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“Qua nessuno si pente, come a Corleone”, colpo al clan Farinella: 11 arresti a Palermo

I vertici del clan si vantavano delle loro imprese e del loro potere incontrastato nel mandamento San Mauro Castelverde ma grazie all’attività di indagine e alla fondamentale collaborazione degli imprenditori vessati sono finiti di nuovo in manette. L’inchiesta ha fatto emergere estorsioni a tappeto e controllo capillare delle attività economiche nella zona di influenza ma anche la gestione diretta di attività di impresa attraverso prestanome.
A cura di Antonio Palma
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“Noi siamo i numeri uno. Qua nessuno si pente compà, San Mauro numero uno, perché mi voglio vantare, San Mauro è Corleone”, così in una conversazione telefonica intercettata dai carabinieri gli uomini dello storico clan Farinella di Palermo si vantavano delle loro imprese e del loro potere incontrastato nel mandamento San Mauro Castelverde. Un potere che andava avanti da decenni nonostante gli arresti eccellenti degli anni scorsi e le condanne per i vertici del gruppo criminale mafioso. Come accertato ora da una nuova indagine dei carabinieri, il capomafia infatti ha continuato a comandare anche dal carcere e una volta tornato libero, all'inizio di quest'anno, ha ripreso le redini del mandamento. Da quella inchiesta è scattato il blitz odierno dei militari dell’arma che ha portato al fermo di 11 persone ritenute collegate al clan a vario titolo.

I provvedimenti di fermo per vecchi e nuovi capi e gregari nel mandamento sono stati eseguiti questa mattina dai Carabinieri del comando provinciale di Palermo su ordine della magistratura del capoluogo siciliano. Le persone fermate sono accusate a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, corruzione, atti persecutori, furto aggravato e danneggiamento; atti criminali compiuti non solo in Sicilia ma anche in Lombardia e Veneto.

L’indagine, denominata operazione Alastra e coordinata da un pool di magistrati con a capo il procuratore aggiunto Salvatore De Luca ha messo in luce decine e decine di attività criminali del gruppo mafioso tra cui estorsioni a tappeto e controllo capillare delle attività economiche nella zona di influenza ma anche la gestione diretta di attività di impresa che, fittiziamente intestate a soggetti incensurati, erano nei fatti amministrate dagli indagati. Nell’ambito della stessa operazione, infatti, sequestrati anche un centro scommesse e una sanitaria ritenute in mano al clan mafioso.

Le indagini in particolare hanno consentito di evidenziare il ruolo ricoperto da Giuseppe Farinella, figlio di Domenico Farinella, boss di cosa nostra all'epoca detenuto a Voghera in regime di alta sicurezza che però continuava a comandare dal carcere. Alle vittime era imposto di pagare il pizzo ma anche ad esempio di acquistare forniture di carne da una macelleria in mano ai clan. Il gruppo criminale aveva una efficientissima rete di comunicazione necessaria agli storici capi mafia detenuti per mantenere il comando ed esercitava il suo potere strozzando qualsiasi impresa ma anche attività sociali come raduni e feste di piazza. Ai pochi che osavano ribellarsi venivano distrutti negozi e stand. Grazie all'attività di indagine e alla fondamentale collaborazione degli imprenditori vessati però i vertici del clan son finiti di nuovo in manette.

Ecco l'elenco degli indagati nell'operazione Alastra dei carabinieri del comando provinciale. Gioacchino Spinnato detto "Iachino", nato a Tusa (Me) 68 anni, Giuseppe Farinella 27 anni, nato a Palermo; Domenico Farinella, detto Mico, 60 anni nato a San Mauro Castelverde residente a Voghera (PV); Giuseppe Scialabba, 35 anni, nato a Finale di Pollina; Francesco Rizzuto, 51 anni, nato a Palermo, Mario Venturella, 57 anni, nato a Palermo, Antonio Alberti, 46 anni, nato a Castel Lucio, Rosolino Anzalone, 56 anni, nato aPalermo, Vincenzo Cintura, 47 anni, nato a Palermo, Pietro Ippolito, 60 anni,nato a Campofelice di Roccella (Pa), Giuseppe Antonio Di Maggio, 63 anni, nato a Tusa.

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