai corrispondenti dell’Accademia, annunciano con profonda tristezza la morte, venerdì 23 maggio, del loro confratello Sebastião Salgado”, si legge nella nota ufficiale, che lo celebra come “grande testimone della condizione umana e dello stato del pianeta”.
Salgado era considerato una leggenda della fotografia contemporanea, celebre in tutto il mondo per le sue potenti immagini in bianco e nero che hanno raccontato guerre, migrazioni, povertà, ma anche la maestosità della natura e l’urgenza della sua protezione.
A confermare la notizia della scomparsa è stato anche l'Instituto Terra, l’organizzazione da lui fondata in Brasile con la moglie Lélia Deluiz Wanick Salgado. “Sebastião è stato molto più di uno dei più grandi fotografi del nostro tempo. Con Lélia ha seminato speranza dove regnava la devastazione, dimostrando che il ripristino ambientale può essere un atto d’amore verso l’umanità intera”, scrive l’ONG.
Un’evoluzione dal sociale all’ambientale
Nato nel 1944 a Aimorés, nello stato brasiliano di Minas Gerais, Salgado aveva una formazione da economista. Dopo aver conseguito la laurea, si era trasferito in Europa e, nel 1973, aveva intrapreso la carriera di fotografo professionista. Le sue prime collaborazioni furono con agenzie prestigiose come Magnum Photos, ma nel 1994, con Lélia, fondò l’agenzia “Amazonas Images”, dedicata esclusivamente al suo lavoro.
Negli anni '90, dopo aver documentato il dramma del genocidio in Ruanda, Salgado decise di cambiare radicalmente prospettiva. Scosso da tanta sofferenza, si allontanò dai conflitti per abbracciare l’ambiente come nuovo protagonista del suo obiettivo. Tornato nella sua terra natale, acquisì un’area fortemente degradata dal disboscamento e avviò un imponente progetto di riforestazione. In poco tempo, grazie alla piantumazione di oltre due milioni e mezzo di alberi, riuscì a ricreare un ecosistema rigoglioso con oltre 150 specie presenti.
Una produzione fotografica senza tempo
Nel corso della sua carriera, Salgado ha viaggiato in più di cento Paesi, dando vita a progetti fotografici divenuti icone universali. Le sue immagini sono state protagoniste di esposizioni nei più importanti musei del mondo e raccolte in libri che hanno segnato la storia della fotografia documentaria. Tra i suoi capolavori si ricordano "Terra" (1997), "Ritratti di bambini in cammino" (2000), "Africa" (2007), "Genesi" (2013), "Profumo di sogno" (2015), "Kuwait. A Desert on Fire" (2016), "Gold" (2019) e "Amazônia" (2021).
Il suo ultimo lavoro, "Ghiacciai", è attualmente esposto al Mart di Rovereto fino al 21 settembre, con 54 fotografie in gran parte inedite, mentre dieci scatti campeggiano al Museo delle Scienze di Trento. Il progetto, curato da Lélia Wanick e nato da un’idea del Trento Film Festival in collaborazione con Contrasto, è parte dell’anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai proclamato dalle Nazioni Unite per il 2025.
A causa di problemi di salute, Salgado aveva dovuto rinunciare all’inaugurazione della mostra, ma aveva confidato la speranza di poter partecipare a settembre. Quel giorno, purtroppo, non arriverà.
Con la scomparsa di Sebastião Salgado si spegne una delle voci più autentiche e profonde del nostro tempo. Ma le sue immagini, dense di emozione, denuncia e bellezza, continueranno a parlare per lui, per noi, e per tutte le generazioni che verranno.