Ubriaco, drogato e senza patente: condannato a 7 anni per l’incidente in cui morirono la compagna e tre bimbi

È stato condannato a sette anni e quattro mesi di reclusione Orjol Lame, l’uomo che nella notte del 30 ottobre 2022 era alla guida della Fiat Stilo che si schiantò contro una casa abbandonata a Gaida, alle porte di Reggio Emilia. Il tragico incidente costò la vita a quattro persone: la compagna di Lame, Shane Hyseni, 22 anni, il loro figlio Mattias, appena 18 mesi, e i fratellini della giovane madre, di 9 e 11 anni. Lame, 34 anni, di origine albanese, fu l’unico superstite dello schianto: rimase in coma per quasi due mesi.
Al termine del processo con rito abbreviato, il giudice per l’udienza preliminare Luca Ramponi ha emesso una condanna più severa rispetto a quella richiesta dal pm Stefano Rivabella Francia, che aveva proposto una pena di sei anni e otto mesi. L’uomo è stato riconosciuto colpevole di omicidio stradale plurimo aggravato, con l’aggiunta di numerose circostanze aggravanti: secondo le indagini, al momento dell’incidente guidava in stato di ebbrezza, sotto l’effetto di droghe, senza patente e a bordo di un veicolo privo di assicurazione.
Secondo la ricostruzione dei fatti, Lame stava viaggiando a velocità sostenuta lungo la via Emilia quando perse il controllo del mezzo, che finì contro un rustico a bordo strada. L’impatto fu devastante: l’auto si accartocciò su sé stessa, e per quattro dei cinque occupanti non ci fu nulla da fare. Solo Lame sopravvisse, riportando gravi danni neurologici che, in un primo momento, lo resero incapace di partecipare coscientemente al processo, secondo la perizia disposta dal tribunale.
La sentenza ha stabilito anche un risarcimento provvisionale di 600.000 euro complessivi, da versare ai genitori di Shane, Ardian e Anjeza Hyseni, costituitisi parte civile e assistiti dagli avvocati Nicola Termanini e dallo studio A-Valore.
Dopo le dimissioni dalla struttura sanitaria in cui era stato ricoverato, Lame ha fatto ritorno in Albania. Una nuova perizia ha infine stabilito la sua idoneità a sostenere il processo, portato a termine il 19 maggio scorso. Con questa sentenza si chiude, almeno per ora, un spiacevole capitolo giudiziario segnato da lutti, responsabilità e un dolore insanabile.