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Torino, la casa dei padri separati: “Di colpo senza niente, e con il Covid difficile vedere i figli”

A Torino esiste un luogo come pochi in Italia, dedicato ai padri separati che finiscono in povertà dopo aver lasciato la famiglia. Un rapporto che non funziona più, la separazione con la compagna di una vita, i figli da mantenere: a un certo punto lo stipendio non basta. Molti di loro finiscono a vivere in macchina, per strada o nei dormitori quando non hanno qualcuno da cui andare. Comincia così un calvario umiliante per un padre lavoratore che già è in una situazione di sofferenza per la fine di un rapporto. Una associazione torinese offre a questo tipo di padri separati l’opportunità di vivere in una casa condivisa con altri come loro.
A cura di Gianluca Orrù
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Fabrizio ha 49 anni, Roberto ne ha 54, ma ce ne sono molti altri come loro che hanno affrontato e stanno affrontando un percorso difficile, quello della separazione dalla famiglia e delle conseguenze psicologiche ed economiche che comporta.

Fabrizio è di Varese. Lì, con la compagna e i 5 figli, ha una pizzeria, delle case, degli investimenti. Con la separazione perde tutto e per la vergogna prende un treno e viene a Torino, il 3 novembre 2018. Non sa dove andare, non sa cosa fare, è disperato. Ad aiutarlo un dormitorio, nel quale si sistema in attesa di capire cosa fare della sua vita. A Varese restano i suoi figli che ama molto e davanti a sè ha una vita nuova che a tratti lo spaventa.

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Resta in quel dormitorio per un anno, fino a quando non incontra Luigi della Casa dei Padri Separati che gli offre un posto in un appartamento, 200 euro al mese di contributo da pagare quando potrà farlo e finalmente un luogo da frequentare anche di giorno. I dormitori sono aperti solo la sera e chiudono la mattina entro le 8 e lui si è dato da fare facendo la spesa, preparando da mangiare, pensando sempre che la sua vita avrebbe avuto una svolta, che ancora una volta come molte altre ce l'avrebbe fatta a riprendersi.

Adesso sta lavorando al mercato, la pandemia non ha fermato l'attività ma ha rallentato le visite ai suoi figli: "Non so se posso andare a trovarli, ma mi sto documentando su internet con un avvocato che dice che nessuno ha il diritto di impedire a un genitore di vedere i propri figli, anche se siamo in Zona Rossa"

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Roberto invece è siciliano, ha quattro figli e rapporto con sua moglie si deteriora qualche anno fa. Non c'è più amore, ma solo tensione in casa. Così prende la valigia e senza riflettere se ne va, con soli 30 euro in tasca. Lo stipendio da operaio alla fonderia sarebbe arrivato di lì a una ventina di giorni e così, nel frattempo, senza dire nulla ai fratelli e agli anziani genitori, per la vergogna e l'orgoglio di non farsi aiutare da nessuno, vive in macchina per 12 giorni, dormendo nel parcheggio di una stazione di servizio sulla A4 Torino Milano. Poi anche a lui Luigi offre un posto nella casa in cui rimane oltre un anno prima di rimettersi in sesto: con 400 euro al mese di mantenimento per i figli, uno stipendio solo che non basta per affittare un appartamento decente.

Mi confessa che è stato l'amore a salvarlo. Qualche mese fa incontra un'altra donna e con lei va a convivere, cominciando una nuova vita.

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E' questo lo scopo della Casa dei Padri Separati, una iniziativa dell'associazione guidata da Luigi Ronzulli, che nella vita fa l'infermiere al Regina Margherita e quando non lavora si occupa degli altri con questo e altri progetti, sempre alla ricerca di persone che hanno bisogno di aiuto durante una fase difficile della loro vita.

"In un momento come questo – mi racconta Luigi – questi uomini hanno bisogno di un posto in cui stare, di un luogo che consenta loro di confrontarsi con gli altri che hanno storie simili e di dare loro la forza per ricominciare. Non ci sono molti luoghi come questo in Italia e questa è l'unica casa per padri separati di Torino. Si tratta di un luogo che accoglie chi già lavora, non ha dipendenze, non è una persona violenta e che è un padre che ama i propri figli, curandosi di loro e versando ciò che deve versare alla famiglia. Non ci sono programmi di assistenza dello stato per questo genere di casi e quindi interveniamo noi con questo progetto sostenuto dalla Città di Torino e dagli stessi abitanti della casa, che contribuiscono con un pezzo del loro stipendio al mantenimento del progetto".

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