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Opinioni

Bufale sull’Isis e aggressioni razziste: a chi conviene questo terrore?

Perché rilanciare bufale costanti sull’Isis? Perché spacciare per veri account che minacciano Roma parlando di torri pendenti di pizza?
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Riavvolgiamo il nastro. Roma 2008, la capitale è invasa da un’ondata di stupri senza precedenti. Le donne non possono camminare da sole, il centro città e le periferie sono preda di orde di rumeni intenti a stuprare le inermi romane. Maurizio Gasparri sentenzia: “La Roma di Prodi, Rutelli e Veltroni è il regno del terrore e dello stupro. Bisogna rimettere ordine in Italia e nella capitale. Allontanare subito clandestini e rom”.

Cosa resta di quella stagione? Un sindaco eletto sull’onda dell’odio, una serie infinita di imitazioni televisive e un dato: nel 2008 il dato delle violenze contro le donne fu inferiore a quello registrato nel 2007. E, come per l’anno precedente, l’80% delle violenze fu consumato nel buio delle mura domestiche. Nessuna impennata di reati, nessuna Roma violenta. Ciononostante Alemanno sale al Campidoglio grazie alla promessa di “espellere 20mila stranieri che hanno commesso reati: nomadi, immigrati o romeni che siano”.

Prima dei romeni c'erano gli albanesi e prima ancora i “marocchini” e prima ancora… Non importa se il pericolo dello straniero sia vero o meno basta che spaventi. E qui i social network, il web, c’entrano poco. Perché i media hanno iniziato a cavalcare l’odio ben prima che nascesse internet. Sono saliti in sella al destriero alato dell’orrore quando hanno capito che la paura vende, sempre. E allora pronti via che inizi il circo dei talk show pronti a dibattere l’ennesima notizia non vera. Pronti via contro i rom o gli islamici di turno. O contro gli ebrei, un secolo fa. 

E così nascono notizie che esistono solo in Italia e solo per gli italiani. Come quella dell’Isis che avrebbe ucciso 13 bambini intenti a guardare una partita di calcio. In Italia, e solo in Italia, si dà credito ai tweet di Rita Katz – la fondatrice di SITE, l'organizzazione che sta dando in pasto ai media queste "notizie" – la cui scarsa affidabilità è nota negli USA fin dal 2006. Scrive il New Yorker in quell'anno:

“Molti affermano che la Katz dia ai terroristi un risalto maggiore di quanto questi non ne abbiamo davvero” e prosegue “la Katz vede piani laddove non ce ne sono, ha pubblicato un libro in cui parlava di una possibile minaccia legata all’utilizzo del botulino per gli attacchi terroristici, minaccia poi smentita da tutti gli esperti” e infine “Molte delle minacce pubblicate da SITE sono esagerate”. E se a dirlo è il capo dell’unità della CIA dedita alla caccia di Bin Laden il rischio che SITE “esageri” è più che lecito.

A chi conviene rilanciare le bufale di SITE? A chi conviene aprire le prime pagine dei giornali con 13 bambini uccisi in Iraq mentre per Le Monde, la CNN, il New York Times e tutta la schiera dei media internazionali la notizia non esiste? O meglio esiste ma solo sulle colonne dei tabloid scandalistici inglesi DailyMail e Mirror; esiste per il New York Daily – un giornale così avvezzo alle bufale che mentì, pur di vendere, anche su un evento tragico come gli attentati a Boston dando la notizia di 37 morti a fronte di 3 reali. A chi conviene urlare bufale quali "l'esercito egiziano avrebbe condotto un'azione contro 155 guerriglieri dell'Isis uccidendoli". Anche questa notizia non era vera. Anche questa notizia esiste solo per i media italiani.

Perché ogni singolo tweet di un profilo inesistente diventa notizia? E' storia di questi giorni l‘attenzione morbosa su un paio di tweet di Abu Abdullah Britani – il corrispettivo arabo di Mario Rossi – che annunciavano il sacco di Roma. Quindi se crediamo a Mario Rossi dal Regno Unito (Britani) dobbiamo accettare che i giornali canadesi aprano con questa notizia.

Se prendiamo per buone queste notizie dobbiamo prendere per buone tutte quelle date da SITE  il cui ruolo è quello di "vendere informazioni"? Perché è bene ribadirlo SITE non è un'organizzazione no-profit ma un'azienda che fornisce consulenze sulla situazione nei paesi MedioOrientali (e non solo). Le notizie che dà sono più o meno corrette – si vedano i casi del pilota giordano o degli ostaggi giapponesi – ma lo scopo primario di SITE resta quello di vendere i propri servizi. Lo scopo primario di SITE resta – come per tutte le aziende – il business. Un’azienda profit alla cui testa c’è una donna – Rita Katz – già dipendente dell’esercito d’Israele il cui padre è stato accusato di servire come spia per i servizi segreti israeliani. Un’organizzazione di parte. Non giusta, non sbagliata, semplicemente di parte. Un’organizzazione che lancia la notizia di diciotto tweet con l’hashtag “we_are_coming_to_rome” e che i media trasformano in “l’avanzata dell’Isis su Roma”. Diciotto tweet su un milione e seicentomila in arabo e circa 500 milioni complessivi (al giorno).

Una valanga nata da un'organizzazione che afferma che lo jihadista pronto a invadere Roma sarebbe una persona che ha twittato: "Butteremo giù dalla vostra torre pendente di pizza". Se questo è uno jihadista lo è anche il nostro amico che vuole invadere (ironicamente) il Canada.

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La domanda resta: a chi conviene? Perché una palla di neve in una valanga? Chi ci guadagna? Perché buttarla "in caciara" nonostante i rischi concreti che corre l'Italia?

E davvero 2-3% di share valgono le ossa rotte dei rumeni picchiati a Tor Bella Monaca a seguito del clima di terrore creato nei primi mesi del 2008? C’è davvero bisogno del circo di politici che come sciacalli in Gabbia azzannano l’ultimo tweet di un profilo falso per gridare “al sacco di Roma”? 

Ma in fondo cosa importa? Quando la responsabilità è così diffusa non è colpa di nessuno. Quando tutti rilanciano una bufala non ci sono responsabilità. Quando si fomenta l’odio non ci sono colpe. In fondo sono islamici, neri, rumeni, zingari. In fondo se vengono presi a sprangate poco importa. Non sono esseri umani, perché l’etichetta di “rom”, “nero” li spoglia di qualsiasi umanità e li rende oggetti. E così mentre ad un'emergenza succederà un'altra negli italiani resterà la paura, resterà l'odio, resterà il pregiudizio che, come ebbe a scrivere una volta Einstein, "è più difficile da spezzare di un atomo".

Però facciamo così, spieghiamolo ai figli della donna di colore aggredita oggi a Reggio Emilia. Spieghiamogli che l'odio che stiamo instillando non ha nulla a che vedere con l'aggressione subita dalla madre. Spieghiamolo alla donna eritrea picchiata e fatta azzannare dai cani perché "musulmana" . Spieghiamo che non è colpa nostra. "Perché l'hanno data tutti", "perché dai, è uno show, mica posso andare a dire solo io che non è vera".

Spieghiamolo alla mamma dell'adolescente che ha perso un occhio per un'aggressione razzista. Guardiamola in faccia mentre le diciamo: "Non è colpa nostra, è solo auditel. Però magari invitiamo suo figlio, senza un occhio è una storia emotional, fa spettatori".

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Ex direttore d'AgoraVox, già professore di Brand Strategy e Comunicazione Pubblicitaria Internazionale presso  GES -  Grandes Écoles Spécialisées di Parigi. Ex Direttore di Fanpage.it, oggi Direttore di Deepinto.
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