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Varese, test antidoping su ciclisti di 12 anni. Polemiche sul Ministero della Salute

I controlli antidoping sono stati effettuati su ragazzini di 12 anni. Ma per la Federazione Ciclistica Italiana solo da 13 anni in su si può parlare di agonismo…
A cura di D. F.
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Controlli antidoping a sorpresa su giovanissimi atleti. E' accaduto alcuni giorni fa a Tradate, in provincia di Varese, dove al termine di una gara ciclistica il Ministero della Salute ha inviato un medico sportivo per effettuare test antidoping su ragazzini tra i 7 e i 12 anni che avevano appena disputato della corse in bicicletta. Naturalmente l'arrivo di un medico intenzionato a verificare che i bimbi non avessero assunto sostanze che ne avrebbero potuto migliorare le prestazioni ha fatto discutere molto. Carlo Guardascione, presidente dell'Associazione medico sportiva varesina ma soprattutto medico del team professionistico Lampre Merida, si è detto interdetto: "Una cosa mai vista in 30 anni di ciclismo. Secondo il regolamento della Federazione ciclistica italiana si inizia a parlare di agonismo dai 13 anni in su, che corrispondono alla categoria Esordienti. Per loro i controlli sono previsti, ma evidentemente la Commissione di vigilanza sul doping permette analisi anche sui più piccoli. Questo test lo hanno richiesto loro: di certo non è una misura illegale; altrettanto, però, non è una cosa a cui siamo abituati. E non riesco a comprendere la ragione di una simile decisione".

Il medico, con una carriera di lungo corso anche al fianco di campioni delle due ruote, ha aggiunto: "Non c'era nemmeno un locale adibito per controlli di questo tipo. Nelle categorie superiori è sempre allestito un presidio antidoping, anche quando si decide di non effettuare i controlli". E' stato quindi necessario improvvisare: "A Tradate – conclude Guardascione – ci siamo arrangiati con una tenda della Protezione civile, che ha evitato la necessità di ricorrere a un bar o a una casa privata".

Quel che appare certo è che l'invio di un ispettore antidoping in una gara di bambini appare come un pregiudizio verso uno sport che più di molti altri si è battuto contro il doping.

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