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Carceri sovraffollate, il Consiglio d’Europa “salva” l’Italia

Il Consiglio d’Europa ha apprezzato “l’impegno delle autorità a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario in Italia” ma restiamo un Paese sotto osservazione. Prossimo appuntamento: giugno 2015.
A cura di Gaia Bozza
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Il Consiglio d'Europa rimanda il giudizio sull'Italia, per le carceri.  E la salva, per il momento, anche se non è una promozione a pieni voti: verificherà la sua posizione nel 2015. A più di un anno dalla sentenza della Corte europea per i diritti dell'uomo ha apprezzato "l'impegno delle autorità a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario in Italia" e i "risultati significativi ottenuti in questo campo grazie alle diverse misure strutturali adottate per conformarsi alle sentenze" della Corte, compreso il "calo importante e continuo della popolazione carceraria" e l'aumento dello spazio vitale ad almeno 3 metri quadrati per detenuto. Si allontana, dunque, l'ipotesi  – già remota – di un provvedimento di clemenza per risolvere la grave situazione italiana. L'organismo di Strasburgo cui fa riferimento al Cedu ha accolto con favore la "creazione di un ricorso preventivo nei tempi fissati dalla sentenza pilota sul caso Torreggiani" e, per consentirne una piena valutazione, invitano "le autorità a fornire informazioni complementari sulla sua attuazione".

Carcere, sì a risarcimenti e riduzioni di pena – Il Consiglio d'Europa guarda inoltre con interesse alle misure "prese per stabilire un ricorso risarcitorio, anch'esso previsto dalla sentenza pilota, attraverso un decreto legge che prevede la possibilità di una riduzione di pena per i detenuti" ancora in carcere "e una compensazione pecuniaria per quelli che sono già usciti". L'appuntamento viene rinnovato fra un anno: a giugno 2015 il Consiglio rianalizzerà la situazione "per effettuare una piena valutazione dei progressi compiuti" attraverso la presentazione di un bilancio da parte del governo italiano.

Le reazioni  – Per il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, "la decisione del Consiglio d'Europa riconosce gli sforzi fatti e apprezza le misure adottate ma non allontana lo sguardo dal sistema penitenziario italiano. Non bisogna tornare indietro. Anzi. Va ulteriormente ridotto il tasso di affollamento, umanizzata la vita nelle carceri, preservata la salute, proibita la tortura". C'è di più: "Con le nostre osservazioni e denunce – continua –  ci sentiamo corresponsabili del processo riformatore che sarebbe un errore tragico interrompere. Si lascino perdere i predicatori del punitivismo altrimenti si torneranno a fare passi indietro sui diritti umani". Per Michele Vietti, si tratta di "una notizia positiva che non deve indurci a dormire sugli allori". Per il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, "continuiamo a essere sotto osservazione su un settore molto delicato – ha ricordato Vietti – Tutti gli allarmi lanciati, a cominciare dal Capi dello Stato, rimangono nella loro drammatica attualità". Quanto all'ipotesi di valutare un provvedimento di clemenza, Vietti ha sottolineato che "è un argomento di cui si torna a parlare ma poi si prende atto che è difficile trovare le condizioni parlamentari per approvarlo. È una discussione accademica, non c'è la praticabilità parlamentale". Il segretario dei Radicali, Rita Bernardini, invece, ha un giudizio durissimo: "Fa inorridire il giudizio del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa: ‘significativi risultati', quasi si possa stabilire una gradazione della tortura, dei trattamenti inumani e degradanti. Hanno accettato ‘il gioco dei tre metri' dei ‘treccartari' italiani, in primis il Presidente del Consiglio Matteo Renzi del quale abbiamo chiesto le dimissioni; tre metri quadri a disposizione di ogni detenuto, calcolati chissaà come e ottenuti violando altri diritti umani come la deportazione di migliaia di reclusi in istituti lontani centinaia di chilometri dalla propria famiglia". Proprio nelle scorse settimane i Radicali hanno presentato un contro -dossier al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, nel quale documentavano le condizioni disumane alle quali sono sottoposti i detenuti italiani.

Morti in carcere e condizioni di vita – Sono 61 sono nel 2014, intanto, le morti in carcere, delle quali 17 suicidi. Il sovraffollamento, benché attenuato, persiste. Secondo un recente rapporto della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria nelle carceri italiane è boom di tubercolosi, epatiti e Aids nelle carceri italiane, con numeri allarmanti. L'incidenza di Tbc in cella è maggiore dalle 25 alle 40 volte rispetto alla prevalenza che ha nella popolazione generale; discorso simile per l'HIV (10 volte) e le epatiti. Solo pochi mesi fa, poi, la bocciatura dalla Commissione Libertà Civili dell'Ue in  un rapporto durissimo sulle carceri italiane, dopo aver visitato le carceri romane e il carcere napoletano di Poggioreale (qui l'articolo e il report in versione integrale): senza aria, senza acqua, in spazi ristrettissimi, una sanità carente, con l'ombra di maltrattamenti e percosse. Peggio di noi, solo la Serbia.

La condanna – L'8 gennaio 2013, dopo la sentenza Torreggiani, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo con sede a Strasburgo ha puntato il dito contro l'Italia per la situazione carceri: il nostro Paese ha violato l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani che vieta la tortura o il trattamento disumano e degradante. La Cedu ha esortato il nostro Paese ad adottare entro un anno le misure necessarie. L'appuntamento per una nuova verifica, ora, è stato spostato al 2015.

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