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Covid 19

Villani (Cts): “Scuola luogo sicuro, i dati delle prossime settimane ci diranno se richiudere”

Alberto Villani, presidente della Sip, la Società Italiana di Pediatria, e membro del Comitato tecnico scientifico, ha commentato a Fanpage.it la questione della riapertura delle scuole dopo le vacanze di Natale: “La scuola è un luogo sicuro, questo è un fatto dimostrato scientificamente. Ciò che fa la differenza sono ancora una volta i comportamenti individuali delle persone. La pandemia di Coronavirus deve essere una occasione per ripensare al sistema scolastico nel nostro Paese. Ad esempio, non avremmo dubbi sulla efficacia dei vaccini se facessimo educazione sanitaria adeguata dalla materna ai licei”.
A cura di Ida Artiaco
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"La scuola è un luogo sicuro, questo è un fatto dimostrato scientificamente. Ovviamente, sulla base della situazione epidemiologica che verrà analizzata nelle prossime settimane, decideremo se prendere ulteriori provvedimenti". Così Alberto Villani, presidente della Sip, la Società Italiana di Pediatria e direttore del dipartimento Emergenza, accettazione e pediatria generale dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, oltre che membro del Comitato tecnico scientifico istituito dal Ministero in relazione all’emergenza Covid, ha commentato a Fanpage.it la decisione del governo, presa nelle ultime, di rinviare il ritorno a scuola da giovedì 7 a lunedì 11 gennaio degli studenti delle superiori e con didattica in presenza solo al 50%, mentre alcune Regioni, come Veneto e Friuli, hanno già fatto sapere che il rientro in classe non avverrà prima della fine del mese.

Dott. Villani, cosa ne pensa del rinvio deciso in queste ore dal governo rispetto alla riapertura delle scuole?

Come Sip e Ospedale Bambino Gesù – ha spiegato Villani -, siamo riusciti a dimostrare scientificamente che la scuola italiana è sicura. Questo è un dato chiaro e documentato. E provvedimenti sono già stati presi anche per quel che riguarda ciò che ruota intorno alla scuola, penso ad esempio alla delega ai prefetti per i tavoli locali rispetto al settore trasporti. L'approccio alla questione è corretto. Ciò che fa la differenza sono ancora una volta i comportamenti individuali delle persone: chi non rispetta le regole è responsabile della trasmissione del contagio e di conseguenza anche della chiusura delle scuole, che invece possono e devono riaprire.

Negli ultimi giorni molti esperti hanno chiesto che si aspetti almeno la metà del mese per prendere una decisione sul ritorno alla didattica in presenza per evitare un nuovo aumento dei contagi. È d'accordo?

È chiaro che per vedere l'impatto delle feste di Natale sulla trasmissione del contagio di Coronavirus bisogna aspettare almeno due settimane, che è il tempo di incubazione del virus stesso. Ormai siamo abituati a queste tempistiche, così come sappiamo che per osservare gli effetti dei contagi sulla curva dei decessi bisogna aspettare almeno 6 o 8 settimane. Quindi direi che è corretto aspettare per prendere ulteriori decisioni, anche nel caso di una eventuale richiusura. Sono decisioni che vanno prese attivamente e sulla base della reale situazione della curva epidemiologica. Non è una questione politica: ripeto, sono le persone che con i loro comportamenti scorretti o meno possono influenzare questi provvedimenti.

Se le misure già adottate, come ha detto, hanno funzionato, cosa altro può essere fatto per limitare la trasmissione del virus nell'ambiente scolastico?

La pandemia di Coronavirus deve essere una occasione, una opportunità che tutti noi dobbiamo sfruttare per ripensare al sistema scolastico nel nostro Paese, sia per quanto riguarda l'edilizia scolastica che per la rioriganizzazione del rapporto tra docenti e studenti, ma anche la possibilità di introdurre come materia di studio l'educazione sanitaria, per rendere i nostri ragazzi cittadini più consapevoli. Credo che non avremmo dubbi sulla efficacia dei vaccini se facessimo educazione sanitaria adeguata dalla materna ai licei. Se, inoltre, avessimo avuto degli istituti con grandi spazi, sia all'interno che all'estero, di certo avremmo avuto meno problemi nell'organizzare il rientro in classe per evitare a trasmissione del contagio.

Proprio per quanto riguarda i vaccini, sappiamo che i bambini sono esclusi da questa prima fase di vaccinazione. Quanto è prioritario farlo per docenti e personale?

Prima di tutto, è bene ricordare che i bambini non rappresentano una categoria prioritaria del vaccino anti Covid dal momento che l'infezione risulta essere letale soprattutto negli adulti in età avanzata e con patologie. Dunque, sono questi ultimi che rappresentano il target da privilegiare nel rispetto della gerarchia individuata dal Ministero della Salute, che prevede anche che i primi vaccini siano somministrati al personale sanitario e delle Rsa. Di certo, anche gli insegnanti e il personale Ata dovranno vaccinarsi, ma al momento non c'è priorità massima, perché se in classe si rispettano davvero le regole previste, e cioè uso delle mascherine e dei disinfettanti e rispetto del distanziamento il rischio di contagio è praticamente quasi pari a zero. Ma penso sia assolutamente giusto inserire insegnanti e coloro che sono a contatto con i bambini tra le categorie che hanno diritto al vaccino anti-Covid prima degli altri.

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