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Carmelo e Laura, i fratellini uccisi da un “vulcanello”

Il 27 settembre 2014, Carmelo e Laura Mulone, 10 e 7 anni, sono morti in una riserva naturalistica a Macalube d’Aragona, in provincia di Agrigento, risucchiati nel crollo della collina dove è eruttato uno dei vulcanelli della zona.
A cura di Angela Marino
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Erano felici di fare una gita nell'oasi naturalistica più bella dell'Agrigentino: entusiasti e curiosi, non vedevano l'ora di tornare a casa con gli occhi pieni della incantevole bellezza di quella misteriosa terra. Ma il vulcano ha detto no. Il 27 settembre 2014, Carmelo e Laura Mulone, 10 e 7 anni, sono morti in una riserva naturalistica a Macalube d’Aragona, in provincia di Agrigento, risucchiati nel crollo della collina dove è avvenuta l'eruzione.

L'incidente

I piccoli si trovavano nella riserva insieme al padre, il carabiniere Rosario Mulone. Il militare aveva deciso di portare i suoi due bambini a visitare il sito come primo regalo per il compleanno del piccolo Carmelo, che il lunedì successivo avrebbe compiuto 11 anni. Padre e figli stavamo passeggiando in quei luoghi le cui viscere si narrano infestate dagli spiriti, quando improvvisamente è avvenuto lo scoppio. Laura si trovava vicino al papà mentre suo fratello era rimasto qualche metro più indietro: nessuno di loro è riuscito a mettersi al riparo da quel gigante di fango che si è alzato in pochi istanti dal suolo, risucchiandoli. Rosario si è ritrovato coperto da un coltre di detriti fino alla testa e c'è voluto l'intervento dalle squadre della Protezione civile per liberarlo. Appena si è rimesso in piedi, l'uomo ha cominciato a scavare in ogni angolo della scena del disastro e a gridare il nome dei suoi figli, per poi rendersi conto che non c'era più nulla da fare. I cani del Nucleo cinofilo di Aragona hanno individuato i corpi dei bimbi.

Cos'è un vulcanello

Da secoli quelle terre a una manciata di chilometri da Aragona sono oggetto di esplosioni, eruzioni, eventi sismici. Non a caso "Maccalube", parola di derivazione araba, significa letteralmente "ribaltamento". Si riferisce al rovesciamento della terra provocato da un'esplosione di acqua e gas peculiare nella zona dell'Agrigentino. I vulcanelli nella provincia siciliani, in realtà, non hanno nulla a che fare con i vulcani che eruttano lava, ma si formano a seguito di un fenomeno chiamato “vulcanesimo sedimentario” che agisce nelle profondità del suolo, dove il gas metano ribolle sotto strati di argilla e acqua. In alcuni casi questo gas può risalire e causare una esplosione di fango com'è è avvenuto a Macalube. L'ultima eruzione prima di quella che ha inghiottito i fratellini di Joppolo Giancaxio, nella riserva gestita da Legambiente, risale al 2008, quando alcune esplosioni consecutive provocarono delle profonde spaccature nel terreno.

Macalube, Sicilia
Macalube, Sicilia

L'inchiesta per omicidio plurimo

Lo spaventoso incidente nel quale hanno perso la vita i fratellini  – e in cui si sono salvati per miracolo Antonio Paolo Della Punta e la moglie, Silvia Perin, due turisti milanesi ora testimoni dei fatti –  è finito immediatamente al centro delle indagini del procuratore capo Renato Di Natale, che si sono incentrare su unico punto: perché, se pericolosa, quell'area non è stata interdetta al pubblico? C'erano segnali che avvertissero del pericolo? Sulla collina nella riserva a 15 chilometri da Agrigento – ha denunciato da subito il papà dei fratellini Mulone – non c'erano avvisi. Ora dovranno rispondere di omicidio colposo plurimo il direttore della riserva Macalube, Domenico Fontana, l'attuale assessore al comune di Agrigento, Daniele Gucciardo e Francesco Gendusa, dirigente regionale responsabile delle aree protette.

Il processo

Il 7 ottobre 2016 si è svolta l'ultima udienza del processo. Sono stati ascoltati alcuni dei nomi nella lista dei testimoni e tutti hanno confermato quanto denunciato dal carabiniere Rosario Mulone: in quella zona ad alto rischio di eruzione non erano presenti cartelli che segnalassero pericolo. Inoltre, secondo quanto testimoniato da chi quel giorno era presente, sul posto non c'era neanche personale della riserva che potesse guidare i visitatori. Un altro inquietante particolare è il ritardo, segnalato dal banco dei testimoni, dei mezzi di soccorso chiamati sul posto. "Ho promesso ai miei figli nella bara che avrebbero avuto giustizia – ha detto Giovanna, la madre dei fratellini – chi ha sbagliato deve pagare".

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