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Cassazione ridà figlia a genitori-nonni di Casale Monferrato: “Non ci sono limiti d’età”

Può tornare a casa la bimba di sei anni i cui genitori erano stati ritenuti “troppo anziani e sbadati” per prendersene cura. Lo ha deciso la Cassazione, che ha accolto il ricorso di Luigi Deambrosis e Gabriella Carsano. Ribaltato quindi il precedente verdetto.
A cura di Biagio Chiariello
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“La legge non prevede limiti di età per chi intende generare un figlio". Questa la ragione alla base della decisione della Corte di Cassazione di dare ragione al ricorso straordinario, Luigi Deambrosis e Gabriella Carsano, 75 e 63 anni, di Mirabello, una frazione di Casale Monferrato, che da anni lottano per riavere la figlia, nata a Torino nel 2010, e dichiarata adottabile dalla stessa Suprema Corte nel 2013 perché “troppo anziani e sbadati”, confermando la sentenza della Corte d'Appello dell'anno precedente. La Suprema Corte però ha ribaltato tutto: "E' una bellissima notizia, ma ho bisogno di capire meglio. Devo parlare con i miei avvocati” , è il commento, emozionato, di Papà Luigi, alla nuova decisione della Cassazione. "In questo momento non mi sento di dire nulla in particolare", aggiunge.

Secondo la Cassazione, il primo e secondo grado della magistratura si erano basati su “pochi minuti di abbandono” della minore in auto. Un fatto avvenuto il 28 giugno del 2010, vicenda per la quale è stato "definitivamente accertato che, invece, nessuno stato di pericolo fu provocato dall'episodio in questione". In proposito gli ermellini, tenendo presente le indicazioni della Corte di giustizia europea che considera l'adozione una "extrema ratio" alla quale ricorrere solo in caso di genitori "indegni", hanno affermato il principio di diritto per cui "è revocabile per errore di fatto la sentenza di Cassazione che, nel confermare la declaratoria dello stato di adottabilità assunta dal giudici di merito, sia fondata su di una specifica circostanza supposta esistente (nella specie, l'avere i genitori lasciato un neonato da solo in automobile esponendolo a stato di pericolo) la cui verità era invece, limitatamente all'evento, positivamente esclusa".

Secondo la Suprema Corte, l'intera decisione dei due precedenti gradi di giudizio si è fondata su unico refrain, “quello dell'età dei genitori". I supremi giudici sottolineano come le decisioni "pro adozione" abbiano considerato che "una gravidanza a 57 anni lei e 69 lui rappresenta una deviazione dalla norma" e che "crea il paradosso del bambino costretto ad occuparsi dei genitori". Ad avviso del verdetto odierno, invece, è "errato il riferimento a pretesi ‘limiti' che la legge italiana prevederebbe per chi intende generare un figlio, i quali non esistono", e inoltre non si forniscono elementi "che possano illuminare circa l'assoluta inidoneità genitoriale, agganciata all'età o ad altro, da cui far derivare la misura estrema, e dai risvolti irreversibili, quali è lo stato di adottabilità".

La Cassazione rileva, piuttosto, che erano emersi "una serie di riscontri favorevoli circa la situazione complessiva della minore nella sua vita con mamma e papà, persone brave e stimate e senza patologie mentali", prima che i servizi sociali la allontanassero da loro. Ed è "lo Stato", scrive la sentenza, "allorché ha allontanato una neonata dai genitori a pochissime settimane dalla nascita", ad aver "indotto" nella bimba "il disagio" che ora prova quando vede i genitori, quelle poche volte l'anno che hanno il permesso di vederla.

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