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Caporalato a Foggia, migranti sfruttati nei campi dai criminali: “Ci trattano come schiavi”

Fanpage.it ha documentato a Foggia il caporalato, il sistema di lavoro con il quale la malavita sfrutta migliaia di profughi africani per raccogliere pomodori nei campi. Lo ha fatto mettendo una telecamera nascosta addosso ad un bracciante del Senegal, che ha rischiato la sua incolumità pur di mostrare le loro condizioni estreme: “Ci chiamano maiali. Come possiamo continuare così?”.
A cura di Redazione
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"Ti senti trattato come uno schiavo. Ci chiamano maiali. Andiamo a lavoro per guadagnare ma non per questo vogliamo morire". Sono queste le parole di un migrante del Senegal che ha documentato con immagini esclusive per Fanpage.it il caporalato, il sistema di lavoro con il quale la malavita sfrutta migliaia di profughi africani per raccogliere pomodori nei campi. Munito di telecamera nascosta, ha messo a rischio la propria incolumità per mostrare in quali condizioni siano costretti a vivere ogni giorno, chiedendo ai cosiddetti caporali di farlo lavorare in una piantagione di Foggia. "Quando hai soldi tutto ti sorride – ci dice -. Ma quando non li hai va tutto male. Per questo chiudo gli occhi e cerco di guadagnare qualcosa e aiutare la mia famiglia, rimasta nel mio Paese. Ho iniziato a lavorare con i pomodori nel 2007".

Per raccogliere pomodori a Foggia in genere pagano 3 euro all'ora, racconta il bracciante, che spiega anche il sistema organizzato tra il capo bianco, che generalmente possiede il campo, e il capo nero, che recluta i migranti, occupandosi anche del loro trasporto. "Bisogna pagare 5 euro andata e ritorno", sottolinea. Le condizioni in cui viaggiano i braccianti sono estreme. Vengono utilizzati vecchi furgoni con migliaia di chilometri senza assicurazione né revisione, come quello dell'incidente del 6 agosto scorso avvenuto sempre nel Foggiano, costato la vita a 12 persone. "Ogni pick-up carica minimo 15 persone a viaggio – continua -, a volte arrivano anche 25 e questo è stato il motivo dell'incidente. Il caporale aveva caricato molte più persone rispetto ai posti disponibili. I due caporali, quello bianco e quello nero, cercano di farti riempire le cassette di pomodori il più possibile, fino al limite. Se non lo fai bene, il bianco dice al nero di non riportarti più il giorno successivo. Non gli importa dei lavoratori. L'unica cosa di cui ha bisogno è prendere i suoi soldi".

Le condizioni dei braccianti sono così estreme che si litiga per una fila di pomodori pur di guadagnare di più. "Ti senti come uno schiavo – confida il bracciante -. Lavori per una persona che ti chiama maiale. Come puoi farlo?". Alla fine del lavoro il caporale consegna al capo nero i soldi con i quali retribuisce i migranti in base ai cassoni riempiti. Migliaia di profughi africani sono così sfruttati dai padroni bianchi per un compenso che si aggira intorno ai 4 euro per ogni 2 tonnellate di pomodori raccolti, compenso che viene poi "alleggerito" da una serie di "ritenute" e "stecche" da parte dei caporali e che rende ai lavoratori solamente 15 euro per 10 ore di lavoro giornaliere. Ma nelle tasche dei padroni entra molto di più. Come afferma Hilarry Sedu, avvocato civilista esperto in immigrazione e caporalato, "abbiamo una stima di 25 euro per 10mila braccianti che ci portano ad una quota di più di 250mila euro al giorno, che vanno esclusivamente nelle tasche dei caporali. Volendo moltiplicare per il periodo di raccolta, quindi per 90 giorni, parliamo di una cifra che si aggira sui 22 milioni di euro a stagione che vengono divisi tra il capo nero e il capo bianco e totalmente nelle mani della criminalità organizzata. Al bracciante restano poco meno di 15 euro. Io credo che sia una vera e propria riduzione in schiavitù".

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