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Batterio killer, la moglie di una delle vittima: “Responsabilità del Ministero della Salute”

Parla Maria Rosa Frassetto, moglie di Giovanni De Lorenzi, vittima del cosiddetto “batterio killer”. L’ex insegnante ha fatto causa all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso dove il marito era stato operato nel 2011: “Solo noi eravamo preoccupati. Credo ci sia una grande responsabilità da parte del Ministero della Salute, che avrebbe dovuto agire in modo diverso”.
A cura di Susanna Picone
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Vuole sapere com’è stato possibile e di chi è la responsabilità della morte del marito Giovanni De Lorenzi, una delle vittime del cosiddetto “batterio killer”. E per questo Maria Rosa Frassetto, ex insegnante, ha iniziato col far causa all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, dove il marito era stato operato nel 2011. De Lorenzi è morto nel gennaio scorso per un’endocardite provocata da quello che la moglie chiama “il Chimera”, ovvero il batterio “Mycobacterium chimaera” che, annidatosi nel serbatoio di un macchinario utilizzato per la circolazione extracorporea durante gli interventi al cuore, avrebbe provocato la morte di altre cinque persone e infettato centinaia di pazienti. Ora la vedova si aspetta di saper qualcosa in più di quanto accaduto dalla relazione degli ispettori della Regione e dalla magistratura. L’ex insegnante ha parlato al Corriere del Veneto del calvario del marito. “Giovanni ha fatto una morte tremenda, è stato letteralmente divorato da quel batterio e io non posso non chiedermi perché sia potuto succedere”, ha spiegato ricordando che il calvario del marito è iniziato silenziosamente nel 2011, quando è stato operato all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso per la sostituzione di una valvola cardiaca. “Sembrava fosse andato tutto bene, fino al maggio del 2016 quando ha iniziato a stare male, febbricola, spossatezza e affaticamento mentale, dimagrimento”, ha aggiunto.

"Ministero avrebbe dovuto agire in modo diverso" – La moglie lo ha quindi portato presso diversi medici ma nessuno avrebbe messo in relazione le sue condizioni con quell’intervento di anni prima. “Cosa che io invece ho fatto subito, con una semplice ricerca su internet – ha spiegato -. Ma nessuno mi ascoltava”. Secondo la donna, qualcuno avrebbe dovuto collegare gli eventi perché Vicenza già nel 2011 era stata allertata per un problema di questo tipo: “Avrebbero dovuto richiamare i pazienti. Fare accertamenti. Invece nulla di tutto questo è stato fatto. Perché solo adesso si stanno muovendo? Nessuno era in allarme, né i medici ospedalieri, né i medici di base ai quali ci siamo rivolti. Solo noi eravamo preoccupati. Credo che in questo ci sia una grande responsabilità da parte del Ministero della Salute, che avrebbe dovuto agire in modo diverso”. E ora la vedova di Giovanni De Lorenzi vuole conoscere la verità: “Glielo devo – ha concluso -. Vorrei anche incontrare i famigliari di Paolo Demo e leggere il suo diario, per confrontarlo con quel diario del dolore che ho vissuto insieme a Giovanni”.

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