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Umbria, solo sei ospedali danno la pillola abortiva e niente day hospital: l’incubo di Marta

Continua in Umbria la protesta contro la giunta della Presidente Tesei, che ha completamente ignorato l’aggiornamento alla Legge 194 fatto due mesi fa dal Ministero della Salute. Questo prevede la somministrazione della Ru486 fino alla nona settimana di gestazione in regime di day hospital, in qualunque ambulatorio pubblico attrezzato o nei consultori. “Inoltre, in Umbria solo sei piccole strutture sanitarie praticano l’aborto farmacologico. Nei grandi ospedali viene fatta solo l’Ivg chrurgica, molto più dolorosa e invasiva. Molte donne vanno ad abortire in Toscana”, spiega a Fanpage.it Marina Toschi, ginecologa.
A cura di Daniela Brucalossi
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“La situazione aborto in Umbria e in molte altre regioni d’Italia non ha fatto nessun progresso nell'ultimo decennio. Siamo stanche di vivere in un paese dove questo tema non viene affrontato dalla Sanità Pubblica in maniera laica”, dice a Fanpage.it Marina Toschi, ginecologa umbra e membro dell’associazione European Society of Contraception and Reproductive Health. Toschi, una vita spesa a lottare per i diritti riproduttivi delle donne, il 28 settembre scorso, in occasione della Giornata mondiale dell'aborto sicuro, era presente al flash mob organizzato da Ru2020 (Rete Umbra per l'Autodeterminazione) davanti al Dipartimento di Medicina dell'Università di Perugia, a poca distanza dall'ospedale Santa Maria di Misericordia. Decine di donne si sono riunite per protestare contro la giunta della Presidente leghista dell’Umbria Donatella Tesei, che lo scorso 10 giugno ha reintrodotto il ricovero ospedaliero di tre giorni per praticare l’aborto farmacologico (ovvero tramite l'assunzione della pillola abortiva Ru486) e ha completamente ignorato l'aggiornamento delle linee di indirizzo nazionali pubblicato lo scorso 8 agosto dal Ministero della Salute.

“Questo aggiornamento prevede la somministrazione della Ru486 fino alla nona settimana di gestazione in regime di day hospital e in qualunque ambulatorio pubblico attrezzato o nei consultori. Ha avuto il parere positivo del Consiglio Superiore di Sanità: queste condizioni non rappresentano un pericolo per la salute della donna. Sono passati due mesi, ma l'Asl umbra non ha ancora ricevuto direttive dalla Regione per cambiare l'organizzazione delle Ivg”, spiega Toschi. “Le vecchie linee di indirizzo non venivano modificate dal 2010 e consigliavano un’ospedalizzazione di tre giorni e permettevano l’assunzione della Ru486 solo fino alla settima settimana di gestazione. Lasciavano però libertà di scelta alle Regioni sul ricovero: quindi negli ultimi anni alcune regioni italiane si sono discostate dalle linee nazionale e hanno introdotto il day hospital. L’Umbria l'ha permesso solo nel 2018. E ora con la deliberazione che la Presidente Tesei ha emanato lo scorso 10 giugno siamo ritornati indietro di dieci anni".

“Come sostiene anche la comunità scientifica, dopo l’Ivg farmacologica la donna non ha nessuna necessità di rimanere in ospedale per tre giorni. Deve sopportare certamente nausee e dolori ma nulla che possa essere curato in ospedale, dove al massimo ti somministrano un antidolorifico. A livello psicologico, però, è molto doloroso essere da sola in una stanza di ospedale e non a casa propria, vicino ai familiari. Fortunatamente, nonostante l’attuale disposizione umbra, le donne hanno il diritto di firmare e andarsene dall’ospedale dopo 24 ore”.

“Ma il problema alla base di tutto è ancora più grave: nessuno dei principali ospedali umbri esegue Ivg farmacologiche, ma solo cinque aborti chirurgici alla settimana, molto più dolorosi e invasivi. Gli unici a praticare l’aborto medico sono sei ospedali più piccoli: Orvieto, Narni, Foligno, Spoleto, Città di Castello e Umbertide. Negli ospedali d'insegnamento della nostra regione, ovvero Perugia e Terni, ai neo medici non viene neanche insegnato come si svolge e si controlla l'Ivg farmacologica. Dato il ristrettissimo numero di strutture sanitarie umbre che offrono questo servizio, sono costretta a mandare moltissime donne ad abortire in Toscana. Non parliamo poi degli ulteriori impedimenti che ci sono stati nel periodo del lockdown. In un periodo dove gli ospedali erano stracolmi e pericolosi a livello infettivo, molti paesi europei hanno giustamente facilitato l’Ivg farmacologica in day hospital, nei consultori e seguita dal medico di base. La giunta attuale ha fatto il contrario”.

Il racconto di Marta: il dolore di un aborto in solitudine

“Quando ho scoperto di essere incinta e ho deciso che avrei abortito non è stato facile”. A raccontarlo a Fanpage.it è Marta (nome di fantasia), 19 anni, residente a Perugia. La ragazza, infatti, è stata costretta a rivolgersi a più strutture ospedaliere prima di potersi sottoporre all’Ivg. “Ho parlato al telefono con le operatrici di un consultorio, che mi hanno consigliato di andare al Poliambulatorio Ponte San Giovanni per le analisi e l’ecografia. Ma in quell’ospedale mi hanno detto che non era possibile e sono stata mandata ad Assisi. Lì ho fatto l’ecografia e ho scoperto di essere incinta di sei settimane: mi rimanevano solo sette giorni per l’aborto farmacologico, evitando quello chirurgico. Anche all’ospedale di Assisi però mi hanno comunicato che non era possibile eseguirlo da loro e mi hanno mandato a quello di Umbertide, dove, dopo due giorni, sono stata ricoverata d’urgenza. Mi hanno caldamente consigliato di rimanere per 72 ore ma, se avessi voluto, avrei potuto firmare e andarmene dopo 48. Quando mi hanno somministrato la pillola abortiva Ru486 ho avuto qualche fitta ma niente perdite. Poi però è stato il momento della seconda pillola, quella di Cytotec, che induce le contrazioni. Allora sono stata malissimo: ho avuto vomito, dolori e molte perdite. Mi hanno dato solo un antidolorifico. Dopo 48 ore ho firmato per andarmene dall’ospedale: non ce la facevo più a stare da sola in quella stanza. Avevo bisogno di andare a casa mia.
Avrei dovuto fare un’ecografia di controllo entro 15 giorni dall’aborto. Ma al consultorio non le eseguivano, l’ospedale di Umbertide era chiuso e altre strutture avevano degli appuntamenti disponibili solo a distanza di un mese. A quel punto, sono andata d’urgenza dalla mia ginecologa".

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