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“Se muori, non avrò più dispiaceri”, e la ex si uccide: perché per i giudici non c’è reato

Si è concluso a Torino con un’assoluzione il processo a un 40enne bengalese accusato di avere istigato al suicidio una sua connazionale di 17 anni. I due avevano litigato via sms e poi lei si era lanciata dal balcone.
A cura di Susanna Picone
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La Corte d'assise a Torino ha assolto oggi un bengalese di quaranta anni che era a processo con l'accusa di istigazione al suicidio. L’uomo è stato assolto perché secondo i giudici “il fatto non costituisce reato”. Era finito alla sbarra dopo il suicidio, nel 2016, di una ragazza di diciassette anni con cui lui aveva avuto una relazione sentimentale. Secondo l’accusa l’adolescente – una studentessa, come l’imputato originaria del Bangladesh, che si chiamava Shornaly Hossain – avrebbe deciso di togliersi la vita proprio dopo una discussione via sms con l’uomo. In particolare c’è un messaggio che l’uomo aveva mandato alla ragazza: “Se oggi muori, non avrò più dispiaceri”, le scrisse. Poco dopo la giovane si tolse la vita lanciandosi dal balcone al quinto piano dalla casa in via Porporati a Torino in cui viveva con la sua famiglia. Per l’imputato, la procura aveva chiesto una condanna a sette anni di carcere.

"Il giudizio morale non può entrare in un'aula" – Da quanto emerso, i due bengalesi avevano una relazione da quando la ragazzina aveva quindici anni ma l’uomo apparentemente aveva deciso di troncarla. “È una sentenza di giustizia – il commento dell’avvocato difensore dell'imputato, Emanuela Tropini – perché il giudizio morale, qualunque sia, non può entrare in un'aula di Corte d'Assise”. Secondo l’avvocato, non si può insomma condannare qualcuno solo sulla base di alcuni messaggi. “Leggeremo le motivazioni e valuteremo se fare appello – ha commentato invece il pm dopo la lettura della sentenza – di certo la differenza di età tra i due è un elemento importante, come la stessa provenienza etnica e religiosa”.

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