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Torture nel carcere di Foggia, detenuto con problemi psichici pestato dagli agenti davanti all’ispettrice

I due detenuti picchiati nel carcere di Foggia lo scorso agosto, secondo quanto emerso dalle indagini, avevano chiesto più volte aiuto durante le violenze. In particolare, una vittima con problemi psichici aveva chiesto all’ispettrice di intervenire, ma la donna, indagata insieme ad altri 9 agenti, sarebbe invece rimasta a guardare senza fermare l’aggressione.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Sarebbero stati picchiati da più persone e a più riprese sotto gli occhi impassibili di un'ispettrice di Polizia che, pur avendo il dovere di impedire il pestaggio, non sarebbe intervenuta nonostante le richieste di aiuto. Per l'aggressione ai danni di due detenuti nel carcere di Foggia sono attualmente indagati 10 agenti della polizia penitenziaria sottoposti ai domiciliari e interdetti dall'esercizio della professione all'interno delle strutture carcerarie per dodici mesi.

Secondo quanto emerso dal faldone delle indagini, almeno 5 agenti avrebbero aggredito un detenuto con problemi psichici all'interno della sua cella, approfittando del proprio ruolo, della superiorità numerica e dello spazio ristretto. Stando a quanto reso noto, in almeno 5 sarebbero entrati nella cella della vittima con problemi psichiatrici, costringendola in un angolo della stanza per poi "picchiarla con crudeltà  e a più riprese". Gli agenti si sarebbero inoltre mostrati sordi alle richieste di aiuto del detenuto che nel frattempo si rivolgeva all'ispettrice che si trovava dall'altra parte della cella, chiedendole disperatamente di interrompere le violenze. 

L'ispettrice però sarebbe rimasta impassibile a guardare il tutto nonostante avesse il dovere di intervenire per fermare l'aggressione. Il pestaggio è in seguito costato al detenuto lesioni al capo, a un occhio e al torace, oltre che acute sofferenze fisiche e psichiche dovute all'umiliazione. Stando a quanto ricostruito, l'aggressione avvenuta l'11 agosto del 2023 sarebbe andata avanti per diversi minuti, con l'alternarsi dei 10 agenti all'interno della cella delle violenze.

L'aggressione al compagno di cella nella stanza del centralino

Nello stesso frangente, un compagno di cella della prima vittima era stato allontanato dal luogo dell'aggressione e rinchiuso nella stanza del centralino, dove era stato picchiato a più riprese. Secondo le indagini, gli agenti coinvolti gli avrebbero danneggiato gli occhiali, rendendoli inservibili. Ai poliziotti è stata inoltre contestata l'illecita limitazione della libertà di movimento del secondo detenuto all'interno della struttura carceraria con l'imposizione di rimanere nella stanza del centralino nella quale era stato spinto con la forza.

Il tutto, secondo le indagini, per impedire che testimoni esterni alle forze di polizia assistessero alle violenze e impedissero il pestaggio. A riprova di quanto sostenuto nel faldone dei magistrati di Foggia, vi sarebbe la condotta perpetrata nei confronti di un terzo detenuto che al momento delle violenze si trovava nei corridoi della struttura carceraria. L'uomo sarebbe stato prima trattenuto da almeno due agenti e poi costretto ad allontanarsi e tornare nella propria cella.

Le false dichiarazioni sul pestaggio

L'episodio più grave si sarebbe però verificato quando, per impedire l'inizio di accertamenti interni alla struttura, un ispettore e un assistente capo coordinatore della polizia penitenziaria avrebbero costretto i due detenuti pestati ad asserire il falso con la firma di "dichiarazioni spontanee" lontane dalla realtà.

Il primo detenuto, mediante minacce da parte dei due agenti, avrebbe firmato una dichiarazione secondo la quale "non aveva assunto i suoi farmaci per diversi giorni" e che la mancata somministrazione delle medicine lo aveva reso "particolarmente nervoso", provocando uno "scatto d'ira" contro i poliziotti che sarebbero "intervenuti solo per calmarlo". Il tutto, ovviamente, sostenuto da falsi reperti di infermeria che avrebbero minimizzato le lesioni riportate sul capo, all'occhio e al torace. 

Il detenuto sarebbe stato costretto a firmare la dichiarazione con la minaccia di essere spostato in un altro carcere. In caso di mancata firma, stando a quanto si legge, gli agenti avevano paventato l'ipotesi di una ritorsione con la falsa attestazione di una condotta aggressiva nei confronti dell'ispettrice che invece era rimasta ad osservare l'aggressione senza intervenire.

Allo stesso modo il secondo detenuto spintonato all'interno della stanza del centralino era stato costretto a "testimoniare", confermando la versione degli agenti. Sotto minaccia, avrebbe firmato una dichiarazione spontanea nella quale sosteneva che il compagno di cella "aveva aggredito i poliziotti" e che l'uomo "era solito girare con alcune lamette tra i denti". In ultimo, nella stessa dichiarazione era stato obbligato ad asserire che lui stesso aveva chiesto di essere trasferito in un'altra stanza perché "stanco dei comportamenti del compagno di cella".

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